Il valore della Mediterraneità

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«Un modo di intendere la vita nel suo complesso», è questo lo stile mediterraneo sano da recuperare secondo il presidente dell’Adi Giuseppe Fatati

 

Professore, l’Expo di Milano si confronta con il problema del nutrimento dell’uomo e della Terra. Cosa vuol dire dedicare questa importante manifestazione al tema del cibo?
Vuol dire aver preso coscienza di un enorme paradosso: la coesistenza della fame con l’abbondanza e il consumo esagerato delle risorse disponibili. I modelli alimentari globali sono cambiati drasticamente nel corso dell’ultimo secolo, in particolare negli ultimi cinquanta anni, accompagnati, almeno in Italia, da un allungamento della vita media. Questo dato può sembrare eccezionalmente positivo se non si tiene conto del fatto che sono aumentate anche le patologie croniche non comunicabili (PCNC) come le malattie cardiovascolari, l’ipertensione e il diabete che comportano una limitazione dell’autonomia personale, un evidente disagio psichico e un peggioramento della qualità di vita. Le PCNC vengono considerate una delle sfide epocali per tutti i sistemi sanitari, a causa delle loro inarrestabile crescita. Nello stesso tempo anche nei paesi industrializzati sono aumentati i poveri e i malnutriti. I dati dell’Istat ci dicono che nel 2013, il 12,6% delle famiglie italiane era in condizione di povertà relativa (per un totale di 3 milioni 230mila) e il 7,9% in termini assoluti (2 milioni 28mila). Il problema della fame e delle difficoltà di avere cibo disponibile colpisce anche il nostro Paese.

Quale dieta è più in pericolo, quella dell’uomo o quella del pianeta?
Le due cose sono interdipendenti. Solo negli ultimi anni si è posta una attenzione globale a tutto quanto viene consumato nei paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo, compresi i metodi di produzione e di stoccaggio e al conseguente impatto sulla salute umana, l’ambiente e i sistemi alimentari. Recentemente è stata presentata la versione finale del Protocollo di Milano (Expo 2015). In particolare il Protocollo, promosso dalla Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition (Bcfn), fissa sulla carta impegni concreti per combattere lo spreco alimentare, favorire l’agricoltura sostenibile e contrastare fame e obesità attraverso la promozione di stili di vita sani.
Nell’introduzione al testo si legge che il criterio e la rapidità con i quali le risorse naturali sono sfruttate stanno velocemente erodendo la capacità del pianeta di rigenerare il capitale ambientale da cui dipende il benessere di tutti i suoi abitanti. Secondo il recente rapporto Millennium Ecosystem Assessment, nel corso degli ultimi 50 anni gli esseri umani hanno modificato gli ecosistemi nel modo più veloce e massiccio dell’intera storia dell’uomo, principalmente nel tentativo di rispondere alla domanda sempre crescente di cibo, acqua potabile, legname, fibre e carburante. In conseguenza di ciò il quadro socioeconomico e ambientale attuale è afflitto da tre enormi paradossi globali: lo spreco di alimenti, la assenza di una agricoltura sostenibile e la coesistenza tra fame e obesità.

Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione intorno alla nutraceutica. Vuole innanzitutto ricordarci cosa è?
Con questo termine, un neologismo coniato nel 1989 dal dottor Stephen De Felice unendo i termini nutrizione e farmaceutica, si indica la disciplina che studia i comportamenti alimentari o i principi attivi presenti negli alimenti che hanno effetti positivi per il benessere e la salute ivi inclusi la prevenzione o il trattamento delle malattie. Fanno parte dell’area di studio e di applicazione di questa scienza gli stessi principi attivi, gli integratori alimentari ed erboristici, i preparati a base di piante officinali, gli alimenti funzionali, alcuni alimenti naturalmente ricchi di componenti bioattive fino ad arrivare ai designer food cioè gli alimenti ingegnerizzati.

