La Moda nel Mezzogiorno, una filiera in evoluzione

Il fast fashion e l’abbigliamento sartoriale sono le due aree di business di maggior peso nel Sud, che mantiene buoni ritmi di sviluppo grazie soprattutto al successo delle grandi griffe

 

La moda è uno dei settori-faro del nostro made in Italy la cui presenza trascina, in una spirale virtuosa, ricadute di immagine positive per l’intera industria manifatturiera del nostro Paese.

SRM recentemente ha svolto una ricerca sulla moda intitolata “Un Sud che innova e produce. La filiera abbigliamento-moda”, volume della collana di studi sui settori produttivi di punta del Mezzogiorno. La ricerca mette in luce il valore della filiera Moda per lo sviluppo economico del territorio analizzando il ruolo dell’Italia nel contesto internazionale ed europeo, la rilevanza delle relazioni produttive tra le imprese, il posizionamento del Mezzogiorno nella filiera nazionale ed infine l’importanza dei principali driver di competitività per affrontare le sfide future quali la logistica, l’innovazione e l’internazionalizzazione.
La filiera Moda – in continua trasformazione geografica e organizzativa – si presenta più lunga e complessa che in altri settori industriali e si caratterizza per un’integrazione con il territorio locale, nazionale e, negli ultimi tempi, soprattutto internazionale, diventando quest’ultimo un significativo presupposto strategico.
Tuttavia l’utilizzo più intenso delle filiere internazionali da parte dei marchi italiani ha generato ormai una riduzione di alcuni degli anelli della filiera nel nostro Paese comportando in qualche caso una relativa de-specializzazione di aree di tradizionale forte presenza della filiera del Tessile Abbigliamento e Calzature (Tac), soprattutto nel Mezzogiorno, dove interi distretti di sub fornitura e faconismo risultano fortemente colpiti dalla concorrenza di Paesi emergenti a basso costo del lavoro.
Ne deriva un Mezzogiorno con una filiera spesso incompleta all’interno del suo territorio, risultando spesso “terzista” del Centro Nord” e della filiera internazionale. Ciò comporta una larga dipendenza di quest’area dall’esterno – in termini di scambi di beni e servizi – ma anche un maggior effetto distributivo della ricchezza del Mezzogiorno nel sistema Italia ed internazionale.
Di fronte ad un tale cambiamento l’Italia, ed il Mezzogiorno al suo interno, mantengono comunque la loro posizione di leadership soprattutto nella componente manifatturiera.
Nel contesto europeo, infatti, il nostro Paese rappresenta il primo produttore e creatore con il 36,4% del fatturato complessivo, il 35,3% del Valore Aggiunto e il 24,2% degli addetti. L’industria della Moda europea ha quindi un’anima “molto” italiana.
Si tratta di un settore vitale anche per la competitività industriale e la tenuta occupazionale del nostro territorio. Benché in forte calo – a seguito della crisi e dei connessi processi di riorganizzazione delle produzioni e del lavoro a livello internazionale e nazionale – l’occupazione nel settore rappresenta ancora il 13% del valore medio manifatturiero italiano e il suo fatturato è vicino agli 80 miliardi di euro. Il settore italiano della moda ha chiuso il 2014 con un fatturato in crescita del 3,7% trainato soprattutto dall’export mentre i consumi interni continuano a calare.
É quindi un settore ben radicato nel territorio e con un peso rilevante nel Mezzogiorno dove sono presenti il 22,4% delle imprese nazionali. Esso è importante anche per l’economia meridionale, dal quale si origina oltre il 10% del Valore della produzione. Il fast fashion e l’abbigliamento sartoriale sono le due aree di business di maggior peso nella filiera della Moda del Mezzogiorno, che con le proprie caratteristiche produttive e dimensionali ed un percorso di crescita complesso, fa dunque la sua parte nel contesto nazionale, mantenendo buoni ritmi di sviluppo e tenendo il passo con le modificazioni che stanno caratterizzando i mercati mondiali – sia sul fronte della domanda che dell’offerta- grazie soprattutto al successo delle grandi griffe.
La ricerca sulla filiera Moda ha anche concentrato l’analisi sugli aspetti funzionali e operativi nonché sui fattori strategici su cui puntare per il futuro. Le imprese si caratterizzano infatti per un’elevata vocazione distrettuale che gli ha conferito nel tempo un posizionamento competitivo spesso migliore rispetto alle aree non distrettuali per una maggiore capacità di esportare, di effettuare investimenti diretti esteri, di registrare brevetti e marchi.
Anche il Mezzogiorno, è peraltro sede di importanti distretti formali e informali della Moda, in primis quello San Giuseppe Vesuviano, che si configura come il più grande del Mezzogiorno.
Un’altra caratteristica dell’industria del Tessile Abbigliamento e Calzature è la tradizionale gestione della sua competitività in presenza di una dimensione aziendale comunque mediamente piccola. Ciò rende le imprese più reattive ma dall’altro anche più vulnerabili ai cambiamenti bruschi del mercato globalizzato. Man mano che le filiere nazionali si trasformano per far posto a strutture più europee diventa importante per le piccole strutture attivarsi in network a livello dapprima nazionale e poi almeno europeo. E in questa direttrice competitiva il ruolo della dimensione è sicuramente un fattore determinante.
Per vincere la sfida della globalizzazione con una struttura organizzativa più “adeguata” entrano quindi in gioco strumenti quali le reti di impresa. Le aziende competitive sono infatti quelle che operano all’interno di un network di relazioni e di processi operativi competitivi. Lo strumento della rete nella filiera della Moda risulta variegato per l’elevato grado di differenziazione produttiva, e ancora scarsamente diffuso e poco formalizzato – solo lo 0,61% delle imprese di questo settore è coinvolto in contratti di rete.
Un altro aspetto importante per la competitività della filiera nel suo complesso, analizzato nella ricerca, riguarda i processi innovativi. In questo caso le imprese italiane non sempre riescono a mantenere il passo con le dinamiche internazionali e ad esempio non sono state tra le prime a muoversi sul tema dell’innovazione legata alla sostenibilità ambientale, tema diventato importantissimo soprattutto per chi lavora per i grandi marchi, dal lusso fino a quelli più commerciali. Altro elemento di debolezza delle imprese nazionali della filiera è legato all’uso pervasivo degli strumenti ICT, che si estende fino alle pratiche di marketing di comunicazione alla comunicazione bidirezionale con i consumatori e infine ai cosiddetti processi di “customizzazione” ovvero la personalizzazione dei prodotti e lo sviluppo del digitale.
In conclusione, se è vero che la filiera della Moda rappresenta un vero e proprio “ambasciatore” della qualità manifatturiera italiana nel mondo è anche vero che questo patrimonio richiede politiche all’altezza della sfida competitiva nuova che, anche complice la crisi, ci si prospetta.