Obesità, globalizzazione e Street food/1° parte

La mondializzazione degli alimenti è dominata da tre cucine: fast food di tipo americano (macdonaldizzazione alimentare), cucina cinese e, infine, la sempre più diffusa cucina italiana o italiota. Seguiamone la genesi

 

 

L’obesità è malattia complessa; l’aumento della sua prevalenza rappresenta un problema di salute pubblica con gravi implicazioni sia per i sistemi sanitari, sia per i singoli individui. I servizi sanitari devono riuscire a migliorare la comprensione delle relazioni che intercorrono tra alimentazione, attività fisica e salute. Per fare ciò è necessario conoscere i rapporti tra globalizzazione, società e comportamenti alimentari.

Riteniamo opportuno aprire un focus su un argomento ritenuto erroneamente marginale: lo street food. Comunemente si dice che la globalizzazione o mondializzazione degli alimenti è dominata da tre cucine: fast food di tipo americano (macdonaldizzazione alimentare), cucina cinese e infine la sempre più diffusa cucina italiana o italiota che sta provocando una sorta di italianizzazione della cucina mondiale.

La cucina italiota non ha molti rapporti con la vera cucina italiana ma la ricorda nell’uso delle materie prime o nel nome delle preparazioni. Sono cibi che non richiedono cultura per essere preparati; ricordano i piatti da cui derivano più per il nome che per il sapore.

Fenomeno trasversale alle diverse culture è lo street food; la FAO nel 2017 stimava che ben 2,5 miliardi di persone al giorno si alimentano con lo street-food. Il cibo di strada (street food) è costituito da una vasta gamma di bevande e alimenti pronti per il consumo. Tali prodotti sono venduti, e talvolta anche preparati, in luoghi pubblici e spesso in occasioni particolari come mercatini o fiere, su un banchetto provvisorio, ma anche su furgoni o veicoli simili appositamente allestiti.

Nei centri storici di alcune città italiane si è diffusa una tipologia di piccoli locali specializzati nella preparazione e vendita di cibi da mangiare in strada. Rappresentano una parte significativa del consumo alimentare per milioni di cittadini nelle aree urbane iperaffollate. I cibi di strada possono essere il mezzo meno costoso e più accessibile per ottenere un pasto. Nei paesi in via di sviluppo, la preparazione e la vendita di cibo di strada fornisce una fonte regolare di reddito per milioni di uomini e donne.

Oggi le autorità locali, le organizzazioni internazionali e le associazioni dei consumatori sono sempre più consapevoli dell’importanza socioeconomica del cibo di strada ma anche dei rischi che ne derivano.

La preoccupazione maggiore è legata alla sicurezza alimentare, ma vengono segnalate anche altre preoccupazioni come problemi igienico-sanitari, congestione del traffico, occupazione abusiva di spazio pubblico o privato, problemi sociali (lavoro minorile, concorrenza sleale al commercio formale, ecc.). Il cibo di strada non è una moda contemporanea. Le tracce più antiche risalgono agli albori della nostra civiltà, circa diecimila anni fa. I greci già descrivevano l’usanza egizia, tradizione del porto di Alessandria poi adottata in tutta la Grecia, di friggere il pesce e di venderlo per strada.

Dalla Grecia il costume è passato al mondo romano, arricchendosi e trasformandosi in innumerevoli varianti.