Start Hub, dalla ricerca accademica al business

Buona la prima per il meeting organizzato dall’Ateneo di Salerno che ha avuto protagoniste le idee degli spin off, a riprova dell’elevato valore del motore scientifico del nostro territorio. Ne abbiamo parlato con Antonio Pietrosanto, Ordinario di Misure Elettroniche – Delegato del Rettore alla Didattica, Dipartimento di Ingegneria Industriale

 

È sempre più sentita l’esigenza di trasmettere il sapere dalla ricerca all’impresa, tanto che nel PNRR una delle due componenti della missione 4 è dedicata proprio al tema “Dalla ricerca all’impresa”. In questo solco è nata la prima edizione di Start Hub, il meeting che ha avuto protagoniste le idee degli spin off, presentate alle aziende ma anche ad altri potenziali investitori. Come era articolata questa iniziativa, chi ha coinvolto e quali risultati si poneva di raggiungere?

Start Hub è un progetto che nasce nel 2022 quando l’Ateneo di Salerno, considerata ormai conclusa l’esperienza pluriennale della Borsa della Ricerca, decide di definire un nuovo progetto di Terza Missione sul modello più attuale della “Open Innovation”. Nasce così Start Hub, luogo fisico e virtuale in cui far incontrare la domanda di innovazione delle aziende del territorio regionale, con l’offerta di nuovi prodotti, servizi e competenze degli Spin off accademici di UniSA. Start Hub definisce infatti due percorsi separati, uno di analisi della domanda e l’altro di costruzione dell’offerta, che convergono, attraverso una accurata operazione di “matching”, nel punto d’incontro finalizzato allo sviluppo di sinergie e/o collaborazioni tra azienda e spin off. Lo sviluppo di tali attività è stato affidato per l’esecuzione alla Fondazione Polo Terra e per il coordinamento all’Ufficio di Valorizzazione della Ricerca e Terza Missione dell’Università. Tutte le aziende che hanno mostrato interesse alla iniziativa (148) sono state intervistate per essere inserite in un “data base” dei bisogni. Parallelamente tutti gli spin off (22) sono stati prima analizzati per generare un portafoglio di competenze e prodotti da sottoporre alle aziende e successivamente coinvolti in una fase di “contaminazione e rafforzamento dell’idea di impresa”. Fino ad oggi si sono tenuti 34 incontri “one to one” tra aziende e spin off cointeressati e altri ancora sono in programma per le prossime settimane. L’Ateneo ha messo a bilancio i costi annuali di questa iniziativa con l’auspicio che attraverso il supporto dell’Assessorato Regionale alla Ricerca, Innovazione e Start Up diventi e si consolidi come una best practice di “accelerazione” degli spin off accademici.

Quali comparti hanno mostrato maggiore interesse per le idee nate in seno all’Ateneo?

Antonio Pietrosanto

Gli attuali spin off UniSA sono collocabili in tre ambiti d’interesse: “Transizione ecologica e Sostenibilità Ambientale”, “Innovazione nelle Scienze della Vita” e “Tecnologie Innovative per la Transizione Digitale”. Tutti e tre gli ambiti sono stati coinvolti negli incontri “one to one” con le aziende, con una leggera prevalenza di quello sulla Sostenibilità. Va sottolineato che lo spettro di prodotti e competenze esibito da UniSA attraverso i suoi spin off comprende solo quelle idee ritenute già mature per una valorizzazione economica attraverso la creazione di nuove imprese. Lo spettro si allarga ulteriormente se si considerano le svariate attività di ricerca applicata e di trasferimento tecnologico che tutti i Dipartimenti dell’Ateneo svolgono direttamente all’interno di partnership pubblico-private.

Professore ma in un Paese come il nostro quanto è diffusa la consapevolezza che la ricerca di base faccia bene all’impresa e cosa manca perché il trasferimento tecnologico dispieghi tutta la sua efficacia?

Negli ultimi quindici anni varie crisi economiche hanno compromesso le capacità di investimento pubblico di tutti i paesi europei, imponendo scelte dolorose. Non le so dire se in tali frangenti sia stato giusto o meno sacrificare la ricerca a vantaggio del welfare o del reddito pro capite. Le posso solo dire che, contrariamente a quanto fatto in Italia, in altri paesi Europei l’aumento degli investimenti pubblici in ricerca di base è stato individuato come uno dei principali strumenti di contrasto alla crisi. Non si è commesso l’errore di attribuire ad una ricerca un valore proporzionale alla applicabilità immediata dei risultati ad un settore o ad un problema specifico perché consapevoli del fatto che la gran parte dei risultati delle attività di ricerca di base offre questa opportunità dopo anni e in modo imprevedibile. Dobbiamo raggiungere anche noi la consapevolezza che la ricerca di nuove soluzioni a problemi specifici, senza il motore propulsivo della ricerca di base, sia destinata a diventare un’impresa sempre più ardua. La capacità stessa di trasferire tecnologie alle aziende viene mortificata da tale impostazione, rendendo inefficaci le pur lodevoli iniziative pubbliche e private finalizzate al trasferimento. Pertanto, la mia risposta alla sua domanda è una: le azioni dirette al trasferimento tecnologico saranno tanto più efficaci quanto più si avrà il coraggio di investire nella ricerca di base.

La ricerca di base è capace di creare anche nuove competenze? Quali settori produttivi ad oggi se ne avvantaggiano maggiormente?

Tutta la ricerca pubblica, di base o applicata, alimenta con i suoi risultati la formazione del capitale umano, attraverso un continuo aggiornamento dei programmi degli insegnamenti. Senza l’attività di ricerca nella quale è quotidianamente impegnato il personale docente e ricercatore degli Atenei, non nascerebbero quegli spunti di innovazione che si rivolgono successivamente alla didattica. Contrariamente al ritardo necessario e inevitabile del trasferimento dei risultati della ricerca ad applicazioni pratiche e al mercato, la trasformazione di tali risultati in nuova conoscenza è immediata. La conoscenza si diffonde, si condivide in un lampo, generando competenze che le menti preparate e voraci dei nostri studenti sono pronte a maturare. Concludo sottolineando che l’impatto di un Ateneo sul territorio di riferimento è generato pertanto in modo diretto e indiretto da tutte e tre le missioni istituzionali: didattica, ricerca e valorizzazione della ricerca. Un Ateneo virtuoso deve investire con sistematicità e impegno su tutte e tre le sue missioni per ottenere che il territorio cui appartiene cresca ed evolva continuamente.