Alex Giordano, Rural Hub: «Il cibo torni a evocare la comunità di cui è espressione»

alex giordano

Per il Presidente e Direttore Scientifico del centro di ricerca non convenzionale su agricoltura e nuova ruralità «il prodotto di qualità non può soltanto arricchire chi lo vende e lo compra, ma deve creare valore nel territorio da cui muove»

Alex, l’alimentazione – e più in generale il cibo – sono al centro della Esposizione Universale di Milano 2015. Il cibo e l’agricoltura sono anche una tua vasta area di interesse di studio, tant’è che da qualche anno è nato Rural Hub. Cos’è e quali sono le naturali ambizioni di questo progetto?
Rural Hub connette persone e competenze legate all’innovazione sociale in ambito rurale, promuove lo scambio e la condivisione di tecnologie e progetti sostenibili nel settore agroalimentare, un comparto strategico per lo sviluppo economico del Paese. Rural Hub è, soprattutto, un centro di ricerca non convenzionale su agricoltura e nuova ruralità che aspira a consolidarsi sempre più come agente di cambiamento. Credo che ogni soggetto, che sia economico o istituzionale, per generare innovazione deve rispondere ai bisogni del proprio tempo e del proprio territorio, rappresentando un’istanza di cambiamento.

Il cibo è diventato, specie negli ultimi anni, “l’argomento” di molte discussioni, iniziative, addirittura più semplicemente l’argomento più up delle conversazioni. Tutta questa attenzione però non ha in qualche modo eroso il valore reale del cibo? Come si restituisce valore a un prodotto, specie se si tratta di un prodotto vivo, legato alla terra?
Nella Conventional Value Chain, il prodotto è ridotto a effimero escamotage per mettere in moto altri meccanismi di valorizzazione economica come la logistica o il branding, che crea finte storie sui prodotti, o ancora la finanza, che opera attraverso interessi differenziali.
Bisogna restituire valore al prodotto reintegrandolo nelle comunità in cui nasce. Le comunità non vanno considerate come target da colpire ma come attori da coinvolgere nel processo, attraverso meccanismi di disintermediazione, uno storytelling autentico che racconti il valore evocativo dei prodotti, e una redistribuzione alle comunità del valore materiale e immateriale generato alle comunità.
Il prodotto di qualità non può soltanto arricchire chi lo vende e lo compra, ma deve creare valore nel territorio di cui è espressione. E, in particolare al Sud, questo è vitale.

Il legame prodotto-territorio quanto è autentico oggi? 

È assai poco autentico nel marketing, viceversa lo è molto nelle narrazioni spontanee “dal basso” nei social. Diciamo che più che interrogarci su come vendere la mozzarella di bufala a New York dovremmo
preoccuparci di capire come far venire i newyorkesi qui a mangiare la mozzarella e come far vivere le persone nel suo ecosistema.

In un tuo recente libro sostieni che all’impresa più di tutto oggi manchi un nuovo modello organizzativo. Vale lo stesso per le imprese che si muovono nel mondo della ruralità?
Ancora una volta parliamo di societing. In questocaso, a proposito delle reti di produttori. In ambito rurale stiamo ancora indietro, eppure comincia a cambiare la mentalità, nascono nuovi strumenti a supporto (come, ad esempio, contratti di rete) e moltissimi giovani con una cultura globale ed elevate job skills stanno generando un modello sociale ed economico estremamente innovativo. È ciò
che definiamo Rural Social Innovation System, un modello che tiene insieme People/ Planet /Profit in modi molto creativi.

 

Le innovazioni tecnologiche trovano nuovi spazi nel mondo rurale?
In ambito rurale è pieno di innovazioni molto sofisticate: dalla robotica all’utilizzo dei social media. A Rural Hub proponiamo programmi di formazione di alto profilo ma anche molto accessibili. Un esempio ormai mainstream è Arduino, il celebre progetto di hardware open source, che consente di realizzare con pochi euro e rapidamente prototipi agricoli utilissimi, come un impianto d’irrigazione automatica.
La definiamo Smart Rurality, un ritorno alla terra che non ha nulla di retorico o di nostalgico.

La bio
Personaggio eclettico, Alex, fin da bambino gioca con tutte le tecnologie per la comunicazione (fax, fotocopiatrice, radio, modem… ), è stato tra i pionieri italiani di internet. Fonda nel 2000 il collettivo NinjaMarketing primo blog/osservatorio sul marketing non-convenzionale ed i social media con il quale diventa un riferimento italiano nella cultura del social networking e, più in generale, dell’innovazione. È Membro dello IADAS (Accademia di  Arti e Scienze Digitali di New York), autore con Mirko Pallera e Bernard Covà del best seller tra i manuali di economia e comunicazione “Marketing Non Convenzionale: virale, guerriglia, tribale, societing ed i 10 principi del marketing post-moderno” (Edizioni Il Sole 24 Ore).
Formatore e progettista di diversi master, da anni presta docenza nei più prestigiosi atenei italiani (Milano, Urbino, Roma, Siena, Napoli, Salerno) ed in diverse realtò internazionali. Addvisory Board del progetto di ricerca “Responsible Business in the Blogsphere” presso il Center for Corporate Values della Copenhagen Business School; docente di web communication e marketing mediterraneo presso l’istituto Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri e direttore scientifico del Forum Internazionale sul Marketing e Management Mediterraneo, progetto di ricerca italo-francese (Euromed-Bocconi) che lavora su un modello di Marketing sostenibile. Dal 2005 al 2011 è stato Chief Digital Strategist della Digital Media Company Ninjalab curando progetti per aziende del calibro di: Google, RAI, MTV, Cantine Antinori, Saiwa, Diesel, Heineken, Barilla, Tim, Mulino Bianco, Vodafone ed altri.
Lavora al gruppo di ricerca sul Societing per la creazione di un modello applicativo di Etnografia Digitale come metodologia di base per i progetti di Social Innovation. Si occupa di ricerca in campo di Etnografia Digitale e Netnografia dirigendo il Centro Studi Etnografia Digitale da lui co-diretto con Adam Ardvisson. 
Direttore Scientifico delle scuole di perfezionamento sulla Netnografia “Digital Ethnography Week” organizzate dall’Università di Milano, dalla Fondazione Ahref e dal Centro Studi Etnografia Digitale.
Ha curato le voci relative alla cultura digitale ed al social media marketing dell’Enciclopedia Treccani. Direttore scientifico del Festival di Internet di Pisa (2013) e membro del board della Maker Fair di Roma (2013). È considerato tra i massimi esperti di Social Innovation.