Il PNRR e l’occasione per rendere meno rigida l’interdittiva antimafia

Tra le novità più rilevanti l’introduzione del preventivo contraddittorio, grazie al quale le aziende potranno ora chiarire all’autorità prefettizia alcuni elementi ambigui o fraintendibili 

 

Con il D.L. 152 del 6.11.2021 “Disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR e per l’infiltrazione mafiosa”, sono state introdotte alcune modifiche al T.U. Antimafia (D.l.gs 152/2021) con cui il Governo prova a limitare il ricorso all’interdittiva per favorire la continuità aziendale, non venendo meno, però, alla sempre vigile attenzione che va dedicata ad un fenomeno così pervasivo.

In particolare, sono state fissate in legge alcune delle questioni che spesso venivano proposte nei ricorsi amministrativi, perché, in principio, già presenti nel sistema ma che, purtroppo, la giurisprudenza amministrativa non accoglieva se non raramente.

Ecco perché la riforma non è di poco conto, portando chiarezza su due elementi decisivi, introducendo il preventivo contraddittorio e misure alternative per i casi meno gravi. É stato innanzitutto introdotto l’art. 92, comma 2 bis, che questa volta impone la necessità a carico del Prefetto della preventiva comunicazione al soggetto interessato e cioè il necessario contraddittorio nelle ragioni della possibile interdizione, con termine di 20 giorni per presentare memoria.

Tale procedura si conclude entro 60 giorni al termine della quale il Prefetto, ove non si proceda ad un’informativa antimafia liberatoria, dispone l’applicazione di cui all’art.94 bis nel caso in cui la situazione sia di “agevolazione occasionale” (concetto su cui si tornerà) o adotti l’interdittiva antimafia secondo il sistema che si conosce. L’altra novità è data dall’art. 94 bis e dall’introduzione del concetto, come detto, di “agevolazione occasionale” alle organizzazioni criminali, come forma meno grave da cui derivano conseguenze diverse.

Su tale termine, e cioè su quali siano tentativi definibili di “agevolazione occasionale”, ci sarà certo da discutere e si dovrà attendere per avere una condivisa formulazione del nuovo istituto da parte della giurisprudenza.

In questi casi, che certo sono intesi dal D.L. cit. come quelli meno gravi, il Prefetto può imporre, in luogo della devastante interdittiva, l’osservanza, per un periodo non inferiore ai 6 mesi, di una o più delle seguenti misure:

  1. a) l’adozione del contributo organizzativo di cui alla L. 231/2001 atto a rimuovere o prevenire le cause di “agevolazione occasionale”;
  2. b) obbligo di comunicare a gruppi interforze gli atti di disposizione di acquisto e pagamento di un certo valore;
  3. c) nel caso di società, anche le forme di finanziamento a soci o a terzi comunque l’utilizzo di un conto corrente dedicato a tale attività.

Il Prefetto è anche abilitato a nominare degli esperti a supporto dell’impresa, per l’esecuzione di tali forme di prevenzione. Tali misure vengono meno laddove il Tribunale penale di prevenzione disponga il controllo giudiziario ai sensi del comma 2 art. 34 bis T.U. Antimafia – che è confermato – e che dovrà tener conto anche delle misure adottate dal Prefetto. Il Prefetto, alla scadenza delle misure adottate, verificato il tentativo anche dell’agevolazione occasionale e dell’assenza di altri tentativi di infiltrazione, può rilasciare certificazione antimafia liberatoria. Finalmente, intanto, vi è una norma di civiltà che è quella del preventivo contraddittorio.

Moltissime aziende attraverso la semplice spiegazione de visu dell’avvenimento e/o dei fatti spesso indiziari rilevati dalla Polizia Giudiziaria e che prima portavano direttamente all’interdittiva, ora hanno la possibilità di chiarire se quegli elementi sono fraintesi o più labili di ciò che appaiono, per tranquillizzare così l’Autorità prefettizia. Inoltre, nel caso in cui il Prefetto ritenga sussistente solo la c.d. agevolazione occasionale al sistema criminale (e su questo come detto si aprirà un dibattito giurisprudenziale) potrà adottare misure alternative e in particolare, come detto, obblighi organizzativi che possono reprimere o prevenire all’interno dell’azienda fenomeni sia corruttivi, sia di infiltrazione e la necessità di rintracciare risorse i flussi finanziari.

A seguito di tale controllo il Prefetto avrà maggiori elementi, provenienti all’interno dell’azienda stessa, per poter decidere se adottare o meno misure interdittive.

Questi aggiustamenti ritengo siano un grande passo in avanti, da sempre auspicato dagli avvocati e dalle imprese, ed elementi di civiltà per continuare a combattere fenomeni criminosi ma, allo stesso tempo, evitando quelle tagliole che portano al fallimento o comunque ad uno stigma sociale di mafiosità, del tutto fuori sistema. Prima di questa importante novità voluta dal Governo, sulla base di meri rapporti di polizia – a loro volta agganciati a labili indizi, spesso addirittura di carattere sociologico (come lontane parentele o incontri più o meno occasionali) o ancora, a pregiudizi su territori ritenuti ad alto grado di pericolosità – i Prefetti interdicevano aziende a famiglie portandole in breve alla rovina, senza possibilità di un confronto o di un controllo rassicurante per tutti.

Certo, i dubbi interpretativi e il possibile appesantimento della procedura fanno dubitare sull’applicazione immeditata a regime, ma certamente si è sulla buona strada.