Catania, Confindustria Digitale: «Crescere è un passaggio obbligato per le pmi»

e cataniaLa politica di sviluppo del Paese, un tempo orientata a stimolare il modello di economia tradizionale, oggi va ridisegnata del tutto. «Dobbiamo cambiare pelle, la filiera di produzione deve diventare digitale»

Presidente, un anno fa lei sosteneva che bisognava trovare una «via italiana» per Industria 4.0. Il Piano del governo l’ha imboccata?
Direi con convinzione di sì. Il governo ha ben compreso quanto sia importante che la manifattura si trasformi, facendo maggiormente ricorso ai processi digitali, tanto che ha organizzato su tutto il territorio nazionale un road show per presentare il Piano di incentivi di supporto, le formule di sostegno e i possibili benefici per le imprese previsti da questo fondamentale passaggio. Direi soprattutto che ne hanno capito la valenza gli imprenditori, che ora vogliono recuperare il terreno perso – in termini di competitività e di crescita – proprio a causa del gap digitale con le altre economie mondiali.
Con la predisposizione del piano Industria 4.0 abbiamo creato la giusta mobilitazione perché finalmente le nuove tecnologie – penso ai big data o all’internet delle cose, giusto per citare due delle direttrici di sviluppo – possano essere iniettate nei processi di fabbrica. Siamo di fronte a un passaggio obbligato per le aziende manifatturiere. Se lo si manca, si va fuori del mercato.

 

Restando in tema, i 23 miliardi di euro, in quattro anni – 13 di incentivi fiscali e 10 di investimenti – basteranno a innescare a quello che è stato battezzato come il “New Deal” per la nostra industria?
Le misure previste dal ministro dello Sviluppo Economico Calenda indubbiamente sono senza precedenti per portata. Secondo le prime stime, queste dovrebbero essere capaci a loro volta di mettere in moto dieci miliardi addizionali di investimenti da parte dei privati.
Speriamo, quindi, che l’impegno economico preso resti tale nella legge di Stabilità, senza subire limature o riduzioni di importo.
In questa fase il governo dovrà dimostrare che crede davvero nella leva dell’innovazione per ammodernare la manifattura. È fondamentale inoltre che questi provvedimenti vadano a coprire realmente tutte le aree del digitale, quelle dei nuovi robot così come dei nuovi macchinari, ma anche quelle relative ai processi di digitalizzazione, ai software e ai servizi che occorreranno a connettere tutte le aree insieme. Dobbiamo andare avanti. Il Paese non può più permettersi di ritornare a una politica industriale che guarda al passato.

 

Dove compreremo l’hardware e il software che compongono l’Industria 4.0, nel nostro Paese o all’estero? Riguardo questo aspetto quanto è pronta l’Italia?
In Italia abbiamo almeno 600mila operatori che ruotano attorno al mondo del digitale.
Alcuni sono espressione di grandi multinazionali presenti nel nostro Paese, altri della grande impresa italiana e altri ancora di piccole aziende di tecnologia. A oggi abbiamo cinquemila le start up che hanno deciso di puntare tutto il proprio futuro sul digitale e sulla capacità di innovare.
In passato, nella ormai vecchia informatica, l’elemento centrale era l’elaboratore, il computer. Oggi invece il fulcro si è spostato sull’ingegno, sullo sviluppo del software, su quelle applicazioni che ridisegnano i processi aziendali.
In Italia abbiamo grandi potenzialità da questo punto di vista, senza dimenticare il ruolo estremamente significativo che svolgono i poli tecnologici e le università. È quindi molto ampio il bacino di risorse messe a disposizione delle nostre piccole e medie imprese per poter avviare questo percorso di trasformazione di cui il Paese – ribadisco – ha assoluto bisogno.

 

Il controllo sull’attuazione delle misure spetta a una cabina di regia di cui Confindustria è parte. Non solo politica, quindi. Questo che garanzie offre al sistema delle imprese?
L’architettura di governo pubblico-privata della cabina di regia dovrà assicurare una governance forte e necessaria coesione di sistema su obiettivi e strumenti. La politica di crescita un tempo era orientata a stimolare il modello di economia tradizionale, oggi l’economia italiana va ridisegnata del tutto. L’intera politica di sviluppo dovrà puntare su questi nuovi fattori per vedere innalzata la produttività e la competitività del Paese.
Devo dire che Calenda ha sposato da subito l’importanza strategica, anzi strutturale, di questo cambiamento per la nostra economia. Dobbiamo cambiare pelle, senza per questo perdere il valore del territorio ma riaggregando tutti gli elementi positivi intorno alle tecnologie. Il partenariato pubblico provato, unito a un coinvolgimento aperto di tutti i protagonisti di Industria 4.0, fanno di questo Piano un’occasione concreta, la buona occasione per riagganciare la ripresa e tornare a essere competitivi.

 

E Confindustria come si sta muovendo su questo terreno?
Come Sistema confindustriale siamo impegnati in grande progetto nazionale di politica industriale “Impresa 4.0 – Trasformazione competitiva digitale delle imprese e del Paese” che si esprime in modo sinergico al Piano governativo.
Agendo in modo trasversale ai vari settori – ad oggi sono impegnate 19 federazioni e associazioni di categoria valorizzando e mettendo a sistema le best practices già presenti sul territorio, la via italiana a Industria 4.0 che stiamo tracciando si basa su quattro pilastri. Roadshow territoriali e focus group di informazione e formazione, per far conoscere i fondamentali della trasformazione digitale a imprenditori e amministratori delle aziende di piccole e medie dimensioni. Creazione di una rete nazionale di Digital Innovation Hub. Punti di innovazione in casa Confindustria, frutto di partenariati pubblico-privati, in cui accentrare competenze, informazioni, accesso alle risorse finanziare, con l’obiettivo di supportare i progetti di trasformazione digitale delle imprese.
Per questo i DIH vedono coinvolti una serie di soggetti radicati sul territorio come università, centri di ricerca, enti locali, poli tecnologici, banche, le imprese dell’Ict.
Piattaforme di filiera e reti d’impresa 4.0: ecosistemi capaci di supportare gli sforzi delle singole imprese digitalizzando l’intera supply chain.
Per questo sosteniamo la realizzazione di piattaforme intorno a ecosistemi tipici del Made in Italy, quali ad esempio, quelli della moda, del turismo, dell’alimentare.
Infine, ma non meno importante, la formazione di competenze digitali per i manager e per i dipendenti delle Pmi che riteniamo un pilastro fondamentale dei nuovi processi, che realizzeremo impegnando i fondi bilaterali.