La delega fiscale in discussione al Parlamento

Il Comitato ristretto presso la VI Commissione permanente della Camera (Finanze),  Presidente Onorevole Daniele Capezzone (PDL), nella seduta di giovedì 08 agosto 2013, in merito alle disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita (delega al Governo per la revisione del sistema fiscale e procedura) per quanto riguarda la revisione del contenzioso tributario, in sede referente, ha adottato il seguente art. 10 che, per comodità, si trascrive per intero:

«Il Governo è delegato ad introdurre, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, norme per il rafforzamento della tutela giurisdizionale del contribuente, nonché per l’accrescimento dell’efficienza nell’esercizio dei poteri di riscossione delle entrate, secondo i seguenti principi e criteri direttivi»:

 

a)    Rafforzamento e razionalizzazione dell’istituto della conciliazione nel processo tributario, anche in un’ottica di deflazione del contenzioso e di coordinamento con la disciplina del contraddittorio fra contribuente e amministrazione nelle fasi amministrative di accertamento del tributo, con particolare riguardo a quei contribuenti nei confronti dei quali si configurano violazioni di minore entità;
b)    Incremento della funzionalità della giurisdizione tributaria, in particolare attraverso interventi riguardanti:
1)    la distribuzione territoriale dei componenti delle commissioni tributarie;
2)    l’eventuale composizione monocratica dell’organo giudicante in relazione a controversie di modica entità e comunque non attinenti a fattispecie connotate da particolari complessità o rilevanza economico-sociale, con conseguente regolazione, secondo i criteri propri del processo civile, delle ipotesi di inosservanza dei criteri di attribuzione delle controversie alla cognizione degli organi giudicanti monocratici o collegiali, con connessa disciplina dei requisiti di professionalità necessari per l’esercizio della giurisdizione in forma monocratica;
3)    l’ampliamento delle ipotesi in cui il contribuente può stare in giudizio senza assistenza tecnica;
4)    il massimo ampliamento dell’utilizzazione della posta elettronica certificata per le comunicazioni e notificazioni;
5)    l’attribuzione e la durata, anche temporanea e rinnovabile, degli incarichi direttivi;
6)    i criteri di determinazione del trattamento economico spettante ai componenti delle commissioni tributarie;
7)    la semplificazione e razionalizzazione della disciplina relativa al meccanismo di elezione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, in particolare attraverso la concentrazione delle relative competenze e funzioni direttamente in capo al Consiglio medesimo e la previsione di forme e modalità procedimentali idonee ad assicurare l’ordinato e tempestivo svolgimento delle elezioni;
8)    il rafforzamento della qualificazione professionale dei componenti delle commissioni tributarie, al fine di assicurarne l’adeguata preparazione specialistica;
9)    l’uniformazione e generalizzazione degli strumenti di tutela cautelare in ogni stato e grado del processo tributario;
10)   la previsione dell’immediata esecutorietà, estesa a tutte le parti in causa delle sentenze delle commissioni tributarie>>.
11)   Il suddetto Comitato ristretto riprenderà i lavori martedì 10 settembre 2013.
La previsione del giudice monocratico potrebbe interessare almeno il 40% delle liti tributarie; la misura, infatti, dovrebbe coinvolgere solo le “controversie di modica entità” e che non investono casi di “particolare complessità o rilevanza economica sociale”.

Al suddetto articolo, secondo me, si devono aggiungere i seguenti principi per rispettare scrupolosamente gli artt. 24 e 111, comma 2, della Costituzione, come più volte sottolineato nel presente articolo, per un “giusto processo tributario”:
A)    consentire al contribuente la possibilità di utilizzare tutti i mezzi istruttori previsti dal codice di procedura civile (come, per esempio la testimonianza), ad eccezione dell’interrogatorio formale;
B)    consentire espressamente la conciliazione giudiziale anche in grado di appello e durante il giudizio per Cassazione;
C)    allargare la competenza dei giudici tributari anche per le controversie che attengono all’atto del pignoramento ed agli altri atti dell’esecuzione forzata tributaria;
D)    consentire al contribuente la possibilità di impugnare sempre l’autotutela (sia espressa che tacita), senza porre alcuna limitazione di giudizio ai giudici tributari;
E)    quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, quest’ultima si deve considerare disposizione speciale. In questo caso,  unico organo competente a decidere è il giudice tributario. Questo principio vale  non solo in materia di imposte dirette ed IVA ma per tutti i tipi di imposte e tributi, senza alcuna eccezione;
F)    i giudici tributari possono decidere secondo equità, ai sensi e per gli effetti degli artt. 113 e 114 del codice di procedura civile;
G)    il giudice tributario deve limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributari, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione accertatrice del singolo ufficio tributario;
H)    prevedere la compensazione giudiziale, se invocata dal ricorrente in sede di impugnativa di una cartella di pagamento, quando sussiste l’esistenza di propri crediti per tributi, già portati a conoscenza dell’amministrazione finanziaria, in applicazione immediata dell’art. 8, comma 1, dello Statuto del contribuente, che non può essere considerato norma meramente programmatica, alla luce delle tendenze evolutive dell’ordinamento e dell’applicabilità delle disposizioni di diritto civile all’obbligazione tributaria;
I)    stabilire che i dati e le notizie acquisiti illegittimamente dall’amministrazione finanziaria devono sempre essere considerati come inidonei a fungere da prova, in quanto inutilizzabili sia nella fase dell’accertamento amministrativo sia in quella eventualmente contenziosa (come previsto in sede penale dall’art. 191 c.p.p. e rilevato più volte dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3852 del 16 marzo 2001 della Sezione tributaria);
J)    stabilire che spetta sempre al giudice tributario di pronunciarsi sulla domanda di ristoro patrimoniale per mancato tempestivo adeguamento della legge tributaria interna alla normativa comunitaria, in quanto tale domanda è subordinata al tributo;
K)    prevedere che le controversie tra sostituto d’imposta e sostituito, relative al legittimo e corretto esercizio del diritto di rivalsa delle ritenute alla fonte direttamente versate dal sostituto, volontariamente o coattivamente, sono sempre di competenza del giudice tributario, in quanto riguardanti un rapporto di natura tributaria e non semplicemente privatistica;
L)    infine, ritenere la giurisdizione tributaria competente a decidere sulle proposte di azione di risarcimento del danno per comportamento illecito dell’amministrazione finanziaria (sino ad oggi, invece, di competenza del giudice ordinario, come stabilito dalla Corte di Cassazione – Sez. I – con la sentenza n. 19458 del 23 settembre2011); secondo me, una volta modificata la struttura giudiziaria delle Commissioni Tributarie, con giudici a tempo pieno e professionalmente competenti, ben si può spostare la competenza agli stessi anche su questo particolare argomento, che pur sempre riguarda il rapporto tributario tra fisco e contribuente.

