Reputazione economica, come difendersi in caso di illegittima segnalazione alla Centrale Rischi

Pierina Di StefanoI danni risarcibili possono essere sia patrimoniali, per perdita subita o mancato guadagno, che non patrimoniali, quali il danno all’immagine professionale e sociale e quello all’affidabilità commerciale dell’imprenditore

 

L’economia, intesa come libera circolazione del credito, è sempre più a rischio a causa della crisi che attanaglia da anni il nostro Paese. La ripresa si mostra lenta e difficoltosa, oltre ad essere ostacolata, a volte, da errori o lungaggini burocratiche che possono pregiudicare un imprenditore e la sua attività. Si fa riferimento alla possibilità di essere iscritti negli elenchi dei cattivi pagatori detenuti dalle cosiddette “Centrali Rischi”, vale a dire quelle banche dati grazie alle quali è possibile reperire informazioni sulla situazione creditizia di tutti i soggetti che richiedono un accesso al credito. La Centrale Rischi pubblica è gestita dalla Banca d’Italia; quella privata, invece, fa capo alla SIA (Società Interbancaria per l’Automazione). Esistono, infine, alcune Centrali Rischi private non disciplinate da alcuna norma, nel caso di richiesta di finanziamenti per importi inferiori a 30.000 euro, come CRIF, CTC ed Experian. Grazie ai dati offerti al sistema bancario e finanziario dalle migliori banche dati, gli istituti di credito o finanziari possono conoscere in tempo reale la posizione creditizia del cliente che ha fatto richiesta di un prestito, di una rateizzazione per l’acquisto di un bene di consumo, o di una semplice erogazione di carta di credito.

È possibile quindi che un soggetto (persona fisica o persona giuridica) abbia bisogno di un prestito o di un finanziamento, ma non possa o non riesca ad ottenerlo in tempi congrui, perché inserito in “blacklist” come cattivo pagatore. Va, innanzitutto, precisato che non sempre le segnalazioni si rivelano legittime. Il soggetto che intendere effettuare in maniera corretta la segnalazione “a sofferenza” nella Centrale Rischi di un cliente deve adempiere a precisi obblighi, ispirati a perizia, prudenza e diligenza. In primis, deve verificare che la non solvibilità del cliente non consista in un mero inadempimento, ma sia il risultato di altri fattori, come la sussistenza di protesti, la pendenza di procedure esecutive, che evidenzino l’impossibilità di produrre reddito e la scarsa liquidità del soggetto segnalato. L’ente segnalante, poi, deve informare preventivamente il debitore per iscritto, con comunicazione specifica e puntuale inviata a mezzo raccomandata. Tale avvertimento è di importanza fondamentale giacchè il cliente è messo nella condizione di onorare il suo debito prima che si verifichi la segnalazione, riuscendo così ad evitarla.

La reputazione economica va salvaguardata e monitorata costantemente, anche perché non di rado l’iscrizione in uno di questi elenchi è legata a vicende molto lontane nel tempo, o ad addebiti di interessi anatocistici da parte delle Banche o, peggio, a truffe subite che hanno comportato, tra l’altro, anche la segnalazione del proprio nominativo alla Centrale Rischi. Naturalmente una soluzione a tale tipologia di problemi esiste. Prima di tutto, se l’iscrizione nei suddetti elenchi è stata effettuata in violazione di legge, è possibile intraprendere nei confronti della Banca una causa per risarcimento danni. Il tipo di responsabilità che fa capo all’istituto di credito per aver proceduto ad una illegittima segnalazione può essere contrattuale, se tra le parti è stato concluso un contratto ed esso è ancora in forza tra le medesime, oppure extracontrattuale, come nel caso del soggetto che non ha in essere con la Banca neppure un’apertura di credito o un mutuo, e nonostante ciò, per uno scambio di persone, viene erroneamente segnalato.
I danni di cui si chiede il risarcimento possono essere sia patrimoniali, per perdita subita o mancato guadagno, che non patrimoniali, quali il danno all’immagine professionale e sociale e il danno alla reputazione economica, cioè all’affidabilità commerciale dell’imprenditore (Cassazione civile, sez. I, sentenza n. 15609 del 2014). Quest’ultimo deve essere ingiusto, nel senso che la segnalazione è avvenuta in assenza dei presupposti per procedere all’iscrizione, per cui l’interesse privato a non vedere danneggiata la reputazione del cliente prevale su quello pubblico all’informazione. Il danno alla reputazione, inoltre, qualora sia ingiusto, è considerato in re ipsa; il soggetto leso è pertanto esonerato dall’onere di fornirne la prova, essendo sufficiente allegare l’illegittima iscrizione.
Il danno alla reputazione può, infine, interessare sia professionisti che consumatori, giacchè la segnalazione in Centrale rischi può coinvolgere anche questi ultimi. Se il proprio interesse è, invece, quello di ottenere la sospensione o la cancellazione del proprio nominativo dalla Centrale Rischi della Banca d’Italia bisogna fare un distinguo che parte da una considerazione fondamentale: poiché segnalare in Centrale Rischi significa in sostanza violare la segretezza di cui deve in via generale godere il cliente bancario, i dati oggetto di comunicazione rientrano nel campo di applicazione della normativa sulla tutela della privacy. Ciò premesso, se ci si duole delle modalità con cui i dati relativi all’insolvenza sono stati raccolti, trasmessi o gestiti, si potrà chiedere al Garante della Privacy la rettificazione o la cancellazione di quei dati inseriti nella Centrale rischi (artt. 7, 8 e 142 Codice Privacy) oppure ricorrere all’Autorità giudiziaria (art. 152 Codice Privacy). Data la qualificazione del trattamento dati personali come attività pericolosa, si applica l’art. 2050 del codice civile, per cui è colui che effettua il trattamento, a fini liberatori, a dover dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno. Molto spesso, tuttavia, i tempi della giustizia ordinaria non permettono di ottenere una risposta rapida ed efficace, che è necessitata dal fatto che la permanenza della segnalazione contra legem arreca un considerevole pregiudizio alla reputazione commerciale e personale del soggetto. Non solo. Conseguenza della segnalazione è l’impossibilità di ottenere un nuovo credito e quindi lo “stop” dell’attività imprenditoriale nel giro di poche settimane o comunque di pochi mesi. Il rimedio processuale che risponde più celermente a questa impellente esigenza degli imprenditori è rappresentato dal ricorso cautelare (art. 700 c.p.c.), il quale richiede per la sua emissione il cosiddetto “fumus boni iuris”, che, nel caso in esame, consiste nell’assenza degli elementi che giustificano la segnalazione, ed il cosiddetto “periculum in mora”, cioè il pregiudizio imminente e irreparabile che deriva all’impresa dall’iscrizione (perdita di affari). Il ricorso ex art. 700 c.p.c. è ora ammissibile sia qualora si proceda ex art. 152 Codice Privacy, sia quando si richiede un provvedimento di cancellazione perché la segnalazione è stata effettuata in violazione degli obblighi di comunicazione degli intermediari, giacchè si è in presenza di una responsabilità contrattuale che configura anche un illecito trattamento dei dati (art. 2043) (ex plurimis Tribunale Milano, sez. VI, ordinanza 15.10.2014).

Per chi necessita di un rilancio della propria attività imprenditoriale, la cancellazione dell’iscrizione dagli elenchi dei cattivi pagatori, ove illegittima o “obsoleta”, rappresenta una chance concreta da non perdere e la tutela in via d’urgenza può garantire tale risultato in tempi senz’altro rapidi.