La mediazione che verrà

M marinaro bigwebIn dieci punti le modifiche proposte dalla Commissione ministeriale di studio per i sistemi di ADR istituita dal Ministero della Giustizia

 

Si sono appena conclusi i lavori della Commissione ministeriale di studio per i sistemi di ADR istituita dal Ministro della Giustizia nel marzo 2016 con lo scopo dichiarato di formulare una «ipotesi di disciplina organica e di riforma che sviluppi gli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato».

La Commissione presieduta dal professor Alpa ha consegnato un ampio e articolato lavoro che si sviluppa su diversi punti, uno dei quali, forse il più atteso, riguarda una possibile riforma della mediazione delle controversie civili e commerciali.
Come si legge nella relazione introduttiva, la Commissione ha formulato proposte che «mirano a promuovere e rendere efficace la mediazione disciplinata dal d.lgs. n. 28/2010 e nello stesso tempo a coglierne il significato culturale e non ridurla ad una mera condizione di procedibilità, volta solo a deflazionare un contenzioso “in esubero”».

La proposta che introduce in maniera esplicita l’obbligo per le parti di comportarsi secondo buona fede e con spirito di cooperazione è orientata a modificare il testo normativo vigente soltanto «ove necessario e con interventi contenuti per evitare formulazioni di nuove norme o commi che potrebbero dare adito a problematiche interpretative».

Gli argomenti qualificanti della riforma proposta in materia di mediazione sono sostanzialmente schematizzabili in dieci punti.

Estensione dell’obbligatorietà della mediazione
Sicuramente il tema cruciale è quello della obbligatorietà della mediazione che al momento dell’entrata in vigore della normativa nel 2010 aveva incontrato ostacoli e resistenze prevalentemente culturali rispetto all’accesso alla giurisdizione ordinaria.
Invero, superati i dubbi di legittimità costituzionale, in questi anni l’obbligo preventivo di tentare la mediazione ha ottenuto quale risultato una maggiore consapevolezza delle opportunità che nascono dalla cultura della conciliazione contribuendo a creare un sistema sufficientemente consolidato.
Al riguardo la Commissione ministeriale ritiene che l’obbligatorietà possa giustificarsi in chiave promozionale. Si precisa infatti nella relazione che «l’obbligatorietà della mediazione si basa sul principio delle ”quote rosa”, un favor per un metodo di risoluzione dei conflitti che però non mira a favorire semplicemente quello, ma ha di vista l’interesse generale».
In questa prospettiva, la riflessione che ne deriva attiene alla valutazione della spinta propulsiva della obbligatorietà – prevista nella riforma del 2013 in via sperimentale per la durata di quattro anni – che si ritiene non abbia esaurito la sua funzione.
Si propone quindi di estendere l’obbligatorietà dell’esperimento della mediazione quale condizione di procedibilità fino al 21 settembre 2023 (10 anni dall’entrata in vigore delle modifiche contenute nel d.l. n. 69/13, convertito con la legge n. 98/2013).
Ma la proposta della Commissione si spinge oltre in quanto l’estensione proposta attiene anche alle materie assoggettate a tale obbligo. Infatti, si propone di includere tra le materie talune liti per le quali sono già competenti le Camere di Commercio (cioè i contratti di subfornitura, di franchising, di leasing mobiliare non finanziario) oltre che quelle derivanti dai rapporti sociali concernenti le società di persone, incluso il caso in cui sia parte l’erede o il legatario di un socio.
Peraltro, nella relazione si precisa che sono state discusse anche altre proposte sul tema dell’estensione. Ed in particolare si è proposto di estendere la mediazione obbligatoria ai rapporti di durata o che comunque comportino relazioni durature tra le parti e ai rapporti societari nelle società di persone, ambiti in cui viene in evidenza la relazione tra le parti che può essere preservata o definita in modo da contemperare i vari interessi (contratti di opera, di opera professionale, di appalto privato, franchising, leasing, di fornitura e somministrazione, di concorrenza sleale c.d. pura, i contratti relativi al trasferimento di partecipazioni sociali, i rapporti sociali inerenti le società di persone; è apparso opportuno, per le controversie di competenza del tribunale per le imprese, porre un limite di valore pari ad euro 250.000).

