Design, la grammatica dell’accoglienza

L’importanza del vuoto che veste di ossigeno gli spazi: la prima regola per arredare bene una casa, così come un ufficio, è di liberarsi di quanto accumulato nel tempo e che ora ha perso funzione

Lo scorso mese di settembre sono stato al timone di un programma di Mediaset Infinity intitolato “We Love Design”, nato dal connubio con Marzia e Leonardo Dainelli, duo del design scoperto grazie ad Instagram cui ho affidato i dettagli più preziosi per la mia casa di Milano.

Ne parlo qui perché dopo due stagioni di lockdown a singhiozzi, in cui le nostre case sono diventate anche uffici di emergenza, sale riunioni, ristoranti e luoghi per un happy hour improvvisato, ognuno di noi ha dovuto fare i conti con gli interni in cui vive, spesso dovendosi fare delle domande mai poste prima.

Il galateo è definito come arte del ricevere ma è anche e soprattutto arte del dare, entra in ballo come potente alleato di qualsiasi operazione di design. Trascorrere più tempo di quello che eravamo abituati a casa ci ha fatto capire che perché una casa si possa definire accogliente, perché si trasformi velocemente in un luogo di lavoro, sono necessari alcuni dettagli che prescindono dal budget ed eseguono più la grammatica dell’accoglienza che del bello fine a se stesso.

Se in una tavola bon ton troveremo sempre le forchette a sinistra e coltelli a destra è perché la praticità vuole che si trovino esattamente a favore della mano che ne farà uso. La stessa logica andrebbe applicata al tavolo da pranzo, alla scrivania, al muro che ci troviamo dietro le spalle così come a tutti quei dettagli che fanno parte del quotidiano: un punto di appoggio in bagno per far trovare degli asciugamani di piccolo formato per gli ospiti un punto dove riporre i nostri più usati che non li esponga necessariamente alla vista di chi in casa è solo di passaggio; dove riporre spazzolino, dentifricio e carta igienica di scorta senza dover correre a nascondere tutto quando arrivano gli amici per un bicchiere di vino ma anche come sistemare divani e poltrone in modo che si crei una conversazione e non soltanto un buon scatto ad uso e consumo di Instagram.

Il galateo del design è fatto di molti accorgimenti e non troppi orpelli. Ogni cosa con una funzione unita ad un senso estetico acquista significato, mette a proprio agio padrone di casa e ospiti. E allora via libera ad un gioco più di sottrazione che di nuovi acquisti.

La prima regola per arredare bene una casa, così come un ufficio, è di liberarsi di tutto ciò che abbiamo accumulato nel tempo e che perde di funzione. Ci renderemo conto che anche certi vuoti arredano perché sono ciò che la pandemia ci ha fatto rendere conto essere prezioso: l’ossigeno. Una scrivania pronta ad accogliere ospiti dovrebbe essere per metà vuota proprio perché qualcuno potrebbe aver bisogno di appoggiare una cartella, una consolle in un ingresso oggi deve poter contenere un igienizzante per le mani perché riflette le nostre abitudini; avere una mensola a disposizione per poter ospitare tutto ciò che di nuovo arriva ed è di passaggio nel quotidiano. Sono regole base ma che possono dare un senso diverso alla nostra quotidianità.

Fate un esperimento, togliete tutto ciò di cui non avete fatto uso dai cassetti e dalle scrivanie dei vostri uffici per almeno 2 anni. Mettete tutto in un sacchetto e riponeteli in un ripostiglio. Tra altri due anni vi renderete conto di non averne fatto alcun uso. Prima di dare consigli che richiedono di mettere mano al portafoglio, il galateo si occupa dei consigli che fanno mettere mano all’ingegno. Così è nato e così rimane. Per questo lo amo.