Bill Viola, dal video alla pittura

Affascinato dall’arte antica, l’artista ne ha voluto rileggere la storia, soprattutto per quanto riguarda i temi della Nascita e della Morte, e quindi della Conditio Humana, in un’ottica del tutto innovativa e moderna

 

Per Bill Viola «fare video è come dipingere, fermiamo immagini in movimento.
L’artista, che usi i pennelli o la tecnologia, è per me uno sciamano, un mago. Cattura l’energia e riesce a comunicarla in una sorta di neoumanesimo».
Bill Viola è uno dei pionieri e innovatori della videoarte, il cui lavoro ha contribuito alla rottura di quel velo di diffidenza che il mondo dell’arte ha sempre nutrito nei confronti di questo tipo di forma espressiva.
Quasi come se avesse creato un mondo nuovo, parallelo al nostro, ci ha permesso di entrare, sbirciare attraverso le sue opere uniche; è un vero e proprio universo a sé stante, fatto di immagini, suoni, corpi che prendono vita in maniera anticonvenzionale, come se si distaccassero dal mondo terreno, come “affreschi digitali pervasi da una diffusa energia spirituale”.
Le sue opere sono a tutti gli effetti dei dispositivi sospesi nel tempo e nello spazio, sospesi tra l’iconografia pittorica classica e la ricerca di nuove tecnologie, tese ad ampliare e completare
l’articolato discorso sull’opera in toto dell’artista.
La tecnologia stessa non deve essere considerata come un ostacolo alla “vecchia” concezione di arte, né tantomeno come un dispositivo fine a se stesso; essa è infatti, per Viola, uno strumento capace di espandere la propria coscienza, di toccare «l’inconscio sommerso della dimensione del Sé».
Uno dei legami più importanti nell’opus di Viola va ricercato a partire dai primi anni Settanta del ‘900: nel 1975, infatti, Bill Viola decise di lasciare New York per approdare in Italia, a Firenze precisamente, dove per un anno e mezzo lavora presso Maria Gloria Bicocchi,  fondatrice dell’atelier di produzioni video, Art/Tapes22.
Dopo quest’esperienza, torna in Italia nel 1993, ospite della rassegna video d’autore di Taormina, e due anni più tardi, nel 1995, realizzando la serie di installazioni “Buried Secrets” per il Padiglione Statunitense della Biennale di Venezia; infine lo vediamo, ancora una volta, protagonista di una mostra formata da circa 15 installazioni, realizzata tra il 2008 e 2009 al Palazzo delle Esposizioni di Roma:
la personale dell’artista “Visioni Interiori”. Siscorge quindi che il legame va ricercato tra le opere dell’artista e l’Italia. Bill Viola infatti, fin dal suo primo viaggio, venne straordinariamente affascinato dall’arte Rinascimentale italiana, tanto da averlo poi condizionato per la creazione di molti dei suoi video più importanti; in effetti, guardando alle sue opere, è come se l’artista americano, attraverso l’uso della tecnologia, avesse voluto rileggere la storia dell’arte antica, dei Vecchi Maestri, soprattutto per quanto riguarda i temi della Nascita e della Morte, e quindi della Conditio Humana,

attraverso un’ottica del tutto innovativa e moderna.
In un’intervista redatta per la mostra romana “Visioni Interiori”, Bruno di Marino chiede all’artista da cosa nasce l’esigenza di prendere a modello la pittura del passato.

Viola racconta di come, dopo essersi diplomato alla scuola d’arte nel 1973, si sia totalmente allontanato dalla storia dell’arte.
Dopo dieci anni, fermatosi a Madrid, decise di visitare il museo del Prado, una delle pinacoteche più importanti del mondo.
Viola racconta che mentre visitava le varie sale del museo dedicate a Van der Weyden, Bosch, Velasquez, Goya, iniziò a piangere.
In quel momento si dissolse completamente la distanza che lo aveva separato dai vecchi maestri del passato, un amore nato durante il suo viaggio in Italia nel 1974: «Tempo e spazio, passato e presente, erano la stessa cosa».
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Viola capì in quel momento che i cosiddetti “vecchi maestri” non erano altro che “giovani radicali”: Masaccio, Michelangelo, Raffaello, erano artisti influenzati da nuove idee tecniche e scientifiche; avevano all’incirca venti anni quando crearono i loro primi grandi lavori.
Insomma per l’artista è inevitabile fare un paragone tra l’arte antica e il mondo moderno;  «una volta stabilita questa relazione, e cioè che tutta l’arte a quel tempo era avanguardia, si colgono solo connessioni e affinità, non fratture».
Da qui nasce l’imprescindibile punto di riferimento che è l’arte antica; il lavoro di Viola però non è quello di citare, appropriarsi o riprodurre fedelmente un’opera del passato, bensì guardare alle opere dei “giovani radicali” come modelli per la sua concezione dell’immagine.
E questo lo testimoniano, dal 1995 in poi, almeno 4 sue straordinarie video installazioni: “The Greeting” (1995), “The Passions” (2000), “Catherine’s Room” (2001) ed “Emergence” (2002).