Tian Li, Ageing Erguotou, 2015, 30x40cm, tempera su legno, courtesy l’artista

Tian Li alla Galleria dell’Accademia di Belle Arti di Roma

Figlia di una generazione che ha saputo coniugare il proprio modello estetico ad alcune linee dell’arte occidentale fino a creare un perfetto equilibrio e una sottile coesistenza delle differente, Tian Li (Beijing, 1967) è artista che plasma da tempo un percorso visivo fatto di cose semplici e preziose, dove è possibile percepire l’idea di raggiungere lo yūgen (幽玄), ovvero il fascino legato all’eleganza, il wabi (侘), la povertà inseguita, la bellezza del disadorno, la rinuncia ad ogni boria, e infine il sabi (寂), la patina che avvolge gli oggetti conferendo loro un alone di naturale seduzione.

Con una visione del mondo che mira a fermare lo sguardo sul contingente, sul transitorio, sul fuggitivo, sull’inarrestabile, Tian Li crea smottamenti temporali, slittamenti poetici che vanno oltre le cose sensibili e mostrano una realtà poetica, resa lirica da pennellate lente e cremose, da scelte cromatiche che sembrano essere piccole vie di fuga dalla distrazione che governa il presente e le sue presenze.

Le trenta opere selezionate e proposte da Yin Fu e Wang Shengwen per la sua prima personale italiana organizzata negli spazi della Galleria Colleoni dell’Accademia di Belle Arti di Roma (Yin Fu e Wang Shengwen sono due giovani curatori che da qualche anno cercano di far conoscere l’arte cinese in Italia), offrirono un percorso antologico in cui è possibile esplorare i tratti di una ricerca che parte dalla figura umana per volgerle le spalle e entrare via via in un territorio morfografico che evidenzia il potere magnetico dell’ornamento e si concentra sul paesaggio, sulla natura morta, sulla storia quotidiana. Come lingue di pittura che si elevano da un luogo che non appartiene a nessun luogo se non alla vita reale, le sue opere sono infatti racconti nostalgici del presente, atmosfere evanescenti in cui la pittura a tempera sembra accarezzare e screpolare le cose, composizioni in cui la figura umana tace per lasciare il posto a oggetti e soggetti semplici del vissuto.

Se da una parte in mostra è possibile leggere in alcuni lavori come 回家的路上 / On the Way Home del 2003 e 三个塔吉克妇女 / Three Tajik Women del 2004 linee riflessive che richiamano alla memoria la forza astraente di un Piero Della Francesca o le erotiche e spericolate tensioni cromatiche di un Balthus (看巴尔蒂斯 / Balthus in My Eye del 2014 è un chiaro rimando e omaggio all’artista che ha lavorato sulla superficie della notte), nel corpus più recente tutto si fa più morbido, disteso, legato a una temperatura che sembra creare veli, sovrimpressioni, offuscamenti, lievi e felici patine che riscaldano la tela con piccole screpolature, fino a creare un’atmosfera impalpabile, lattea, argentina.

“东西”—浴具 / Bathing Necessities (2013), 塞维利亚的一天 / One Day in Seville (2014), 在芝加哥 / In Chicago (2014), 六月巴黎 / June in Paris (2014), 田园 / Countryside (2015), 陈酿二锅头 / Ageing Erguotou (2015) e 日本扇子-风神和雷神 / Japanese Fan (2017) sono soltanto alcuni dei in cui fiori, frutta, ventagli, letti screpolati dal sole, piante ornamentali o bottiglie si presentano come enigmi del tempo (a tratti surreali), come ombre e sembianze, come oggetti dai tratti sovrastorici e mentali in cui sembra risuonare la lezione metafisica di Giorgio Morandi o la potenza evocativa di de Chirico: ma tutto ben amalgamato, tutto ben combinato a motivi e gusti orientali, a memorie ataviche, a ricordi la cui sagoma si allunga sul presente per mostrare un fine e elegante scorrere del pennello.

Recuperando la vasta gamma dei generi artistici, attraversati con un gusto nostalgico che indica lontananza e sospensione, Tian Li produce piacevoli disincanti, ferite della mente, riquadri su cui fermarsi per percepire la morbidezza di una pittura (eterna e dolce come una ferita) che vuole rivelare la leggerezza della vita, la sottile linea di confine che divide – e che forse unisce – la pittura dalla poesia, la poesia dalla musica, la musica dalla voce, la voce dal suo silenzio.