Philip K. Dick e le radici del futuro

Il maggior merito dell’autore, oltre la forza di una scrittura d’altissima qualità, è aver saputo “utilizzare” il tema della fantascienza come nucleo di una continua sperimentazione stilistica. I suoi scritti sono affollati da labirinti, specchi e personalità multiple. Le sue trame sono sempre dentro una cromatura estremamente stratificata

Parlare dello scrittore statunitense Philip K. Dick significa entrare in un magma complesso e stratificato. Non è facile, quindi, raccontare l’inventore di “Ubik”, “Le tre stimmate di Palmer Eldritch” e “La svastica nel cielo”. Non è facile parlare di chi è riuscito a rendere le proprie pieghe della paranoia come una trama del sublime. Un autore fondamentale per il Novecento. Un narratore di grande innovazione e sempre dentro una magia infinita che -assieme ad Isaac Asimov, James Ballard, Thomas Pynchon, Kurt Vonnegut e William S. Burroughs – ha dettato i canoni della scrittura fantascientifica.

Philip K. Dick è un narratore che decisamente s’inserisce tra i grandi visionari della nostra modernità. Giustamente Fabio Arciere (giovane studioso di mediologia e attento analista dello scrittore americano) ha sottolineato che «all’interno della sua vasta produzione narrativa Philip K. Dick intercetta e anticipa frequentemente un sentire che conduce già al di là delle forme del Moderno, e lo fa adoperando gli elementi forniti da quello straordinario meccanismo di convergenza fra innovazione scientifica e profondo desiderio tecnologico del pubblico metropolitano che dà vita al genere fantascientifico».

Autore di pagine di densa bellezza e di lucida inquietudine dove la realtà viene regolarmente contraffatta, manipolata, adulterata, intimamente violentata. L’uso delle droghe, sovente, compare come elemento cardine della sua narrazione. La spiritualità è un processo di costante presenza. Così come il dominio tardo capitalista e la dimensione di mondi paralleli. Il suo maggior merito, oltre la forza di una scrittura d’altissima qualità, è aver saputo “utilizzare” il tema della fantascienza (e dei futuri possibili) come nucleo di una continua sperimentazione stilistica. Infatti Dick sposta radicalmente il tema fantascientifico dalla pura visionarietà del suo tempo e lo contamina con elementi di cultura underground, riflessioni socio-politiche, prassi paranoiche e considerazioni cristianologiche.

La sua scrittura è affollata da labirinti, specchi e personalità multiple. Le sue trame sono sempre dentro una cromatura estremamente stratificata. Leggendo ancora Fabio Arcieri: «L’originalità di Philip K. Dick, la sua grande intuizione, sta pertanto nel cogliere, all’interno del corpo sociale americano dei primi anni Sessanta, la centralità della comunicazione di flusso dettata dai media elettrici. Una centralità che, attraverso il suo sguardo distopico, si traduce in mistificazione e falsificazione del reale e strumento di controllo politico da parte dell’élite dominante».

Un’originalità, a ben vedere, oggi più che mai attuale. Inoltre, su ogni cosa è la tensione filosofica ad avere il predominio. Tanto che uno dei suoi maggiori studiosi, Antonio Caronia, volle definirlo “il filosofo mascherato”. Stabilendo come ulteriore primato di stile una suadente ironia che ci ha regalato pagine di grande esuberanza, soprattutto quando si tratta di parodiare gli intellettuali, gli artisti, i creativi o il lavoro culturale: «Il guaio di farsi una cultura è che il processo richiede molto tempo, ti brucia la parte migliore della vita, e quando hai finito l’unica cosa che sai è che ti sarebbe convenuto di più fare il banchiere».

Dopo la morte, nel 1982 a 54 anni, esplode il culto di Dick. Fino a diventare talmente riconoscibile come una categoria letteraria. Uno stile di riferimento. Un modo di dire: subito dopo “le atmosfere kafkiane”, troviamo “l’universo alla Dick”. E sicuramente il cinema ha dato un contributo di notevole diffusione alle opere dello scrittore: “Blade runner”, “Minority report”, “Un oscuro scrutare”, “Matrix”.

E gli immaginari di filmaker come David Lynch o David Cronenberg che più volte si son dichiarati lettori di Dick. Senza dimenticare la musica, la serialità televisiva o il fumetto.