La mediazione delle liti tra emergenza deflattiva e trasformazioni culturali

marco marinaroIl VI Rapporto Isdaci sulla diffusione della giustizia alternativa in Italia segnala che per il 2012 sono state ben 243.281 le domande di ADR depositate nei Centri di risoluzione italiani, con una crescita del 72% rispetto al 2011. In questo contesto il ruolo dominante è chiaramente ricoperto dalla mediazione civile e commerciale, le cui domande, pari a 154.879, fanno segnare un sostanzioso incremento del 154,7% rispetto all’anno precedente

 

Sono trascorsi appena due mesi dal ritorno della mediazione obbligatoria e non è quindi possibile effettuare alcuna analisi statistica sugli effetti che il ripristino e, soprattutto, le modifiche apportate dal legislatore possono aver prodotto sulla operatività del procedimento rispetto al periodo che ha preceduto la declaratoria di illegittimità costituzionale (sentenza della Corte costituzionale n. 272/2012 annunciata con un comunicato stampa del 24 ottobre 2012).

Tuttavia, in questi giorni è stato reso noto il VI Rapporto Isdaci sulla diffusione della giustizia alternativa in Italia che segnala un dato di particolare interesse. Infatti, nonostante il periodo di stasi determinato dalla citata pronuncia della Consulta, nel rapporto si registrano per il 2012 ben 243.281 le domande di ADR depositate nei Centri di risoluzione italiani, con una crescita del 72% rispetto al 2011. In questo contesto il ruolo dominante è chiaramente ricoperto dalla mediazione civile e commerciale, le cui domande, pari a 154.879, fanno segnare un sostanzioso incremento del 154,7% rispetto all’anno precedente.

Un consistente aumento si segnala anche per le conciliazioni nelle liti in materia di telecomunicazioni presso i Corecom, che con un totale di 70.000 segnano un incremento del 25,7% rispetto al 2011. Altre forme di giustizia alternativa, quali ad esempio le negoziazioni paritetiche, con 17.626 domande e l’arbitrato amministrato, con 735 domande, sono rimasti stabili.
Segnali dunque positivi come quelli che di recente sono stati resi noti in un altro rapporto che annualmente fornisce una serie di indicatori utili per fare impresa. Si tratta dell’ormai noto “Doing business” (World Bank) che, tra gli altri dati, fornisce alle imprese anche uno specifico indicatore sulla giustizia civile (“enforcing contracts”) e, quindi, in particolare sulla celerità dei processi oltre che sui costi necessari a tutelare in quella sede i propri diritti.

Ebbene, per la prima volta, dopo molti anni, il rapporto segnala una interessante variazione di tendenza. L’Italia, che si era attestata nel rapporto 2012 al 160° posto e nel 2013 al 140° posto (su 185 Paesi esaminati), per il 2014 si colloca al 103° posto. Una scalata significativa, in breve tempo, ma che non può essere pienamente soddisfacente ad una più attenta osservazione.

Invero, dalla lettura dei dati emerge che, purtroppo, la pur importante inversione di tendenza deriva da una riduzione della durata del processo di soli 25 giorni. Infatti, se la durata media precedentemente era stimata in 1.210 giorni, attualmente è pari a 1.185. Ancora troppo poco per poter in qualche modo confrontare seriamente i dati del sistema giustizia italiano con quello francese che registra una durata media di 395 giorni (7° posto in graduatoria) e quello tedesco che segna una durata media di 394 giorni (6° posto in classifica).

Tuttavia, questi dati appaiono significativi e teoricamente convergenti, in quanto l’incremento dell’utilizzo dei sistemi di ADR è destinato a condurre ovviamente ad un decremento del carico giudiziale in tal modo consentendo di pervenire in tempi più ragionevoli alla conclusione di un processo civile. Non senza rimarcare come la mediazione e gli altri sistemi di composizione delle controversie stragiudiziali potranno sempre più affermarsi e mostrare la loro utilità una volta usciti dall’emergenza deflattiva che distorce inevitabilmente ogni prospettiva. Una giurisdizione statale efficiente costituisce una condizione imprescindibile e prioritaria perché l’intero sistema giustizia nelle sue diverse articolazioni e peculiarità possa rispondere adeguatamente alla domanda.

