L’efficienza della giustizia civile per la crescita economica

m marinaro bigL’inefficienza del sistema giudiziario civile riduce la propensione a investire, disincentivando lo sviluppo delle imprese e dei mercati finanziari. Se la giustizia è lenta si produce perdita di valore nell’intero sistema economico

 

«La crescita è l’unica direzione del Paese, dobbiamo costruirla insieme». Sono le parole del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, in un recente convegno, il quale, qualche anno addietro, scriveva nell’incipit di una prefazione a un libro sui temi della giustizia civile che «Una giustizia rapida ed efficace è il sogno di ogni imprenditore».

Oggi più di ieri l’imperativo espresso dal presidente Boccia deve trovare accoglimento e condivisione perché il sistema Paese possa divenire competitivo consentendo di tornare a crescere. E uno dei settori che non può ritenersi estraneo alle esigenze della crescita e che, quindi, deve divenire competitivo è quello della giustizia civile.

Già da almeno un decennio una serie di studi hanno posto in evidenza come il tema giustizia sia centrale anche per la crescita economica. I tempi dei processi sono irragionevolmente lunghi e questo appare inaccettabile in un Paese civile. Secondo gli studiosi di queste tematiche ai fini della valutazione del grado di efficienza di un sistema giudiziario la variabile più rilevante è quella dei “tempi medi” di risoluzione delle controversie, perché suscettibile di incentivare il ricorso pretestuoso alla giustizia (comportamenti opportunistici), creando una congestione che si autoalimenta (componente patologica della domanda di giustizia civile).

È stato infatti rilevato che ciò incide negativamente sulla fiducia dei cittadini e delle imprese, rendendo eccessivamente rischiosa l’attività d’impresa. L’inefficienza del sistema giudiziario civile riduce in tal modo la propensione a investire, disincentiva la crescita delle imprese e ostacola lo sviluppo dei mercati finanziari. Le scelte di finanziamento vengono distorte e frenano gli investimenti dall’estero.
Gli studi teorici sui temi dell’efficienza della giustizia civile e dei suoi effetti sull’economia sono relativamente recenti, ma le rilevazioni statistiche hanno da tempo accertato una diretta incidenza dell’una sull’altra. La variabile “tempi” per il processo civile diviene centrale in quanto produce altresì un aumento dei costi e consistenti fenomeni di autoalimentazione della domanda. La lentezza quindi sia quale “indicatore” dell’inefficienza della giustizia, sia quale “causa” della stessa. Dette caratteristiche della lentezza emergono anche quando si esaminano le interazioni tra efficienza della giustizia civile ed efficienza del sistema economico. È stato rilevato infatti come una giustizia lenta intralci il corretto funzionamento della concorrenza nel mercato dei prodotti, producendo una perdita di efficienza nell’intero sistema economico.

E allora per crescere, occorre migliorare l’efficienza della giustizia e, piuttosto che ricercare le soluzioni in nuove riforme del processo civile, bisogna lavorare sull’efficienza organizzativa degli uffici che operano per lo più secondo meccanismi ormai inadeguati. In questa prospettiva il processo telematico costituisce sicuramente una straordinaria innovazione tecnologica e culturale che potrà supportare un rinnovato sistema organizzativo degli uffici giudiziari.

Ma la mera riorganizzazione, che pur sembra indispensabile, apparirebbe una scelta miope se non fosse accompagnata da un rinnovato approccio alla cultura del conflitto in una prospettiva che recida il binomio, che sino a qualche anno addietro appariva indissolubile, tra controversia civile e processo statale, tra l’insorgere della lite e l’accesso alla giurisdizione dello Stato.
Le riforme, che dal 2010 con l’introduzione della mediazione delle liti civili e commerciali sulla spinta delle indicazioni dell’Unione europea hanno allargato l’orizzonte dei sistemi di risoluzione delle controversie con la disciplina dei c.dd. procedimenti ADR (Alternative Dispute Resolution), hanno consentito di comprendere quanto sia rilevante per migliorare l’efficienza del sistema della giustizia civile e, quindi, del sistema economico diffondere e promuovere una nuova cultura dell’accesso alla giustizia civile.
Insomma accanto a un processo giurisdizionale rapido ed efficiente, occorre sviluppare gli strumenti di ADR e cioè quei procedimenti che, riaffermando la centralità dell’autonomia privata anche nella fase della gestione della lite, possono concorrere a una soluzione più adeguata al soddisfacimento degli interessi delle parti, conseguendo altresì anche un fisiologico riequilibrio tra domanda e offerta di giustizia.

Economicità, rapidità, negozialità della soluzione costituiscono le premesse di un nuovo modo di intendere l’accesso alla giustizia civile attraverso gli ADR che corre parallelo all’indispensabile strumento giudiziale statale, ove si riaffermano le tutele dei diritti, quando richieste perché necessarie. E l’efficienza di quest’ultimo diviene il presupposto necessario per lo sviluppo degli altri.
In questa prospettiva un ruolo cardine assume la Direttiva 2008/52/CE in materia di mediazione civile e commerciale, che all’articolo 1 fissa un ambizioso obiettivo agli Stati membri: «facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie» promuovendo la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso alla mediazione. Quindi promuovere e incoraggiare soluzioni amichevoli con particolare attenzione alla mediazione, «garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario».

Un equilibrio tra mediazione e processo che riscrive il sistema della giustizia civile in una diversa logica nella quale i due percorsi appaiono differenti, ma complementari, funzionali a diversi meccanismi risolutivi, ma integrati. Appare chiaro tuttavia che la chiave qualitativa non può e non deve escludere quella quantitativa proprio al fine di un riequilibrio tra i diversi procedimenti alleggerendo e filtrando le domande di giustizia che possono trovare risposta in mediazione o attraverso altri metodi estragiudiziali. In questa ottica, forme di obbligatorietà appaiono promozionali e necessarie a fondare un approccio responsabile alla gestione della lite, come anche incentivi e sanzioni finalizzati ad orientare buone prassi e un utilizzo adeguato di tutti i percorsi.

E nel solco segnato dalla Direttiva di una relazione bilanciata tra mediazione e procedimenti giudiziari si delinea sempre più nitido un approccio ecologico alla soluzione delle controversie per un sistema sostenibile della giustizia civile, rispondendo alle esigenze di competitività del Paese. Un sistema ampio e poliedrico di dispute resolution, nel quale la giurisdizione statale si colloca quale centro gravitazionale dell’intero sistema a garanzia del diritto al ricorso effettivo ad un giudice imparziale, secondo quanto sancito dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.