Dove va il trasporto marittimo?

Per il 2015 opportunità di crescita in vista sia per gli scali di transhipment, sia per alcuni porti di destinazione finale del nostro Paese

É da poco uscito il n. 2-2014 dei Maritime Indicators; si tratta della rivista statistica congiunturale di SRM che, con il supporto di dati e indicatori di settore, traccia il punto della situazione sull’economia dei trasporti marittimi e la logistica nel nostro Paese. Alcuni tra gli indicatori presi in considerazione sono: l’import-export marittimo, il traffico portuale, la natimortalità delle imprese.

 

Interessante l’analisi suddivisa per macro aree territoriali. La logistica marittima è un settore di importanza strategica con un impatto sul nostro commercio estero di circa 230 miliardi di euro e un traffico portuale che muove quasi mezzo miliardo di tonnellate di merci movimentate.

Il trasporto marittimo nel corso del 2014 è stato sostenuto da una ripresa del commercio internazionale, ma si rileva, come negli anni precedenti, che tale incremento non ha comportato per gran parte delle imprese del settore un aumento della redditività, gravata da una economia globale ancora fragile e dalla generalizzata situazione di oversupply: l’aumento percentuale dell’offerta di stiva continua ad essere maggiore rispetto alla crescita della domanda di trasporto, per tutte le categorie di merci.

Entrando nel dettaglio dell’andamento dei singoli segmenti del trasporto marittimo, nel secondo semestre del 2014, due sono i fenomeni che si sono affermati con forza nel trasporto dei container: le grandi alleanze e l’orientamento al rinnovo della flotta che a sua volta conferma la tendenza al gigantismo navale.
I carrier stanno sperimentando che, riducendo il costo unitario di trasporto di ogni singolo TEU imbarcato, possono compensare il calo unitario dei ricavi conseguente a un mercato dei noli ancora piuttosto depresso.

La configurazione del comparto del trasporto marittimo containerizzato è, quindi, sempre più legata alle strategie poste in essere dai grandi consorzi e dalle alleanze che stanno nascendo soprattutto sulle rotte est – ovest, che anche nel corso del 2014 hanno risentito della sovraccapacità dell’offerta.

Secondo Alphaliner, le nuove alleanze armatoriali 2M, costituita da Maersk Line e da Mediterranean Shipping Company (MSC), e Ocean Three, formata da CMA CGM, China Shipping Container Lines (CSCL) e United Arab Shipping Company, immetteranno ulteriore capacità pari a 14.000 TEU alla settimana nei servizi programmati per collegare l’Estremo Oriente con il Mediterraneo, con un incremento dell’11% rispetto alla fine del 2013.

La maggior crescita di capacità della flotte portacontainer sarà registrata dai servizi per il Mar Adriatico e il Mar Nero, regioni per le quali le due alleanze hanno previsto l’inaugurazione di nuove linee.
Tale aumento della capacità di carico, contrariamente a quanto auspicato dalle compagnie armatoriali, rischia di ribaltare il rapporto tra domanda e offerta mettendo a rischio la precaria ripresa del livello dei noli.

In realtà, secondo l’Outlook di Drewry Shipping Consultants, nel 2015 i volumi trasportati sulle principali rotte navali dovrebbero crescere del 5,5%; la direttrice Asia-Nord Europa dovrebbe, da sola, crescere del 3,5%. La crescita della domanda in questo segmento di mercato si accompagna ad un forte aumento anche dell’offerta perché, sempre alla ricerca del conseguimento delle economie di scala per il contenimento dei costi, i grandi carrier continuano ad ordinare navi giganti.

Se a settembre 2014 Alphaliner aveva per la prima volta previsto che entro il 2016, sulla base degli ordinativi in essere, la svizzera MSC sarebbe diventata l’azienda leader del comparto, dopo qualche giorno la Maersk Line (che attualmente detiene il primato) ha annunciato un investimento di 3 mld di dollari all’anno per il periodo 2015-2019 per finanziare i propri programmi di sviluppo della flotta, ovvero 30 Triple-E.

Nel frattempo, in base alle previsioni dell’OSC, i cantieri coreani sono ormai pronti per costruire navi da 24.000 TEU, ovvero 5mila TEU più grandi rispetto a quelle da 19.000 TEU appena entrate in esercizio. Drewry Maritime Research, in un approfondimento sul settore intitolato “How carrier can make money”, ha realizzato un’analisi approfondita dei conti dei principali liner sottolineando che, come risulta dalle ultime trimestrali pubblicate, sono sempre di più quelli che sono tornati a guadagnare (da 5 a 10 nella classifica delle top 25 compagnie tra il primo e il secondo trimestre del 2014).

Un altro elemento che, secondo gli analisti di Drewry, i carrier devono considerare per contenere i costi operativi dopo la tregua concessa negli ultimi tempi è il costo del bunker. In media il costo d’esercizio per TEU trasportato è salito dai 1.240 dollari del 2010 ai 1.327 del 2011 (+7%), soprattutto per un rincaro del 40% del bunkeraggio navale. Dal 2012 in poi, però, questo coefficiente è calato mediamente del 7% all’anno per tutte le compagnie di navigazione, ma non è possibile sperare in un’ulteriore flessione del prezzo del bunker del carburante. Anzi, è semmai più probabile che aumentino gli oneri legati all’introduzione delle nuove normative in tema di sostenibilità ambientale (vedi zone ECA-Emission Control Areas).

In Italia, in base ai dati disponibili, il traffico containerizzato nel 2014 si conferma sostanzialmente stabile. Con riferimento ai porti hub, per i primi 9 mesi dell’anno, Gioia Tauro ha movimentato meno di 2,3 milioni di TEU (-1,5%), Cagliari 471mila (+1,1%) e Taranto 143mila (-3,7%). 

 

Per gli scali di transhipment, ma anche per alcuni porti di destinazione finale del nostro Paese, si aprono comunque delle importanti opportunità di crescita in quanto rientrano nei network di servizi di linea definiti dalle grandi alleanze. 

 

Per approfondire: www.srm-maritimeconomy.com