Svimez: al Sud Confidi più piccoli, costosi e meno efficienti

Secondo il Rapporto sui Confidi del Mezzogiorno, è necessaria una riorganizzazione strutturale per il settore.

Piccoli, poveri e cari: questo il ritratto dei consorzi intermediari tra banche e imprese al Sud emerso dal “Rapporto SVIMEZ su relazioni banca-impresa e ruolo dei Confidi nel Mezzogiorno. Mercato, regole e prospettive di sviluppo”, presentato a Roma oggi (8 luglio 2013) alla Camera dei Deputati.
Condotto su dati Banca d’Italia, UniCredit, Fedart Fidi e Unioncamere, lo studio analizza negli anni 2006-2011 l’andamento economico e le prospettive di sviluppo dei Confidi, impegnati nel garantire finanziamenti a tasso agevolato alle aziende e garanzie alle banche che erogano il finanziamento.

I Confidi quindi assolvono a una duplice funzione: da un lato soddisfano le esigenze delle aziende di avere quantità, costo e durata del finanzia-mento a condizioni molto vantaggiose, e dall’altro, oltre a prestare ga-ranzie materiali agli istituti di credito, acquisiscono informazioni puntuali sull’azienda e i progetti di sviluppo collegati tramite screening e percorsi di conoscenza dell’impresa.

Lo studio si focalizza negli anni pre-crisi 2006-2007 su di un campione di 440 Confidi, di cui 270 al Centro-Nord e 170 al Sud, divisi tra piccoli (ga-ranzie inferiori a 3 milioni di euro), medi (da 3 a 20) e grandi (oltre 20). Il quadro che ne deriva è alquanto sconfortante: al Sud i Confidi sono re-lativamente più piccoli; su 100 Confidi, al Sud il 37% è piccolo, più del doppio del Centro-Nord (17,8), e solo il 16% può definirsi grande (contro il 42% dell’altra ripartizione).

A parità di grandezza, i Confidi del Centro-Nord erogano più garanzie, 27 milioni di euro in media contro 22 milioni.

Differenze anche sul fronte del risultato di gestione: se questo è simile tra le due ripartizioni per i Confidi grandi, (159mila euro del Centro-Nord contro 144mila del Sud) a soffrire di più sono i Confidi piccoli e medi. Un Confidi piccolo del Centro-Nord nel periodo in questione di-chiara un risultato reddituale di quasi 4mila euro, mentre il suo omologo meridionale lamenta una perdita di quasi 5500 euro. E ancora: un Confidi medio del Centro-Nord ricava oltre 66mila euro contro una perdita del suo omologo meridionale di 11mila euro.

Ovviamente, a cascata questa situazione si ripercuote in negativo sulle imprese del Mezzogiorno: se è vero, infatti, che i Confidi più sono gran-di, più hanno la capacità di offrire alle aziende servizi a prezzi più conte-nuti dei piccoli, lo è altrettanto il contrario e specie al Sud.

Per un’impresa rivolgersi a un Confidi meridionale vuol dire spendere quasi il doppio (5,5% contro il 3%) di quanto spende un’impresa che si rivolga a un Confidi operante nel Centro-Nord.
Anche i dati sui bilanci confermano questo trend al ribasso per i Confidi del Mezzogiorno: da un’analisi sui bilanci di 13 grandi Confidi meridiona-li, di cui 7 siciliani (Confeserfidi, Commerfidi, Confidi Fideo, Credimpresa, Unifidi imprese, Fidimpresa Confidi, Interconfidi med), 3 sardi (Confidi Sardegna, Consorzio Fidi Fin, Sardafidi), 2 abruzzesi (Confidi mutualcredito, Intecredit Confidi Imprese), 1 pugliese (Cofidi Puglia) relativa agli anni 2009-2011, le cui performances sono state confrontate con un Confidi maggiore particolarmente virtuoso a livello nazionale (Eurofidi, ossia il più grande Confidi italiano con sede legale in Piemonte e uno dei più rilevanti soggetti di garanzia fidi a livello mondiale), emerge che nel periodo in questione i Confidi sono cresciuti circa del 6%, a fronte del + 13% di Eurofidi. A livello di garanzie rilasciate, dal 2009 al 2011 i Confidi del Mezzogiorno sembrano crescere più del benchmark, essendo la media meridionale superiore a quella di Eurofidi (+11,2% contro +10%). L’ammontare delle garanzie rilasciate equivale in media a 4,6 volte il capitale investito, un terzo di Eurofidi (18,6). In crescita anche il numero delle imprese associate, +6,6%, per un valore medio nel 2011 di oltre 6mila unità, meno della metà di Eurofidi (+17%), attestandosi a quasi 48mila unità. In risalita anche il capitale sociale, +35% in media contro il 37% di Eurofidi, che arriva nel 2011 a 9,8 milioni di euro. Si deteriora nel periodo in questione il grado di copertura, in media dimezzandosi (da 108% a 44%).
Discorso a parte per il tasso di sofferenza, nel 2011 al Sud dieci volte più pesante rispetto ad Eurofidi (11,8% di media contro 1,6%). Quanto alla solidità patrimoniale, le garanzie erogate per ogni euro disponibile restano al Sud un quarto rispetto ad Eurofidi (6 contro 26). 

Una misura importante della gravità della crisi viene anche dal rileva-mento dei crediti per escussioni, cioè i crediti delle aziende insolventi che le banche hanno recuperato dai Confidi. Qui i Confidi meridionali e il benchmark seguono dinamiche parallele, per Eurofidi ancora più pesanti. Se infatti al Sud la media del 2011 del 5% è aumentata in due anni del 46%, in Eurofidi la media 2011 del 13% è risultato di un aumento del 388% rispetto ai due anni precedenti.

Altro segnale della crisi viene dall’analisi del margine d’intermediazione, che ha coperto i costi, nel 2011, solo per quattro Confidi su 13.

 

Le cure: cosa è necessario e urgente fare
Rinnovare, riorganizzare, efficientare: l’analisi condotta sugli statuti dei 13 Confidi maggiori e su un campione di 18 Confidi minori meridionali ha messo in luce la necessità di un rinnovamento, con l’obiettivo di essere maggiormente in linea con la nuova normativa in materia di chiarezza e trasparenza, e di migliorare l’efficienza gestionale. In particolare, secondo gli autori, meritano approfondimenti l’esigenza di esplicitare in modo più chiaro le regole di funzionamento e la composizione degli organi sociali, con attenzione ai requisiti di onorabilità, indipendenza e professionalità degli amministratori e agli esponenti aziendali. Sempre in un’ottica di maggiore trasparenza andrebbe precisato nei Cda e negli organi di controllo il peso e i poteri degli Enti sostenitori. Da segnalare anche l’esigenza di una maggiore partecipazione dei vari organi sociali allo svolgimento delle numerose attività e le possibilità di offrire servizi anche a terzi.
Inoltre, il maggior assorbimento di risorse per i Confidi meridionali è ascrivibile a una minor efficienza gestionale o a più avverse condizioni di contesto e non invece a una più intensa attività di erogazione delle garanzie. 

Al momento, quindi, si rileva che i Confidi meridionali non sembrano in grado di supportare efficacemente le piccole e medie imprese, che continuano a lamentare le difficoltà di accesso al credito. Serve quindi con urgenza una riorganizzazione del settore, che con l’aiuto anche di contributi pubblici agisca sul miglioramento strutturale dei Confidi e sulla loro efficienza gestionale”.