La riforma della giustizia civile per la competitività del Paese

Si apre una nuova stagione di modifiche al processo e riordino dei sistemi ADR

 

Sono mesi caldi per la giustizia civile. Il Ministro Orlando apre infatti a una nuova stagione di riforme con il primo passaggio alla Camera della (ennesima) modifica del Codice di procedura civile. A fronte di chi invocava un periodo di “fermo biologico”, il governo ha ritenuto di intervenire ulteriormente per semplificare e riorganizzare ancora una volta il processo civile introducendo «elementi in grado di tutelare meglio i diritti del cittadino e anche di fornire una giustizia che supporti la competitività del Paese».

 

E proprio secondo quanto ha dichiarato il Guardasigilli, la prospettiva è strategica per il Paese: si tratta di un provvedimento che può essere considerato «il più strategico» in quanto con esso si punta a «un definitivo cambio di passo in una materia che è assolutamente essenziale per la competitività del Paese».

Se gli obiettivi sono sicuramente condivisibili dalla lettura del testo della legge delega, a preoccupare gli operatori e gli studiosi del processo sono l’allargamento delle competenze per i giudici onorari, le nuove sommarizzazioni delle tutele, le impugnazioni che non decidono il merito, nonché le nuove problematiche derivanti dai regimi transitori.

Il tema è estremamente delicato è l’attuazione dell’obiettivo “competitività” richiede grande attenzione per poter essere correttamente coniugato nel mondo della giurisdizione ove il fine ultimo è la tutela dei diritti. Per cui appare sicuramente ragionevole e utile una estensione delle competenze del c.d. tribunale per le imprese (la cui denominazione dovrebbe divenire: «sezioni specializzate per l’impresa e il mercato»), mentre qualche dubbio suscita l’obiettivo di «valorizzare gli istituti del tentativo di conciliazione e della proposta di conciliazione del giudice» (artt. 185 e 185-bis del codice di procedura civile), prevedendo che «la mancata comparizione personale delle parti o il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice, senza giustificato motivo, costituiscano comportamento valutabile dallo stesso ai fini del giudizio».

La conciliazione del giudice in sede contenziosa non ha mai dato alcun risultato in quanto il giudice è chiamato a dirimere la controversia con la decisione piuttosto che ad accompagnare le parti verso un accordo. E anche la proposta conciliativa, dopo due anni dalla sua introduzione, ha dato qualche frutto soltanto se impiegata in modo combinato e coordinato con la mediazione demandata.
Vieni quindi in primo piano la mediazione delle controversie civili e commerciali che, dalle recenti statistiche ministeriali (aggiornate al 31 dicembre 2015), fa segnare una percentuale di riduzione del contenzioso in entrata (per le materie assoggettate alla condizione di procedibilità) pari al 16% nel biennio 2013-2015, dato che costituisce il doppio della percentuale (pari all’8%) registrata nelle altre materie.
Un metodo di risoluzione delle controversie basato sulla negoziazione con l’assistenza di un terzo imparziale (mediatore) e che perciò mira a comporre il conflitto generando soluzioni condivise e quindi sostenibili. Una procedura che, superato il primo incontro con la presenza delle parti e i loro avvocati, registra una percentuale di accordi pari al 43,5%. Sono risultati di notevole rilievo in quanto soltanto negli ultimi due anni – dopo la riforma attuata nel 2013 con il decreto “del Fare” – il sistema è entrato a regime.

Pur necessitando di adeguamenti e miglioramenti, la nuova disciplina si va consolidando e affermando anche mediante prassi virtuose. E ciò non esclude, da un canto, la negoziazione assistita dagli avvocati (introdotta quale strumento di “degiurisdizionalizzazione” unitamente al cosiddetto arbitrato forense) e, dall’altro, l’allargamento dei sistemi di ADR per i consumatori, in particolare quelli istituiti presso le Autorità indipendenti (si pensi all’Arbitro Bancario Finanziario presso la Banca d’Italia, all’arbitro in fase di costituzione presso la Consob, ma anche ai sistemi conciliativi dell’Autorità garante delle comunicazioni e dell’Autorità dell’energia elettrica gas e sistema idrico).

D’altronde la strada intrapresa a livello europeo sposta il baricentro delle soluzioni negoziali inevitabilmente fuori del processo. L’autonomia privata in un ambito regolamentato e assistito costituisce la sede naturale e privilegiata per la ricerca di soluzioni autonome (pur etero dirette) del contenzioso civile. Le Direttive europee per la mediazione (Direttiva 2008/52/CE) e in materia di ADR per i consumatori (Direttiva 2013/11/UE) descrivono infatti un contesto stragiudiziale regolamentato in equilibrato rapporto con la giurisdizione che non esclude (espressamente consentendole) forme di integrazione.
Non quindi una contrapposizione tra la giurisdizione – chiamata a dirimere le liti con decisioni rapide ed efficaci rese all’esito di un giusto processo – e sistemi extragiudiziali finalizzati per più a risolvere i conflitti mediante l’accordo attraverso percorsi negoziali diretti e indiretti, con e senza l’ausilio di un terzo imparziale.

In questa prospettiva assume un notevole interesse la recente istituzione di una Commissione di studio presso il Ministero della Giustizia per l’elaborazione di una riforma organica degli strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie.
L’obiettivo dichiarato è quello di «armonizzare e razionalizzare un quadro normativo che attualmente sviluppa forme eterogenee di strumenti negoziali, a causa dei ripetuti interventi legislativi sulla materia, adottati per favorire la formazione e lo sviluppo di una cultura della conciliazione, agevolandone l’uso e abbattendone i costi».
La Commissione ha dunque il compito di elaborare, entro il 30 settembre 2016, «un’ipotesi di disciplina organica e di riforma che sviluppi gli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato».

Un sistema della giustizia civile complesso, ma equilibrato e sostenibile, quello che si profila ormai in tutta la sua concretezza che non punti soltanto a una maggiore efficienza del processo civile (che costituisce un obiettivo imprescindibile per rendere effettiva la tutela dei diritti) e quindi della giurisdizione, ma che valorizzi – e non soltanto in chiave deflativa – i sistemi di composizione delle liti civili mediante i procedimenti di ADR (Alternative Dispute Resolution).