«Acciaio, un problema di politica industriale che investe tutto il Paese»

Per il presidente di Federmeccanica Alberto Dal Poz l’unica strada da seguire è puntare a una ripresa in termini di quantità, qualità e volumi del prodotto interno, anche per ovviare a problematiche di approvvigionamento, ponendosi come principale obiettivo una produzione futura incentrata su criteri di sostenibilità 

 

 

Presidente, il comparto metalmeccanico è uno dei più colpiti dall’aumento del prezzo delle materie prime. Con quali conseguenze?

Da fine 2020 il fenomeno dell’aumento dei prezzi ha cominciato a fare capolino fino ad assumere, oggi, i connotati di una vera e propria turbolenza che sta minando alla base la ripresa dell’intero settore. A preoccupare ancora di più è, poi, un’offerta di materia prima del tutto inadeguata rispetto alla domanda e, spesso, anche di scarsa qualità. Le nostre imprese lavorano con accordi di fornitura a lungo termine, con prezzi prefissati, per cui non c’è alcuna possibilità di ribaltare a valle i costi aumentati. Inevitabilmente, a volumi invariati, i margini per molte industrie del comparto saranno compromessi. Diversamente, molte imprese sceglieranno di contrarre la produzione. Per rendere un’idea della dimensione del fenomeno, basti pensare che le quotazioni del rame, centrale nel processo di transizione green, dopo il minimo raggiunto nel mese di aprile 2020, in un anno sono cresciute dell’84%, quelle del minerale di ferro del 112% e quelle dell’alluminio del 59%.

Questa difficile situazione, in cui si sommano tra loro tanti intralci concatenati, rischia pertanto di compromettere seriamente le performance di quelle filiere – su tutte l’aeronautica civile – che ancora soffrono per la carenza di volumi dovuta allo stop produttivo dello scorso anno. Per molte industrie questo potrebbe essere il colpo di grazia inaspettato.

Aumento dei prezzi delle materie prime, container introvabili, carenza e tempi di approvvigionamento più lunghi ci tengono in ostaggio, impedendoci al momento attendibili previsioni di fine pericolo. Nel frattempo che il mercato ritrovi l’equilibrio perduto, sarebbe utile tornare a rendere l’intero comparto centrale e sostenerlo in un contesto competitivo complicato, dominato da un rallentamento negli scambi internazionali che non fa ben sperare.

L’eventuale rinnovo delle misure di salvaguardia che impongono limitazioni all’importazione nel nostro Paese di prodotti siderurgici – in scadenza a giugno prossimo – che effetti avrebbe?

La scarsissima importazione dall’Est in questo particolare momento storico non ha fatto altro che appesantire la carenza di materie prime e accelerare le dinamiche di prezzo impazzite.

Le misure di salvaguardia sono stata l’arma sfoderata dall’UE per proteggersi da importazioni di acciaio di scarsa qualità dirottate in Europa perché il mercato statunitense con Trump aveva imposto dazi aggiuntivi per contrastare in particolare l’ascesa cinese.

A conti fatti oggi, più che favorirle, tali restrizioni stanno danneggiando l’economia europea e quella italiana. Pensi che i produttori di acciaio coreani, per la prima volta dopo anni, non stanno esportando i loro materiali verso l’Europa. Può immaginare le conseguenze di un tale arresto, se tiene conto che su questa importazione si era basata la dinamica il mercato di consumo di base del ferro negli ultimi decenni. Il primo fronte su cui agire è pertanto proprio quello europeo. È in sede comunitaria che è necessario si prenda coscienza che i dazi all’importazione non giovano al nostro Paese, specie se non riparte la produzione domestica dell’acciaio.

Come uscirne dunque? Quali le prospettive per le imprese del settore?

Puntando, come accennavo, a una ripresa in termini di quantità, qualità e volumi del nostro acciaio. Avere in casa propria stabilimenti come quello dell’ex ILVA è un vantaggio cui non possiamo abdicare come Paese.

Bene, quindi, anche l’ingresso dello Stato con Invitalia nella compagine societaria, mossa necessaria per traghettare lo stabilimento verso un nuovo equilibrio che rispetti totalmente le normali dinamiche di mercato. È l’unica strada da seguire, ponendosi come principale obiettivo una produzione futura incentrata su criteri di sostenibilità. Salute dei cittadini e salvaguardia dell’ambient