PNRR e nuovo Codice Appalti, in quale direzione si sta andando

Alcune anticipazioni di un disegno di legge volto a semplificare e restituire agli operatori del settore una riforma chiara ed efficiente 

 

Parlamento e Governo, per quanto di competenza, stanno perseguendo con grande impegno l’obiettivo di riordinare e semplificare le previsioni del D.Lgs. 50/2016 (Codice Contratti pubblici) per evitare l’avvio di procedure di infrazione da parte della Commissione europea e rispettare gli impegni presi con il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) dopo l’emergenza Covid.

Da più parti vi sono anticipazioni di un disegno di legge delega di iniziativa governativa, non ancora completamente definito, con una disciplina riformata in tema di appalti pubblici, orientata all’adeguamento e ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e delle Giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali, e all’armonizzazione delle varie fonti normative nazionali intervenute negli ultimi anni.

Il testo di disegno di legge delega, conosciuto dagli operatori ad aprile 2022, sembra apporti elementi di novità rispetto alla precedente versione di gennaio 2022, tra i quali possono principalmente menzionarsi i seguenti:

  1. a) introduzione della necessità della “definizione di modalità di monitoraggio dell’accorpamento e della riorganizzazione delle stazioni appaltanti”. Si tenterà di ridurre il numero degli Enti che possono svolgere gare attraverso una migliore organizzazione di risorse umane e/o economiche;
  2. b) nei contratti sotto soglia, la prospettiva è rifarsi a criteri di selezione oggettivi basati ad esempio su soglie specifiche di fatturato o referenze pregresse;
  3. c) revisione dei criteri ambientali minimi, con maggiore attenzione a questo aspetto così rilevante anche per il PNRR;
  4. d) obbligo di inserire nei bandi di gara modalità per arrivare alla revisione prezzi, solo in presenza di condizioni di natura oggettiva e non prevedibili, in coerenza con le recenti disposizioni già adottata al fine di fronteggiare l’incremento del costo delle materie prime;
  5. e) semplificazione della causa di esclusione, per rendere le regole di partecipazione chiare e certe, tramite l’individuazione e tipizzazione di fattispecie che hanno creato non pochi problemi interpretativi, come quelli che rigardano, ad esempio, le norme per definire l’illecito professionale;
  6. f) ridefinizione della disciplina delle varianti in corso d’opera in relazione alla possibilità di modifica dei contratti durante la fase dell’esecuzione;
  7. g) revisione del sistema delle garanzie fideiussiorie per la partecipazione e l’esecuzione dei contratti pubblici, attraverso la previsione di una disciplina uniforme sia per i settori ordinari, sia per quelli speciali.

Si tratta di indicazioni che seguono le ultime linee evolutive anche della giurisprudenza, che opera, come spesso accade in materie così specifiche, da battistrada per il Legislatore.

Va anche detto che, scopo precipuo della riforma, è la coerenza con le Direttive Comunitarie, come espressamente imposto dal Sistema europeo, che vede la disciplina degli Appalti Pubblici come materia fissata dal Legislatore Europeo cui conformarsi. Ecco perché si sta operando per evitare il c.d. gold plating (espressione certo efficace che significa placcatura in oro, per dire di come viene trasformata ed estesa la direttiva una volta recepita dagli Stati Nazionali) con disposizioni aggiuntive più estese, a volte meno gravose, a volte di più, ma sempre contrastanti con le direttive europee in tema di appalti pubblici. Per ora, in linea di principio, il divieto di gold plating è previsto in premessa nel disegno di legge di delega per la riscrittura del codice dei contratti pubblici per imporre la stretta aderenza alle direttive europee.

L’esperienza, purtroppo, insegna che nelle ultime tre riforme del Codice degli Appalti il testo finale licenziato dalle Camere non sempre è stato così rispettoso delle norme europee.

La Corte di Giustizia, per questo, non ha mancato di ammonire lo Stato Italiano, come ad esempio con l’ultima pronuncia della Corte di Giustizia Europea n. 642 del 28.4.2022.

E si badi che non si tratta solo di questioni formali, ma di confusione tra norme nazionali ed europee (che prevalgono nella applicazione pratica) e che finiscono per rendere più complessa e difficile la vita giornaliera degli operatori. Non è il caso di seguire gli interpreti più estremi, che vorrebbero un semplice rinvio alle norme europee in tema di appalto, perché le peculiarità nazionali hanno il loro peso, ma per far ciò si richiede una attenta e accurata comparazione di principi applicati e anche una precisa tecnica legislativa.

Ad esempio il testo provvisorio di DDL, di cui qui si tratta, prevede strumenti premiali per pari opportunità generazionali e di genere negli appalti pubblici, iniziativa, se si vuole anche lodevole, ma non prevista a livello europeo.