Primo incontro di mediazione effettivo

La riforma del 2013 che è intervenuta disciplinando il primo incontro di mediazione ha creato una serie di problematiche interpretative il cui punto di emersione giurisprudenziale è stato sostanzialmente recepito dalla Commissione al fine di risolvere i contrasti e le incongruenze delle esperienze maturate in questi primi anni.
La Commissione sul punto ritiene di condividere la prevalente opinione dei giudici di merito i quali affermano che l’incontro di mediazione, anche per i casi di mediazione obbligatoria, debba essere effettivo e non limitarsi ad una fase preliminare informativa.
In particolare, l’ordine del giudice di esperire la mediazione (c.d. mediazione demandata) non può ritenersi osservato quando i soli avvocati si rechino dal mediatore e, ottenuti i suoi chiarimenti su funzione e modalità della mediazione, possano dichiarare il rifiuto di procedere oltre. Di qui «occorre che sia svolta una vera e propria sessione di mediazione. Altrimenti, si porrebbe un ostacolo non giustificabile all’accesso alla giurisdizione».
Nello stesso senso, anche la mediazione preventiva ex lege deve essere effettiva. E per evitare dubbi di costituzionalità è apparso utile prevedere che l’incontro di mediazione sia effettivo e la condizione di procedibilità sia assolta anche se è negativo il solo primo incontro effettivo: in tal modo, l’incombente diviene meno gravoso per le parti e nello stesso tempo può riportare a serietà l’ordine di mediazione del legislatore o del giudice.
Ad avviso della Commissione imporre un solo primo incontro effettivo non appare affatto sproporzionato rispetto allo scopo perseguito, né impone alle parti un ostacolo per accedere alla giurisdizione.

Presenza personale delle parti in mediazione
Altro punto chiave e allo stesso tempo controverso alla luce della normativa attualmente vigente è quello della presenza personale delle parti. Sulla questione la proposta della Commissione è chiara e, con l’obiettivo di rendere sempre più efficace la mediazione, dispone la partecipazione personale delle parti, salvo gravi motivi.
D’altronde se la mediazione è attività negoziale diretta a riattivare la comunicazione tra le parti attraverso la facilitazione del terzo imparziale, è necessario che le stesse siano partecipi senza il filtro dei professionisti che pur le assistono, senza sostituirsi ad esse.
Per cui si propone di chiarire definitivamente il testo vigente precisando che vi è l’obbligo di partecipazione delle parti di persona o, se sussistono gravi motivi, tramite un rappresentante diverso dall’avvocato che le assiste.

Ordinanza del giudice di invio in mediazione
Con specifico riguardo alla mediazione ordinata dal giudice, al fine di rendere più efficace anche in questo ambito la mediazione che si svolge quando il processo è già iniziato, si propone di introdurre l’obbligo di motivazione (succinta) per il giudice che in tal modo viene chiamato a dare atto degli indici di mediabilità della lite «ai fini di un invio selettivo e calibrato sul caso concreto e fornire altresì alle parti e al mediatore elementi utili da valutare per lo svolgimento della mediazione».

Proposta del mediatore
Altro tema dibattuto è quello della proposta conciliativa del mediatore. L’articolato proposto dalla Commissione prende in esame il tema sotto lo specifico profilo della inopportunità di consentire che tale proposta possa essere formulata se la parte chiamata non sia comparsa. Si propone così l’introduzione di un divieto in quanto si ritiene che la possibilità di una proposta in absentia sia «estranea alla mediazione poiché mediare implica la presenza delle due parti».
In tal modo, si garantisce indirettamente anche l’autonomia del mediatore per quei casi, ormai non infrequenti nella pratica, di mediazioni disposte dal giudice che impongono al mediatore la formulazione della proposta anche qualora la parte invitata non sia partecipe del procedimento.

Costi calmierati per il primo incontro nel tentativo obbligatorio di mediazione
Davvero fondamentale appare poi il tema dei costi della mediazione. Si prende atto del fatto che il primo incontro, pur se obbligatorio, non possa essere totalmente gratuito e ciò sulla scorta del rilievo che l’attuale normativa – che prevede il versamento delle sole spese di avvio – ha comportato nella pratica «prassi alterate e dinamiche ambigue».
Pertanto, l’idea che è sottesa alla proposta è quella di mantenere da un lato «costi calmierati» anche a garanzia della dignità ed efficacia del lavoro del mediatore e, dall’altro, la possibilità per le parti di detrarre il costo della mediazione, in caso di esito negativo, dal contributo unificato del giudizio istaurato o da istaurare.
Ciò non senza sottolineare che occorre rendere finalmente effettiva la possibilità per le parti di usufruire del credito di imposta previsto dalla legge sin dal 2010 e mai reso operativo (al riguardo si ipotizza anche la possibilità di procedere con la detrazione fiscale diretta).

Patrocinio a spese dello Stato per la mediazione e facilitazioni fiscali per organismi
Un altro profilo problematico emerso in fase applicativa e risolto in maniera non uniforme dalla giurisprudenza attiene alla possibilità di usufruire del patrocinio a spese dello Stato non solo quando l’attività svolta dall’avvocato abbia avuto esito negativo in mediazione e sia stata seguita dal processo, ma anche nelle situazioni in cui questa attività abbia avuto il suo epilogo nell’accordo conciliativo.
La soluzione negativa cui perviene taluna giurisprudenza evidenziando i limiti normativi (e sostanzialmente sottolineando l’esigenza di una riforma) sembra infatti un paradosso dal momento che la liquidazione a spese dello Stato in tal modo non troverebbe applicazione proprio qualora il difensore abbia svolto al meglio la sua attività, sino a consentire il raggiungimento dell’accordo in mediazione, e ciò anche se la mediazione è obbligatoria, come obbligatoria è l’assistenza dell’avvocato.
E pertanto si propone di riconoscere tale accesso al patrocinio a spese dello Stato individuando quale autorità competente per la liquidazione il tribunale – che sarebbe stato – competente per il giudizio al quale l’istanza era stata preordinata.
Infine, per gli organismi di mediazione si mantiene ferma la disposizione che esonera la parte che ha i requisiti per il patrocinio a spese dello Stato dal pagamento dell’indennità di mediazione; si prevede tuttavia quale forma di riequilibrio dei costi sopportati che l’organismo possa detrarre fiscalmente l’ammontare equivalente all’indennità che gli sarebbe spettata.
Mediazione e consumatori.
Talune modifiche vengono sollecitate al fine del necessario coordinamento con la normativa recentemente introdotta in materia di ADR per i consumatori.
La novità più interessante attiene alla proposta di consentire alle parti di accedere al procedimento mediativo (nelle controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o servizi tra professionisti e consumatori) senza la necessaria assistenza dell’avvocato, e ciò in coerenza con quanto disposto in sede europea dalla Direttiva n. 11/2013.

