Dalla S.r.l. semplificata alla S.r.l a capitale ridotto/II Parte

(…) Sorprende pertanto che per dare luce ad una “riforma” relativamente modesta – e con importanti precedenti nel panorama globale – si sia seguito un iter così tortuoso e incerto. La S.r.l. a capitale ridotto, come si è detto, è stata introdotta grazie ad un tardivo ripensamento rispetto al limite anagrafico (e gli effetti che questo produceva in termini di competitività del Paese): e, come tutte le “toppe” che si rispettino, la riuscita è peggiore del buco che si voleva coprire.

 

La sua disciplina, infatti, si sovrappone in parte a quella della S.r.l. semplificata: salvo discostarsene per alcuni aspetti senza apparente ragione. Meglio sarebbe stato, allora, se piuttosto che creare un ibrido ad hoc, si fosse intervenuti direttamente sulla disciplina della S.r.l. semplificata, appena introdotta, eliminando tout court i limiti di età (o, eventualmente, introducendo in quella medesima sede delle differenziazioni legate all’età): e invero questo era, almeno inizialmente, l’intendimento del governo.

Se poi le agevolazioni faciliteranno il proliferare incontrollato di microimprese sottocapitalizzate e – per ciò stesso – con accesso al credito pressoché precluso (in assenza di misure volte ad agevolarne l’accesso), gli effetti – a lungo andare e dopo un’iniziale euforia – non potranno che essere depressivi. I benefici derivanti dall’introduzione delle nuove fattispecie non si possono misurare, infatti, (soltanto) sul numero di società neo-costituite nel breve periodo, ma sul merito delle singole iniziative imprenditoriali e sulla loro capacità di sopravvivere alla avversa congiuntura. Si è posta una certa enfasi sul fatto che al 31 dicembre 2012 fossero state costituite oltre 4.000 nuove società, tra S.r.l. semplificate e a capitale ridotto, ma il dato – astrattamente preso – non significa nulla. Occorrerà piuttosto verificare, a distanza di qualche anno, quante di queste saranno sopravvissute ed in quali condizioni.

Se si guarda, poi, al dato più nel dettaglio, Salerno – dopo Roma, Napoli e Milano – risulta essere la città dove si è fatto maggior ricorso ai nuovi modelli societari: alla data del 10 aprile 2013 sono state costituite 232 S.r.l. semplificate (di cui 131 nel 2013) e 72 S.r.l. a capitale ridotto (di cui 50 nel 2013). Un numero significativo che contribuisce a fare della Campania – sulla carta – la regione italiana a più alta concentrazione di S.r.l. semplificate e a capitale ridotto (seguita, in questa speciale classifica, dalla Lombardia, dalla Sicilia e dalla Emilia Romagna). Quante di queste iniziative abbiano vera valenza imprenditoriale, però, lo stabilirà il mercato (ed il tempo).

 

La sottocapitalizzazione è, del resto, una caratteristica (cronica) delle PMI italiane. Inizialmente, a dire il vero, era stato previsto che le S.r.l. semplificate imputassero a riserva indisponibile, sino a che questa unitamente al capitale sociale avesse raggiunto l’ammontare di 10.000 euro, una quota pari al 25% degli utili netti risultanti dal bilancio approvato annualmente. La previsione – che ricalca quanto previsto in Germania per le Unternehmergesellschaft – è stata poi soppressa, con ciò eliminando questa seppur minima forma di capitalizzazione forzosa (che a medio termine è comunque indispensabile se si vuole avere le risorse per innovare e competere). Scelta senz’altro opinabile e miope, che rischia in definitiva di ritorcersi contro le stesse S.r.l. semplificate o a capitale ridotto: il capitale sociale costituisce infatti la prima, tangibile, garanzia per i fornitori/creditori sociali, i quali pertanto saranno disincentivati ad impegnarsi fintantoché la società non avrà comunque provveduto a capitalizzarsi adeguatamente.

Per concludere, se si guarda a quanto già fatto in altri Paesi in tema di semplificazione societaria, l’Italia pare relegata a giocare ancora il ruolo dell’inseguitrice (e non della lepre): né la situazione di stallo (politico) in cui versa il Paese lascia presagire una progressione significativa per i prossimi, critici, mesi. Nessuna sorpresa, quindi, se continuerà la fuga dei “cervelli”, specie nella fascia dei più giovani (magari verso quei Paesi – e sono già 15 nell’Unione Europea – che hanno di recente introdotto nei loro ordinamenti misure a sostegno di R&S, si pensi a quanto accaduto, ad esempio, nel Regno Unito dove per incentivare la ripresa è stato di recente introdotto il “Patent Box Regime” che prevede un’aliquota fiscale ridotta (10%) per i proventi derivanti dallo sfruttamento della proprietà intellettuale): a fermarli, purtroppo, non sembrano sufficienti le nuove norme in tema di S.r.l. semplificate e a capitale ridotto!