Tom & Cherry, innovazioni lungo la filiera dell’industria del pomodoro

In questo progetto gli scarti da costo diventano risorsa. I ricercatori dell’Università di Salerno hanno messo a punto dei processi innovativi per l’estrazione di sostanze di interesse nutraceutico e commerciale

La filiera dei derivati del pomodoro del Sud è certamente una dei principali artefici del successo registrato a livello internazionale dal “made in Italy alimentare” anche perché queste produzioni hanno saputo coniugare la tradizione con una elevata qualità. Contemporaneamente, la filiera si trova ad affrontare i problemi legati agli scarti delle lavorazioni, che attualmente, per gli onerosi costi del loro smaltimento, costituiscono un punto critico anche a livello economico.

Per venire incontro alle esigenze delle industrie conserviere e innovare un settore che poco è stato interessato da ricerche innovative, è stato messo a punto il progetto di ricerca “Tom & Cherry” che, finanziato nell’ambito dei PON 2007/2013, ha visto come attori 7 partner.

Nello specifico due università, l’Università di Salerno e l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria; un ente pubblico di ricerca la Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari (SSICA) e 4 aziende conserviere: De Clemente Conserve srl, Pancrazio spa, Pomilia spa e Salvati Mario & C. spa.

 

Il progetto ha riguardato lo studio dell’intera filiera dell’industria del pomodoro, dalla scelta delle cultivar più promettenti, all’ottimizzazione agronomica, a packaging innovativi, alla valorizzazione degli scarti attraverso l’estrazione dalle bucce di composti attivi da utilizzare sia in campo alimentare che cosmetico e l’estrazione dell’olio di semi di pomodoro per utilizzi alimentari ed energetici.

L’Università di Salerno, con il dipartimento di Ingegneria Industriale, ha partecipato a questo progetto interessandosi a diversi aspetti.
Nell’ambito del progetto sono state caratterizzate 8 cultivar di pomodorini, sia rossi che gialli, appartenenti al patrimonio vegetale campano, per l’individuazione delle varietà più idonee alla trasformazione industriale. Dallo studio è emerso che le cultivar: ISI 47 730, Mascalzone, Quorum, Kendo ISI 48 130 (cultivar gialla) erano le più performanti alla trasformazione industriale. Sono stati proposti contenitori innovativi sia di materiale a base di polipropilene, sia di alluminio. Questi hanno mostrato di non dar luogo a cessioni, di avere shelf-life paragonabili ai contenitori tradizionali e di avere ottime performances per i consumatori.

Altro importante obiettivo del progetto era la valorizzazione dei sottoprodotti della lavorazione industriale del pomodoro.

L’industria di trasformazione dei pomodori produce grosse quantità di scarti costituiti principalmente da bucce e semi. Si calcola che ogni anno, dalla trasformazione dei pomodori, residuino oltre 50mila tonnellate di bucce e semi che – oltre ad essere molto voluminosi – sono fermentescibili e per la Campania costituiscono un rifiuto speciale con alti costi di smaltimento.

Attualmente l’utilizzo di questi scarti trova un limitato impiego nella mangimistica zootecnica e per la concimazione dei campi. In questo progetto sono state esplorate delle alternative per rendere questi scarti da costo a risorsa e i ricercatori dell’Università di Salerno hanno messo a punto dei processi innovativi per l’estrazione di sostanze attive di interesse nutraceutico e commerciale.

In particolare è stato messo a punto un processo di estrazione della luteina a bassi costi con solventi edibili. Anche per altri carotenoidi e per la micro cellulosa sono stati ideati ed ottimizzati processi innovativi di estrazione. 

Gli estratti sono poi stati inseriti in preparazioni sia alimentari quali pasta, pane e prodotti dolciari che cosmetiche dalle importanti proprietà antiossidanti.