I suddetti principi sono stati più volte da me proposti in vari articoli, nonché:
–    nel mio libro “Per un giusto processo tributario” – Congedo Editore – Anno 2000 –in www.studiotributariovillani.it);
–    nel mio progetto di legge di riforma del processo tributario (che si può interamente visionare e scaricare dal mio sito dal 2006).

 

CONSIDERAZIONI FINALI

 

È apprezzabile che il Parlamento, finalmente, prenda atto dell’importanza del processo tributario e cominci a discutere la relativa, necessaria e urgente riforma per realizzare un “giusto” processo dove tutte le parti (pubbliche e private) devono trovarsi processualmente su un piano di perfetta parità, senza condizionamenti, limitazioni e pregiudiziali di inammissibilità (per una perfetta “parità delle armi”).
A tal proposito, è auspicabile che il processo tributario abbia anche una espressa dignità costituzionale, in modo da realizzare compiutamente i più volte citati principi degli artt. 24 e 111, comma 2, della Costituzione.
In tale favorevole contesto, è apprezzabile e condivisibile il progetto di legge, con l’auspicio e la speranza che i suggerimenti (di correzione e di integrazione) da me modestamente proposti possano rendere ancora più efficace ed incisivo il diritto di difesa del contribuente (e del suo difensore), oggi alquanto mortificato e compromesso.
Appunto per questo, è auspicabile un intervento deciso da parte del mondo professionale e imprenditoriale per sollecitare il Parlamento e il Governo ad una rapida approvazione del nuovo codice del processo tributario e della relativa delega fiscale.

Anche attraverso la riforma del processo tributario si può contribuire a risolvere i gravi problemi economici dell’Italia in recessione.
Infatti, oggi l’Italia è al primo posto tra le economie più industrializzate in termini di tasse e contributi sul totale dei profitti di una P.M.I., con un  total tax rate al 68,3% (stime della Banca Mondiale).
Infatti, un sistema fiscale per la “crescita” deve, soprattutto, far leva sulle imprese:
–    sul cuneo fiscale, perché la sua riduzione incide sull’offerta di lavoro e sulla convenienza ad investire;
–    sulla semplificazione, perché troppi lacci burocratici o richieste di adempimenti inutili scoraggiano e mortificano gli imprenditori;
–    sulla sensibile riduzione della spesa pubblica;
–    sul rinnovo e sul sostegno degli investimenti produttivi;
–    sulla riduzione della pressione fiscale;
–    sulla stabilità del sistema, perché un fisco semplice, certo, non ostile all’attività di impresa, oltre ad essere più facile da controllare, attrae le scelte degli investitori (anche esteri) e, di conseguenza, crea veramente posti di lavoro;
–    sulla certezza del diritto, perché i continui mutamenti legislativi, anche con effetti retroattivi (ignorando continuamente lo Statuto dei diritti del contribuente), come per esempio è accaduto con i crediti d’imposta (investimenti ed occupazione), scoraggiano gli imprenditori e mettono in crisi le aziende che hanno riposto fiducia nello Stato (c.d. principio di affidamento);
–    sulla competenza e professionalità del giudici tributari e, soprattutto in caso di accertamenti e verifiche fiscali, sulla possibilità di potersi difendere senza limitazioni, con “parità delle armi”, in un “giusto” processo tributario, come delineato nel presente articolo.

Adesso, per fortuna, l’impianto della delega fiscale sta procedendo speditamente, perché il comitato unico ristretto Camera–Senato lavora bene.
A parole sono tutti coraggiosi sulla necessità di riformare il sistema fiscale e di sostenere il settore manifatturiero, quello peraltro più soggetto alla dura competizione dei mercati mondiali, ma quando si tratta di tradurre in azioni concrete le enunciazioni di principi, almeno sino ad oggi, non c’è stato lo stesso coraggio ed impegno.
C’è, invece, molta timidezza nel ridurre il carico fiscale sugli “strumenti di lavoro” e nell’affrontare seriamente ed efficacemente i gravi  problemi della giustizia tributaria.

Ora è arrivato il momento che tutti, ma soprattutto il mondo professionale e imprenditoriale, si sveglino e sollecitino il Parlamento a riformare totalmente il processo tributario, come necessario sostegno della ripresa.