Crede che sia necessario un cambiamento culturale per poter adottare un approccio nutraceutico nella scelta dei cibi?
Il nutraceutico è un prodotto usualmente pagato dal paziente e prescritto da un medico o consigliato da un farmacista. In entrambi i casi quindi un professionista si espone e il paziente si aspetta un risultato tangibile. Da qui nasce la necessità per il professionista di orientarsi fra i numerosissimi prodotti esistenti sul mercato per fornire un’indicazione sicura a salvaguardia della propria professionalità. Per alcuni nutraceutici esistono dati completi di farmacotossicologia preclinica e clinica, fino ad avere a disposizione addirittura meta-analisi di trials clinici. Tuttavia nella maggior parte dei casi ciò che è noto non viene trasferito direttamente alla formulazione e distribuzione di prodotti efficaci e quindi alla pratica medica, a causa di una serie di impedimenti, per lo più di tipo commerciale. In senso generale per poter adottare un approccio nutraceutico nella scelta dei cibi c’è necessità di un cambiamento della cultura di base non solo dei professionisti ma anche dei consumatori.

Quali sono gli errori tipici dell’italiano che mangia male?
Il grasso corporeo e il peso si accumulano quando il contenuto energetico degli alimenti e delle bevande introdotte supera l’energia richiesta dal metabolismo e dall’attività fisica dell’individuo. Infatti, gli obesi e quelli con maggior peso sono più sedentari e associano all’inattività abitudini alimentari scorrette.

Quali invece sarebbero i giusti comportamenti?
L’obesità è un’epidemia globale e per essere gestita in modo adeguato è necessario concentrarsi soprattutto sugli stili di vita che lo sviluppo industriale ha creato. Fino ad oggi le risposte politiche si sono focalizzate su singoli fattori o hanno fatto appello alla responsabilità dei singoli attraverso campagne educative. Per la riuscita dell’intervento si devono assumere scelte politiche e programmi rivolti alla popolazione, insieme a normative e azioni ambientali, che facciano parte di una strategia coordinata di sanità pubblica a lungo termine.

Che valore ha la Dieta Mediterranea oggi e quale potrebbe assumere in futuro?
È opinione comune che l’aderenza di una data popolazione ad un modello dietetico Mediterraneo (MDP) attraverso un giusto consumo in quantità, qualità e proporzione del cibo come indicato dalle piramidi alimentari, può influenzare non solo la salute umana, ma anche l’ambiente.
È importante leggere questi dati ricordando che l’Unesco ha iscritto nel 2010 la Dieta Mediterranea nella Intangible Heritage Lists (IHL); dopo circa un anno si è avuta la pubblicazione della nuova piramide alimentare con alla base i comportamenti caratterizzanti l’area mediterranea e non più gli alimenti, in particolare la convivialità e tutto quanto è inerente la cucina e la gastronomia.
Mediterraneità è un neologismo che descrive un atto complesso che risponde a tre quesiti principali: cosa mangiare, come mangiare e con chi mangiare.
Indica un modo particolare di vivere l’atto alimentare che è caratterizzato da spazio (la cucina), tempo (il tempo dedicato al cibo), economia (corretto utilizzo delle risorse), relazioni (identità e appartenenza), cultura (coltivazioni adatte ai luoghi e alle esigenze del gruppo familiare), politica (la teoria dello stato).
La via mediterranea all’alimentazione può essere considerata una storia dimenticata perché fino ad oggi l’attenzione anche del mondo scientifico è stata attratta quasi unicamente dai singoli alimenti iscritti nelle diverse piramidi proposte.
Le problematiche della sostenibilità offrono una grande opportunità alla scienza della nutrizione e agli scienziati per svolgere un ruolo più centrale nella analisi politica dei sistemi alimentari futuri e capire che lo stile di vita mediterraneo è molto più che la dieta mediterranea una occasione unica. CSZ