Il pericolo dei falsi sacchetti bio

Uno su due attualmente in circolazione è irregolare. Per contrastare questo fenomeno, la Re.Ma.Plast, insieme con Legambiente, ha avviato la campagna di sensibilizzazione “Io sono legale”

 

Il 2018 si è inaugurato con la rivolta dei consumatori contro la legge che imponeva loro il pagamento dei sacchetti biodegradabili e compostabili per alimenti sfusi o a contatto diretto con i cibi. Al di là delle polemiche poi sopite, resta in piedi, ma purtroppo ancora sottotraccia, un altro aspetto della questione: contengono davvero materia prima rinnovabile al 40% i sacchetti presenti nei reparti o nei negozi di ortofrutta, macelleria, gastronomia e pescheria?

I numeri di Legambiente raccontano un’altra verità: il 50% dei sacchetti per la spesa attualmente in circolazione è illegale, altro che biodegradabile e compostabile! Un sacchetto su 2 contiene una più alta percentuale di plastica tradizionale, rispetto ai limiti consentiti dalle norme, per aumentare i guadagni di chi li produce, di chi li distribuisce e di chi li compra. Un vero e proprio mercato parallelo, una borsa nera che, oltre a procurare danni all’ambiente, lede chi produce correttamente bioplastiche compostabili. Un giro di affari illegale che comporta una perdita per le vere aziende bio di 160 milioni di euro, di cui 30 per evasione fiscale e 50 di aggravio per i costi di smaltimento.

Occorreva, pertanto, suonare il campanello d’allarme per svegliare le coscienze di tutti e contrastare questo fenomeno. La Re.Ma.Plast lo ha fatto e, in collaborazione con Legambiente e Novamont, ha avviato da qualche mese la campagna di sensibilizzazione “Io sono legale”. L’iniziativa vuole combattere il “pizzo” degli shopper illegali informando e istruendo i cittadini sul come si riconosce un falso biosacchetto.

Conoscere per capire, per denunciare, per pretendere che quei 2 centesimi spesi a sacchetto siano per uno shopper legale. La mia azienda dal 2005 ha concentrato una notevole parte della produzione nel settore ecosostenibile per la campionatura dei sacchetti biodegradabili-compostabili perché il rispetto dell’ambiente non è una moda e come tale va insegnato. Per questo la campagna concentra le sue attività di informazione nelle principali piazze – abbiamo cominciato con quelle della Campania – per poi proseguire con percorsi didattici nelle scuole, che hanno visto il coinvolgimento di oltre 500 studenti solo negli istituti della nostra regione, venuti in visita presso la Re.Ma.Plast per vedere da vicino come si produce un vero sacchetto biodegradabile e compostabile. Bioplastiche o plastiche biodegradabili e compostabili sono solo quelle che rispettano tutti i criteri delle norme scientificamente riconosciute per la biodegradabilità e la compostabilità dei prodotti plastici come quelli su base amido e quei prodotti registrati dall’organismo di certificazione belga Vincotte. Se non c’è il timbro di conformità alla norma UNI EN 13432:2002 il sacchetto non è bio e, pertanto, non sarà nemmeno utilizzabile per la raccolta dei rifiuti organici.

Far crescere la coscienza civica, però, richiede tempi lunghi. Nell’immediato è necessario anche un segnale forte da parte delle autorità deputate al controllo, per rimettere ordine in un settore dove c’è chi – spesso paradossalmente isolato – sta facendo del suo meglio per ridurre l’impatto ambientale.