Il diritto al buono pasto in smart working

Nel rispetto dei CCNL e/o aziendali e accordi sindacali, è legittima la sospensione dell’erogazione del buono pasto al dipendente in modalità di lavoro agile, poiché non comporta una illegittima riduzione della retribuzione

 

Ad oggi, a seguito della pandemia, lo smart working è fortemente consigliato alle imprese private, mentre invece obbligatorio, con il d.m. del 19.10.2020, per la pubblica amministrazione che deve impegnare in tale modalità almeno il 50% (ancora fino al 30 dicembre) del personale impegnato in attività che possono essere svolte secondo tale modalità. Il ricorso a tale modalità di svolgimento dell’attività lavorativa ha sollevato e solleva non poche perplessità e, di conseguenza, conflittualità tra datore di lavoro e dipendenti sul diritto di questi ultimi a continuare a percepire l’erogazione dei buoni pasto. In questa situazione, una parte di datori di lavoro hanno continuato ad erogare i buoni pasto in regime smart working, altri, invece, ne hanno sospeso l’erogazione. Il buono pasto è considerato un beneficio accessorio, non obbligatorio, erogato, previo accordo sindacale, per quanti non hanno a disposizione una mensa aziendale. Nel caso in cui il lavoratore si trovi a svolgere la prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile, in quest’ultimo periodo storico, a causa del covid, prevalentemente a casa, non poche perplessità sorgono sul riconoscimento del buono pasto, considerato che il lavoratore non avrebbe necessità di utilizzarlo.

La legge che attualmente regolamenta lo svolgimento del lavoro agile, la n. 81/2017, stabilisce che il lavoratore che svolge la propria prestazione in modalità agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti del lavoratore che svolge la medesima attività sul luogo di lavoro.

Pertanto il trattamento economico non può essere variato. Il tema è stato affrontato di recente sia da tribunali ordinari che dalla Suprema Corte.

In particolare, l’ordinanza del Tribunale di Venezia nella causa nRg.1069/2020, pronunciandosi su una controversia avente ad oggetto condotta antisindacale, afferma il principio secondo il quale il lavoro agile risulta incompatibile con la fruizione del buono pasto.

In primis, nel caso affrontato dal Tribunale, il contratto collettivo di riferimento subordinava la fruizione del buono pasto solo a determinati requisiti di durata giornaliera della prestazione. Inoltre, sempre secondo l’ordinanza, per la maturazione del buono pasto, sostitutivo al servizio di mensa, è necessario che l’orario di lavoro sia organizzato con specifiche scadenze orarie e che il pranzo venga consumato al di fuori dell’orario di servizio. Tali presupposti vengono meno quando la prestazione di lavoro viene eseguita in modalità di lavoro agile, considerato che il lavoratore è libero di organizzare come meglio ritiene la prestazione sotto il profilo della collocazione temporale. Pertanto, i buoni pasto non rientrano sic et simpliciter nella nozione di trattamento economico e normativo che deve essere garantito in ogni caso al lavoratore in smart working ex art. 20 l. n. 81/2017.

Sul punto, l’ordinanza n. 16135/2020 della Corte di Cassazione afferma il principio secondo il quale il buono pasto rappresenta una agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto lavorativo da un nesso occasionale che non rientra nel trattamento retributivo, cosicché l’erogazione del buono pasto può essere variata anche per determinazione del datore di lavoro, trattandosi di un atto interno e non prodotto da un accordo sindacale. Secondo tale orientamento appare quindi, nel rispetto dei CCNL e/o aziendali ed accordi sindacali, legittima la sospensione dell’erogazione del buono pasto al dipendente in modalità di lavoro agile, non comportando una illegittima riduzione della retribuzione.

Non trova, pertanto, fondamento la tesi secondo la quale l’erogazione del buono pasto sia dovuta in funzione di un rapporto contrattuale sulla base di una reiterazione nel tempo tale da integrare una prassi aziendale.

In conclusione, a parere di chi scrive, per la erogazione del buono pasto in regime di smart working è necessario un accordo con le OO.SS. nazionale o aziendale oppure un contratto individuale, liberamente sottoscritto tra dipendente e azienda, che ne disciplini specificamente le modalità.