Infortuni e responsabilità del datore di lavoro

LUIGI DE VALERI WEB copyPuò capitare non di rado che le normali modalità lavorative vengano ignorate dal lavoratore in maniera arbitraria con l’evidenziarsi di rischi diversi da quelli inerenti le usuali modalità di esecuzione della prestazione, tale modus operandi esonera il datore di lavoro da ogni responsabilità per l’infortunio del dipendente?

Vediamo di scoprirlo. Il caso che sottopongo ai lettori è stato di recente esaminato dalla sezione lavoro della Cassazione e deciso con la sentenza n. 21647 depositata il 14 ottobre 2014. Essa riguardava l’infortunio di un lavoratore caduto da un’altezza di circa dieci metri dal suolo mentre era intento ad una riparazione sul tetto di un capannone.

L’istruttoria accertava che il punto della caduta era molto distante dai camminamenti sul tetto e che nel sito non vi erano parapetti o impalcature ma soltanto un parapetto naturale costituito dalla struttura stessa, la caduta si era verificata quando non era ancora possibile creare la struttura cui agganciare le cinture di sicurezza.

Il lavoratore, quindi, si era spostato dove non vi era ancora il camminamento a tavoloni e allontanato da dove aveva predisposto le misure di sicurezza, ignorando pertanto l’ordine ricevuto di realizzare un camminamento fino al punto in cui intervenire e allontanandosi da dove aveva predisposto le misure di sicurezza.

L’INAIL, che aveva svolto dinanzi il Tribunale di Udine la domanda di regresso, per recuperare quanto versato in conseguenza dell’infortunio sul lavoro, nei confronti del datore di lavoro e della compagnia di assicurazione ex artt. 10 e 11 del DPR 1124 del 1965 poi respinta in primo grado e in appello, impugnava la sentenza della Corte d’Appello di Trieste sulla base di tre motivi di cui i primi due venivano rigettati, mentre il terzo motivo di doglianza, l’unico accolto dai giudici di piazza Cavour, si riferiva alla parte in cui il comportamento del lavoratore era erroneamente configurata come condotta anomala, esorbitante o atipica.

Va ricordato che le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza e imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente.
Non può attribuirsi un effetto esimente per il datore l’eventuale concorso di colpa del lavoratore. L’esonero totale da ogni responsabilità si configura solo quando presenti i caratteri dell’abnormità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute ponendosi come causa esclusiva dell’evento.

In tal caso è necessaria una rigorosa dimostrazione dell’indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro, ovvero l’estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere.

Cosa si intende per rischio elettivo? In materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro costituisce rischio elettivo la deviazione, arbitraria ed animata da finalità personali, dalle normali modalità lavorative, che comporta rischi diversi da quelli inerenti le usuali modalità di esecuzione della prestazione.

La sentenza di secondo grado si era limitata a rilevare che l’infortunato aveva riferito di essersi incamminato dove non vi era ancora il camminamento a tavoloni, nella suddetta fase di preparazione, e di essersi allontanato diversi metri da dove egli stesso aveva predisposto le misure di sicurezza e che il lavoratore aveva disatteso l’ordine ricevuto di realizzare un camminamento fino al punto in cui intervenire, allontanandosi inopinatamente da dove aveva predisposto le misure di sicurezza.

Il Giudice di appello non aveva chiarito se nella condotta del lavoratore erano rinvenibili tutti gli elementi per configurarla come abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute dal dipendente.

La sentenza impugnata è stata cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Venezia che dovrà attenersi nell’ulteriore esame del merito della controversia al seguente principio: «in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, costituisce rischio elettivo la deviazione, puramente arbitraria ed animata da finalità personali, dalle normali modalità lavorative, che comporta rischi diversi da quelli inerenti le usuali modalità di esecuzione della prestazione.Tale genere di rischio – che è in grado di incidere, escludendola, sull’occasione di lavoro -si connota per il simultaneo concorso dei seguenti elementi: a) presenza di un atto volontario ed arbitrario, ossia illogico ed estraneo alle finalità produttive; b) direzione di tale atto alla soddisfazione di impulsi meramente personali; c) mancanza di nesso di derivazione con io svolgimento dell’attività lavorativa. Soltanto se nella condotta del lavoratore siano, in concreto, rinvenibili tutti tali elementi essa si può considerare idonea a comportare l’esonero totale del datore di lavoro da ogni responsabilità rispetto all’infortunio. Se, invece, l’incidente si sia verificato per colpa esclusiva o concorrente del lavoratore, tale situazione non esclude la responsabilità del datore di lavoro, tanto più in ipotesi particolarmente delicate, quali sono quelle di caduta dall’alto verificarsi nella fase iniziale di approntamento delle misure protettive, come quella di cui si tratta».