Le api d’inverno, di Norbert Scheuer

Il libro – edito da Neri Pozza – indaga, nel profondo, il concetto multiforme e finanche ambiguo dell’essere buoni

 

 

«Ciò che non giova all’alveare non giova neppure all’ape». Il libro di Norbert Scheuer mostra esattamente come certe vite si fondino su di un paradigma diametralmente opposto.

Germania, 1944. Egidius Arimond vive in una cittadina di minatori sulle sponde del fiume Urft, una regione con una vegetazione lussureggiante che le api sembrano amare molto, poiché ci vivono da milioni di anni. Ex insegnante, Egidius si guadagna da vivere come i suoi antenati prima di lui: alleva api e vende i prodotti del miele – candele di cera, vino e liquori – ai piccoli negozi della zona o nei mercati. Ogni mattina si alza alle cinque, beve un caffè d’orzo e poi si dedica alle arnie. Nel pomeriggio scende in città e si reca in biblioteca. Lì controlla se è stato lasciato qualche messaggio per lui. Un’esistenza in apparenza monotona, ma in realtà esposta a un grave pericolo. Egidius Arimond ha, infatti, un’attività segreta che, se scoperta, nella Germania del 1944, potrebbe costargli la vita: costruisce cassette cinte da arnie con colonie d’api particolarmente aggressive e, con quelle, organizza il trasporto di fuggitivi ebrei al confine con il Belgio. Per questo ritira ogni giorno in biblioteca comunicazioni in codice, infilate in volumi rilegati in cuoio che nessuno, per sua fortuna, si prende mai la briga di sfogliare. Ma non è solo per bontà e senso di appartenenza all’alveare umano che Egidius lo fa: per ogni ebreo trasportato oltreconfine prende duecento marchi, che gli servono per comprare i farmaci antiepilettici di cui ha bisogno e che scarseggiano nella sua Nazione travolta dalla guerra.