ECONOMIA, I FRENI ALLA RIPRESA

Investimenti, commesse ed export non bastano da soli a dare certezze alle imprese. A pesare come ipoteche sul futuro sono oggi diversi fattori critici, tra cui svettano la penuria e l’elevato costo di alcuni materiali, in particolare materie prime e semiconduttori

Finalmente tornano positive le prospettive di ripresa per il nostro Paese. Dopo lunghi mesi di sofferenze, cali e tensioni, il pil italiano – come certifica anche l’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – torna a crescere del 5,9% nel 2021, con proiezioni del 4,1% nel 2022. Sembra, dunque, ormai a un passo l’obiettivo del +6% su cui il governo Draghi ha scommesso per i prossimi due anni e che, solo qualche settimana fa, era poco più di una chimera. A questa ripartenza ha senz’altro contribuito la diffusione del vaccino anti-covid, incidendo in positivo sul clima di fiducia delle famiglie e sugli incrementi dei livelli di spesa per i consumi. Buone anche le performance del nostro manifatturiero che si conferma il secondo d’Europa, nonostante alcuni effetti collegati alla pandemia perdurino ancora.

La ripresa di investimenti, commesse e dell’export, infatti, non basta da sola a dare certezze alle imprese. A pesare come ipoteche sul futuro sono oggi alcuni fattori critici, tra cui svettano la penuria e l’elevato costo di alcuni materiali, in particolare materie prime e semiconduttori e l’enorme incremento dei costi energetici. Gas e petrolio sono a livelli record, ma anche acciaio, zinco, alluminio, legno, grano, carta, chip e plastica hanno visto il loro prezzo andare letteralmente alle stelle, con incrementi talvolta superiori anche al 100%, cui fa il paio la penuria di questi stessi materiali sui mercati di mezzo mondo. Ad acuire questo già complicato quadro si aggiungono poi l’impennata dei prezzi dei noli marittimi, la scarsità di container e le criticità delle catene di approvvigionamento.

Una situazione molto difficile che potrebbe mettere a rischio la ripresa in atto. Lo spettro dell’inflazione, con le sue nefaste conseguenze, potrebbe materializzarsi laddove questi livelli di costo dovessero durare per un lungo periodo. L’operatività stessa delle aziende potrebbe essere messa a rischio, come in molti casi sta già avvenendo, sia in Italia, sia in altri Paesi. Fondamentale sarà il ruolo dell’Europa e una sua maggiore coesione da un punto di vista non solo economico, ma anche politico, per far sentire il suo peso in scenari mondiali sempre più dominati dal dualismo USA – Cina e dal ruolo di aspiranti protagonisti come Russia e Turchia. Credo che all’attuale situazione di penuria di gas non sia estraneo un calcolo politico della Russia. L’abnorme crescita del costo di alcune materie prime è anche dovuta a una politica economica sempre più protezionistica della Cina. Quanto al costo, in alcuni casi astronomico, dei noli credo sarebbe opportuna un’attenta indagine dell’antitrust europeo. A livello interno, dobbiamo augurarci che continui l’opera del Governo Draghi che in questi primi otto mesi di attività, sta iniziando ad attuare quelle riforme necessarie non solo per rispettare il cronoprogramma collegato al PNRR ma per porre le basi per un futuro sviluppo del Paese non episodico e occasionale, ma stabile e continuo, condizione essenziale per garantire un rientro del debito che, non dimentichiamo, è cresciuto enormemente e che rappresenta un’ipoteca sul futuro.

Un’ultima considerazione sul mercato del lavoro e sulle difficoltà delle imprese a trovare lavoratori qualificati pur in presenza di un tasso di disoccupazione, soprattutto al Sud, molto elevato: è fondamentale investire in formazione e avere delle nuove e più funzionali politiche attive del lavoro che vedano il coinvolgimento anche delle agenzie di lavoro private.

Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro rappresenta un ulteriore freno al pieno dispiegamento delle potenzialità del nostro sistema manifatturiero e dei servizi: è urgente intraprendere una strada che porti in tempi rapidi ad una soluzione di questo annoso problema.