PRESCRIZIONE DEI CREDITI DI LAVORO: la Suprema Corte fa chiarezza

Il termine decorre dalla risoluzione del rapporto di lavoro, ossia a norma del combinato disposto degli articoli 2948, n. 4 e 2935 del Codice civile

 

La Cassazione con la sentenza n. 26246, pubblicata il 6.9.2022, si è espressa per la prima volta sul contrasto giurisprudenziale in tema di prescrizione dei crediti di lavoro e sul criterio di individuazione del dies a quo di decorrenza della medesima.

La Suprema Corte ha stabilito il principio di diritto secondo cui il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato dalla riforma Fornero e dal Jobs Act, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità. Sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento dell’entrata in vigore della legge n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Finora la prescrizione, per i dipendenti di aziende con più di 15 lavoratori, decorreva durante il rapporto di lavoro e pertanto era opportuno interromperla in costanza di rapporto, mentre per i dipendenti di aziende con meno di 15 dipendenti il dies a quo per interrompere la prescrizione decorreva dal momento del recesso. Sia il Tribunale che la Corte di Appello di Brescia avevano negato che ricorresse, nonostante la Fornero e il Jobs Act avessero fortemente limitato la reintegrazione nel posto di lavoro, una condizione psicologica di timore del lavoratore, tale da indurlo a non avanzare pretese retributive nel corso del rapporto. Ciò in quanto in caso di licenziamento per ritorsione o discriminatorio il lavoratore avrebbe mantenuto una tutela ripristinatoria piena.

La Suprema Corte ha affrontato il tema della permanenza o meno, a seguito della riforma Fornero e Jobs Act, della garanzia di quel regime di stabilità nel rapporto di lavoro dei dipendenti di imprese con oltre 15 lavoratori, in forza del quale l’art. 2948 n. 4 c.c., anche a seguito delle pronunce della Corte Costituzionale, consente il decorso della prescrizione in costanza di rapporto. Le modifiche all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori hanno comportato il passaggio da un’automatica applicazione ad ogni ipotesi di illegittimità del licenziamento della tutela reintegratoria e risarcitoria ad un’applicazione selettiva delle tutele e di scelta della sanzione applicabile.

Ciò non risulta mutato, anche a seguito delle pronunce della Corte Costituzionale, tra cui la n. 59/2021, che hanno sì esteso le ipotesi in cui può essere disposta la reintegrazione invece dell’indennità risarcitoria, ma non l’hanno resa quale forma ordinaria di tutela contro ogni forma illegittima di risoluzione. Infatti, la Suprema Corte ribadisce il principio in forza del quale la prescrizione debba decorrere, in corso di rapporto di lavoro, esclusivamente quando la reintegrazione appaia la sanzione contro ogni illegittima risoluzione nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro così come accade per i lavoratori pubblici e come era previsto dall’art. 18 prima della riforma Fornero. Solo su tali presupposti può delinearsi l’assenza di metus del lavoratore per la propria sorte lavorativa quando decida, nel corso del rapporto di lavoro, di reclamare un proprio credito.

Pertanto la Corte ha escluso che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato sia assistito da un regime di stabilità con la conseguenza che il termine di prescrizione ex art. 2948 n. 4 c.c. e 2935 c.c. debba decorrere dalla cessione del rapporto di lavoro per tutti i diritti che non risultino prescritti al momento dell’entrata in vigore della legge n. 92/2012.