Sussiste infatti una stretta interdipendenza tra il funzionamento della giurisdizione statale e il corretto funzionamento dei metodi complementari alla stessa. Un panorama sempre più ampio e articolato nell’ambito dell’autonomia privata destinato ad allargarsi e consolidarsi con il recepimento della recente Direttiva 2013/11/UE (ADR per i consumatori) fissato il 9 luglio 2015.

Sistemi negoziali o aggiudicativi, regolamentati e incentivati, sono destinati quindi ad ampliare l’offerta di giustizia per una domanda sempre più estesa e complessa rispetto alla quale la giurisdizione statale diviene la tutela ultima e irrinunciabile chiamata a dirimere quelle istanze che non hanno trovato migliore composizione seguendo percorsi che, adeguandosi alle singole controversie, tentano di offrire soluzioni in grado di soddisfare – con tempi e costi ridotti – gli interessi perseguiti dalle imprese e dai consumatori.

In questa prospettiva particolare interesse suscitano anche le notizie che pervengono sia dal fronte giurisprudenziale, sia da quello legislativo.
Sul versante giudiziario, infatti, sono sempre più frequenti le ordinanze con le quali i magistrati applicano le nuove norme in materia conciliativa. Il riferimento è, da un lato, alla mediazione delegata (e quindi alla possibilità per il giudice nel corso del processo di ordinare alle parti di tentare la mediazione in sede stragiudiziale) e, dall’altro, alla proposta conciliativa formulata dal medesimo giudice prima che l’istruttoria sia conclusa. Sono note in proposito le recenti ordinanze del Tribunale di Roma, del Tribunale di Milano, del Tribunale di Firenze, che in diverse materie e anche in un giudizio di appello, hanno separatamente o alternativamente proceduto con la mediazione delegata e/o con la proposta conciliativa. Nei prossimi mesi sarà interessante esaminare gli esiti di questa attività per valutarne la concreta utilità ai fini deflattivi invocati dal legislatore.

Sul fronte normativo, invece, mentre l’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia ha finalmente avviato i controlli sugli organismi di mediazione (controlli “a campione “ e “su segnalazione”), è stata anche emanata una Circolare tecnica il 15.11.2013 (Dir. Gen. di Statistica-Min. Giustizia) che indica agli organismi le modalità di inserimento dei dati, precisando altresì che «la mancata comunicazione dei movimenti di procedimenti sarà considerato indizio di inattività dell’Organismo che potrebbe condurre alla sospensione, e nei casi più gravi, alla cancellazione dal registro, come previsto dall’art. 10 del DM 18 Ottobre 2010, n. 180 e ribadito nelle successive circolari ministeriali».

E in attesa della preannunciata circolare interpretativa che dovrebbe a breve intervenire per fornire chiarimenti in ordine alla riforma attuata con il decreto “del fare”, il Governo con il piano “Destinazione Italia” approvato il 19 settembre 2013 (il cui testo è in consultazione con scadenza 9 dicembre 2013) ha previsto tra le misure per migliorare i tempi della giustizia civile (quale obiettivo essenziale per attrarre investimenti) l’intenzione di rafforzare gli incentivi alla mediazione (elevando la soglia per l’esenzione dall’imposta di registro per gli accordi raggiunti in mediazione). Inoltre si intende rendere possibile la rinuncia all’assistenza legale nel procedimento di mediazione.

Un quadro complesso per un cantiere ancora aperto e destinato a rimanere tale a lungo. La forte spinta dell’emergenza deflattiva, le vincolanti indicazioni dell’Unione europea, l’esigenza di un riequilibrio ecologico del tasso di litigiosità, costituiscono i fattori condizionanti di un percorso verso l’abbandono di quella che è stata autorevolmente definita la “cultura del conflitto” verso la “cultura della conciliazione”. Un approccio alla soluzione del conflitto in chiave non distruttiva, ma costruttiva ove prevale l’approccio non avversariale, ma consensuale. Senza rinnegare anche contesti avversariali non distruttivi ove prevale il fair play e la cooperazione per una soluzione giusta o equa.

Un percorso necessario e irreversibile che progressivamente trasformerà geneticamente l’approccio conflittuale esasperato di operatori e utenti frutto di una cultura del contenzioso ormai desueta. I benefici del sistema giustizia e del connesso sistema economico saranno notevoli e duraturi, perché in grado di incidere sul profilo relazionale del conflitto.