Le otto montagne di Paolo Cognetti non solo è il vincitore del Premio Strega 2017 (anche sezione Giovani), ma si appresta a divenire un vero classico in via di traduzione in 30 Paesi. Il libro racconta – come dice lo stesso Cognetti – di «due amici e una montagna». In realtà è molto di più, è il diario di bordo di Pietro, un ragazzino di città, solitario e un po’ scontroso.

I suoi hanno lasciato il Veneto contadino di cui sono originari in cambio della città e di un posto – che non gli somiglia – nel mondo. La madre lavora in un consultorio di periferia, e farsi carico degli altri è il suo talento naturale, dotata com’è di «quel senso di responsabilità femminile e collettivo, di quello spirito di corpo proprio delle vere assistenti sociali». Il padre è un chimico, un uomo silenzioso e affascinante, che torna a casa ogni sera dal lavoro carico di rabbia.

A unire i due genitori di Pietro un amore solido: la montagna. Lì si sono conosciuti, amati e sposati prima di partire – in attesa della nascita del loro primo figlio – per la caotica e triste Milano. Recuperano in parte fiato solo quando arrivano a Grana, ai piedi del Monte Rosa, per le vacanze. Lì Pietro trascorrerà tutte le estati in quel luogo «chiuso a monte da creste grigio ferro e a valle da una rupe che ne ostacola l’accesso» ma attraversato da un torrente che lo incanta dal primo momento. E lí, ad aspettarlo, c’è Bruno, così diverso e così uguale.

Otto montagne è la storia di un’amicizia al maschile ma anche il racconto di un’educazione diversa, di un modo di essere padre e figlio che va oltre il detto e al di là del tempo.

«Mi tornò in mente una certa fragilità che avevo intravisto in lui, certi attimi di smarrimento che subito si affrettava a nascondere. Quando mi sporgevo da una roccia e gli veniva d’istinto di afferrarmi per la cintura dei pantaloni. Quando stavo male sul ghiacciaio e si agitava più lui di me. Mi dissi che forse quest’altro padre l’avevo avuto sempre lì e non me n’ero mai accorto, per quanto era ingombrante il primo, e cominciai a pensare che in futuro avrei dovuto, o potuto, fare un altro tentativo con lui».