Altre modifiche
Una serie di ulteriori proposte vengono infine formulate dalla Commissione al fine di chiarire la normativa vigente risolvendo delicate contrasti interpretativi su questioni processuali sorti nell’applicazione giurisprudenziale. Riepilogando e schematizzando si possono elencare tali modifiche che mirano a precisare quanto segue:
– la condizione di procedibilità attiene alla sola domanda principale con la quale si inizia il processo;
– si è eliminata la previsione secondo cui il giudice, con l’ordinanza con cui invia le parti in mediazione, deve assegnare un termine di 15 giorni per la presentazione della domanda la sanzione dell’improcedibilità riguarda soltanto il mancato svolgimento della mediazione;
– per favorire la presenza della parte invitata in mediazione è stata prevista una sanzione economica di importo flessibile per la condanna di cui all’art. 8, comma 4-bis, rimettendo al giudice l’entità della sanzione a seconda delle circostanze;
– per rafforzare il principio di riservatezza e l’autonomia del mediatore si propone di specificare che il giudice può desumere elementi di prova ex art. 116 c.p.c solamente dalla mancata partecipazione delle parti;
– altre modifiche mirano a garantire l’imparzialità del mediatore e altre riguardano la formazione degli avvocati e dei praticanti avvocati;
– si è, poi, inserita la previsione della periodicità per le campagne pubblicitarie a cura del Ministero della Giustizia;
– si è precisato che qualora il tentativo di mediazione sia disposto (fuori dei casi di obbligatorietà ex lege) dal giudice in grado di appello, esso deve essere esperito non già a pena di improcedibilità della “domanda giudiziale”, bensì a pena dell’improcedibilità dell’appello principale o di quello incidentale.

Infine, il tema più controverso è quello che attiene alle conseguenze del mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione in fase di opposizione a decreto ingiuntivo.

 
La questione dal punto di vista processuale è abbastanza complessa e, in sintesi, si propone di escludere l’obbligo di mediazione quando l’attore sostanziale abbia scelto la via monitoria e pur quando ci si trovi in sede di giudizio di opposizione ed anche dopo il provvedimento di concessione/sospensione della esecutorietà.

Tuttavia, si prevede che (a prescindere dalla materia cui attiene la lite) il giudice dell’opposizione, dopo l’adozione di quei provvedimenti interinali, valuti la situazione caso per caso e possa, con ordinanza motivata, disporre l’esperimento del tentativo di mediazione; secondo la Commissione «in tale ipotesi per altro è la legge a determinare ex ante quali siano ed a carico di chi gli effetti del mancato esperimento del tentativo e dunque a chi pertenga l’onere di avviarlo, e ciò a seconda che la provvisoria esecutorietà sia stata concessa o mantenuta (in tal caso l’onere spetta al debitore opponente), ovvero la provvisoria esecutorietà non sia stata concessa o sia stata sospesa (in tal caso l’onere spetta all’opposto). È insomma la parte alla quale la prognosi corrispondente al provvedimento interinale risulta sfavorevole che deve avviare il tentativo di mediazione a pena di effetti processuali per essa sfavorevoli».

Sul punto, la relazione dà atto del fatto che in Commissione si emersa anche una ulteriore proposta. Per cui, posto che si ritiene necessario intervenire con una disposizione normativa che ponga fine al profondo contrasto giurisprudenziale in atto, dovrebbe essere invece individuato con precisione il soggetto a carico del quale dovrebbe essere posto l’onere della condizione di procedibilità per rispondere ad esigenze di certezza ed in considerazione delle gravi conseguenze che possono verificarsi in questi processi.

I lavori della Commissione appaiono sicuramente meritevoli di attenzione e di una approfondita riflessione. Con specifico riguardo alla mediazione, gli obiettivi paiono condivisibili e le soluzioni proposte sono per lo più utili. Occorrerà verificare quale iter il Ministro riterrà di avviare sulla base delle proposte formulate per comprendere se dallo studio e da queste ipotesi di lavoro potrà nascere una concreta azione legislativa.