Stereotipi e pregiudizi: l’Africa non è un Paese

ely Szajkowicz webLe stime di crescita per il Continente per il 2014 sono attorno al 6% e ben 7 delle 10 economie mondiali che registreranno i più elevati tassi di crescita nel quinquennio in corso (2011-2015) appartengono a Paesi Sub-sahariani. Cifre che fanno impallidire le flebili stime di crescita per l’area euro, che secondo il Fondo Monetario Internazionale sono l’1% per il 2014 e l’1,4 per il 2015. Per l’Italia va ancora peggio: 0.6% per il 2014 e 1,1% per il 2015. Sono cifre, appunto. E non opinioni

“L’Africa non è un Paese”. Bella scoperta, diranno i lettori. Invece è la risposta un tantino irritata di un ministro nigeriano allo scivolone in cui era incorso un rappresentante del mondo imprenditoriale italiano intervenendo all’incontro economico-politico che nel 2009 aveva riunito a Roma i ministri economici dei Paesi del Continente africano. Benché il relatore fosse incolpevole, tale lapsus (perché di questo innocentemente si trattava) rende l’idea del ritardo culturale, anche in termini di policy imprenditoriale, con cui fino a poco tempo fa si pensava all’Africa nel nostro Paese.

Anche l’informazione economica sul continente non aiutava a superare il muro dell’indifferenza e della non conoscenza dei cambiamenti del continente, occupandosi di Africa soprattutto in relazione ai conflitti, all’aiuto umanitario e alla cooperazione allo sviluppo.
Così le Missioni di sistema italiane in Africa subsahariana non erano molto gettonate, mentre invece quelle tedesche, francesi, e inglesi erano sempre molto affollate. Ciò era sicuramente dovuto in gran parte ai rapporti ereditati dal colonialismo: ma anche ad una informazione nazionale specializzata sull’Africa e all’azione politica ed economica delle diplomazie nazionali, due potenti catalizzatori di sviluppo internazionale di cui l’Italia era carente.

Ammettiamolo con onestà intellettuale: gli imprenditori italiani operanti in Africa fino a qualche anno fa sono stati considerati dei visionari oppure dei cavalieri solitari. Ma chi ha incominciato qualche anno fa a lavorare in Africa, soprattutto subsahariana, è stato un grandissimo innovatore, proprio perché non aveva dietro le spalle una politica estera molto attenta al supporto economico delle proprie imprese, come per esempio in Francia, dove però qualcosa si era incrinato nel rapporto privilegiato con i Paesi africani, in una sorta di disconnessione dalle esigenze di queste società in evoluzione. Così a dicembre 2013 il Rapporto Védrine-Zinsou ha formulato una Agenda economica condivisa per la crescita congiunta dell’Africa e della Francia, basata su quindici punti fondati su un concetto paritetico, rivoluzionando così le relazioni franco-africane che risentivano ancora del post-colonialismo.

Le stime di crescita per l’Africa per il 2014 sono attorno al 6% e ben 7 delle 10 economie mondiali che registreranno i più elevati tassi di crescita nel quinquennio in corso (2011-2015) appartengono a Paesi Sub-sahariani. Cifre che fanno impallidire le flebili stime di crescita per l’area euro, che secondo il Fondo Monetario Internazionale sono l’1% per il 2014 e l’1,4 per il 2015. Per l’Italia va ancora peggio: 0.6% per il 2014 e 1,1% per il 2015. Sono cifre, appunto. E non opinioni.

È indubbio quindi che allo scivolare del 2013 verso il nuovo anno da poco iniziato siamo entrati un altro Millennio, indipendentemente dal calendario.

Le prime ad accorgersi che in Africa c’è sviluppo economico, crescita della classe media, consumi in ascesa, richiesta di infrastrutture, materiali e immateriali, sono state le imprese che, per tutto il 2013, hanno riempito le sale riunioni ogniqualvolta Confindustria Assafrica & Mediterraneo ha organizzato un incontro-Africa. Non a caso infatti il Trust Barometer 2014 indica che scende la fiducia nei Governi e cresce quella nelle imprese.

Anche il Sistema Italia però sta cominciando a dare incoraggianti segnali di allineamento con questi cambiamenti epocali: il 30 dicembre il Ministro Bonino ha lanciato l’Iniziativa Italia-Africa che, per dirla con le parole del Ministro, va «a tutto campo, per riaccendere i riflettori nel nostro Paese sull’Africa», rilanciando il partenariato politico, economico, culturale tra l’Italia e l’intero continente africano. Per il mondo dell’industria i primi settori individuati sono energia e ambiente, agricoltura, salute (sicurezza alimentare, sanità, veterinaria), cultura e infrastrutture. E nelle prime due settimane di gennaio il Ministro è andata in Senegal, Sierra Leone, Costa d’Avorio e Ghana.

«Smettiamola di pensare all’Africa come un unico continente in difficoltà, perché il nostro ruolo è quello di rafforzare i paesi che sono a metà del guado, che hanno istituzioni forti e dove la questione dei diritti civili va di pari passo con la governance». Ma poi arriva l’indicazione economica. «Paesi come Ghana, Senegal, Angola, Mozambico, possono essere il trampolino di lancio dell’Africa» ha detto il Ministro.

A parole nostre: l’Africa cresce e l’Italia può ricominciare (a crescere) con l’Africa.