Lynx, il monopattino elettrico che vede lungo

Spostamenti più sicuri grazie all’innovativo prodotto ideato da TO.TEM. Dotato di sistema di collision alert, tre ruote, pedana larga e navigatore, il progetto è risultato “primo” nella categoria design della XIV edizione del Premio BPI di Confindustria Salerno. Ce ne parla il cto, Massimiliano Melis

Come nasce, a quale bisogno concreto risponde e a chi è rivolto Lynx?

LYNX nasce da un’attenta analisi di chi ha bisogno di muoversi tutti i giorni. Studiando le abitudini di spostamento delle persone, intervistando pendolari, studenti e utilizzatori di servizi di sharing, ci siamo accorti di un limite fondamentale dei prodotti esistenti: la sicurezza. LYNX nasce proprio con l’intento di rendere più sicuro lo spostamento, essendo allo stesso tempo un’alternativa realmente ecologica e sostenibile. LYNX ci permetterà di aprire il mondo della micromobilità a tutti quegli utenti che oggi non la considerano, proprio per mancanza di mezzi stabili e sicuri. Da questo gap nascono le caratteristiche principali del nostro prodotto come il sistema di collision alert, le tre ruote, la pedana larga e in legno, il navigatore.

Nel suo caso, l’innovazione è nata dall’aver migliorato un prodotto già esistente. Per arrivare a Lynx quanto tempo è stato necessario? Quante energie ha raccolto il progetto intorno a sé?

Da buona startup siamo arrivati al prodotto finale in pochissimo tempo e con molte iterazioni: in meno di un anno abbiamo realizzato 14 prototipi che, iterazione dopo iterazione, ci hanno portato al prodotto finale, adesso disponibile in prevendita in crowdfunding sulla piattaforma Indiegogo. Solo grazie all’eterogeneità del team è stato possibile realizzare LYNX in così poco tempo, non trascurando alcun aspetto fondamentale. Le energie non sono state poche ed è grazie all’appoggio e alla stretta collaborazione che abbiamo con PUNCH Torino che questo è stato possibile.

Quanto conta, in progetti come il suo, l’immedesimazione con l’utente finale?

È l’elemento più importante. Un prodotto nuovo ha senso di esistere se, e solo se, risolve un problema. Di frequente si vedono progetti anche molto belli che però rischiano di essere “esercizi di stile”. Da ingegnere riconosco che spesso si rischia di innamorarsi della soluzione tecnica, anche complicata, perdendo di vista l’utilizzatore.

L’utente invece deve essere al centro. Solo comprendendo i suoi problemi si può arrivare ad un’innovazione reale, e soprattutto, citando Henry Ford, si può andare oltre alla proposta di “un cavallo più veloce” e basta. Da subito abbiamo usato metodologie come il design thinking per immergerci nell’esperienza d’uso dell’utente finale, cercando i problemi da risolvere. Solo grazie all’interazione con più di 250 persone questo è stato possibile.

Il suo progetto è sviluppato in partnership con PUNCH Torino. Come è avvenuto l’incontro? Che valore ha avuto per voi questa collaborazione? 

TO.TEM nasce da PUNCH Torino. TO.TEM è una startup industriale che nasce da un’idea incubata in PUNCH Torino che decide di crederci e fa nascere la startup: un bellissimo esempio di promozione dell’imprenditorialità e di visione innovativa. La collaborazione è strettissima e win-win: da un lato TO.TEM può restare snella e avere accesso a professionalità di altissimo livello “on-demand”, dall’altro lato PUNCH Torino può imparare a snellire processi e restare connessa con il cambiamento.

Due vizi e due virtù dell’ecosistema dell’innovazione italiano.

Seppure gli sforzi che sono stati fatti ad oggi sono moltissimi, siamo estremamente lontani da realtà che sanno far crescere esponenzialmente le startup, come ad esempio Israele. L’Italia ha la virtù di avere menti estremamente capaci, che riescono a trovare soluzioni e creare prodotti eccezionali, in poco tempo e con risorse molto più scarse rispetto ad altre realtà (purtroppo). Spesso però per troppa burocrazia le startup che vogliono scalare sono costrette ad andare via. Anche il Venture Capital non è confrontabile a quello cui si è abituati in altri Paesi. L’accesso ai capitali non è minimamente confrontabile a quello cui sono abituati Israele o Stati Uniti, o, restando nel continente, in UK o Germania. Bisognerebbe credere di più nelle nostre realtà, semplificare le trafile burocratiche e investire maggiormente nel made in Italy.

Quale innovazione, secondo lei, potrebbe cambiare il mondo nei prossimi anni?

Senza dubbio l’intelligenza artificiale affiancata all’uomo. L’AI ha un potenziale incredibile soprattutto se vista in affiancamento all’uomo e non in sua sostituzione. La medicina potrebbe giovarne moltissimo così come molti altri campi. Di questo in particolare mi sto occupando in AITEM, un’altra startup focalizzata sull’AI, ma non è questo il momento giusto per parlarne.