Professione innovatori

Edoardo Gisolfi, presidente Gruppo Servizi Innovativi e Tecnologici di Confindustria Salerno: «Al Premio la creatività italiana si mette in mostra»

 

Presidente, anche nel corso dell’ultima edizione del Premio Best Practices per l’Innovazione di Confindustria Salerno – la dodicesima – il palco è stato tutto per piccole e grandi storie di innovazione: quali aspetti la hanno colpita di più?
Come ogni anno la cosa che mi colpisce di più è l’entusiasmo di tanti imprenditori provenienti da tutta Italia che, con grande passione, competenza e professionalità portano avanti il proprio progetto di impresa, la loro sfida per poter competere sui mercati internazionali e creare occupazione e crescita per il sistema Paese. Quest’anno abbiamo raccontato 109 storie di innovazione, tra aziende e startup, provenienti da ben 14 regioni di Italia (dalla Sicilia al Piemonte) e abbiamo favorito opportunità di collaborazione tra aziende, startup e i vari attori dell’ecosistema dell’innovazione del Premio promuovendo “dal basso” e in maniera concreta il paradigma dell’open innovation. Abbiamo visto come una PMI campana, la CTI Foodtech, sia riuscita a divenire il secondo player mondiale nella produzione di macchinari innovativi per la trasformazione della frutta, con oltre 100 brevetti depositati in tutto il mondo, e come molte startup abbiano trovato soluzioni altamente innovative, in alcuni casi “distruptive”.
Una di queste, segnatamente la Preinvel, subito dopo aver partecipato alla XII Edizione del Premio BPI ha vinto (aggiudicandosi 30.000 euro) la seconda edizione della ERG Re-Generation Challenge svoltasi a Salerno il 31 gennaio, organizzata dai partner del Premio BP dpixel e Gruppo Sella. Ma come queste ci sono decine e decine di altre piccole grandi storie di innovazione e di passione che ben rappresentano la creatività e la dinamicità delle PMI italiane, vera spina dorsale del sistema Paese.

Il Premio è anche una perfetta cartina di tornasole sulla quasi naturale capacità innovativa dei settori industriali. Per la sua esperienza, quali sono quelli più “adattivi” e quali, invece, quelli più resistenti al cambiamento?
Se fino a qualche anno fa il settore più dinamico era quello dell’ICT, per sua natura più propenso all’innovazione e alla introduzione di nuovi prodotti e servizi, da qualche anno a questa parte grazie a una maggiore competizione internazionale, a una crescente sensibilità verso i temi dell’innovazione e della green economy, alla presenza nelle aziende di giovani imprenditori anche comparti considerati più maturi hanno cominciato ad investire significativamente sia sull’innovazione di processo (grazie anche alle opportunità offerte dal piano nazionale per Industria 4.0), sia di prodotto, depositando un numero sempre maggiore di brevetti. Non a caso nelle ultime edizioni del Premio tra le aziende e le startup premiate, oltre a quelle del settore IT e Health-tech e Healthcare, ne figurano molte del packaging, agroalimentare, della gomma-plastica, della meccanica di precisione, della produzione di macchinari industriali “intelligenti”, delle costruzioni, dei nuovi servizi finanziari. Non credo, dunque, che, oggi, si possa parlare di settori più o meno “adattivi” o più resistenti al cambiamento ma, eventualmente, di imprenditori più o meno “adattivi” o resistenti al cambiamento.
Quello che abbiamo visto negli ultimi anni, però, ci fa ben sperare. Il tessuto imprenditoriale italiano, seppur tra mille difficoltà dovute allo scenario di contesto, è ancora caratterizzato da grandi capacità, professionalità, competenze e “inventiva” che fanno sì che l’Italia sia ancora il secondo Paese manifatturiero d’Europa.

Qual è stata la scoperta tecnologica che le ha rivoluzionato l’esistenza?
Considerata l’accelerazione degli ultimi anni nel settore dell’innovazione tecnologica, con impatti determinanti per non dire “rivoluzionari”, sarebbe difficile indicare una singola “scoperta” e/o tecnologia che “mi ha rivoluzionato l’esistenza”. Di sicuro si può dire che la grande accelerazione tecnologica e di innovazione degli ultimi 30 anni in tutti i settori è molto legata allo sviluppo crescente dell’ICT in senso lato (HW, telecomunicazioni, IA, Big Data, ecc.).
Trattandosi, però, di una domanda personale, preferisco dare una risposta personale. La mia esistenza non è stata rivoluzionata da una scoperta tecnologica, ma da una delle cose più antiche del mondo: la vita. La mia esistenza è cambiata con la nascita di mia figlia. Sarà banale ma è così. La più grande rivoluzione è sempre la vita, l’essere umano.

Ci crede nell’idea dell’intelligenza artificiale al potere? Siamo effettivamente prigionieri di una vecchia concezione di lavoro?
Sono molte le definizioni di Intelligenza Artificiale e molti e variegati i settori e ambiti di applicazione; molte etichette per una unica certezza: siamo davanti ad una rivoluzione destinata a cambiare non solo il nostro modo di lavorare ma anche la nostra vita, l’economia e gli equilibri politici mondiali.
Negli ultimi anni le grandi multinazionali (le Over The Top come Facebook, Google, Amazon, Apple e Microsoft) stanno facendo a gara per acquisire startup innovative nel campo dell’AI e per avviare e/o sostenere progetti di ricerca di cui già oggi vediamo alcuni frutti. La maturità tecnologica ha fatto sì che l’Intelligenza Artificiale passasse dall’ambito della ricerca a quello del business e, anche se a volte inconsapevolmente, della vita quotidiana di tutti noi. Basta citare a tal proposito l’AIM (Artificial Intellingence Marketing), l’utilizzo di algoritmi di Intelligenza Artificiale e Machine Learning con l’obiettivo di “persuadere” le persone a compiere un’azione, acquistare un prodotto o accedere ad un servizio.
Non è questione, pertanto, di credere o non credere nell’IA o di essere più o meno legati alla vecchia concezione del lavoro; di fatto questo è un “fenomeno” già in atto e come ogni innovazione, o “rivoluzione”, la IA non rappresenta di per sé né il “male”, né il “bene”, tantomeno possiamo fermare il progresso (non è nella natura dell’uomo).
L’importante è essere consapevoli delle opportunità e delle minacce e governare adeguatamente il fenomeno a livello mondiale in maniera equilibrata evitando di demonizzarlo o esaltarlo.