La dogana ai tempi del Covid-19: storia di una mascherina

Certificate, importate o donate: tra i dispositivi di protezione individuale, le mascherine sono tuttora al centro dell’attenzione di imprese e legislatori

 

Le dogane e i dispositivi di protezione individuale (DPI) sono stati interessati durante la “fase 1” dell’emergenza Covid-19 da una irrefrenabile esposizione mediatica. Per settimane abbiamo ascoltato e letto di acronimi, prima sconosciuti, ma che ora sono diventati di uso comune per tutti noi, come ad esempio “DPI” ovvero mascherine chirurgiche, FFP2, FFP3, guanti in lattice, occhiali protettivi e visiere.

In particolar modo, le mascherine – oggetto raro, misterioso e introvabile- sono divenute dispositivi di protezione di cui non possiamo fare a meno e di cui avremo sempre più bisogno. L’Italia, colta dall’espandersi del virus, non è stata nelle condizioni di poter produrre da subito mascherine in quantità tali da poter lontanamente soddisfare la domanda interna e, per tali motivi, sono stati accolti con particolare enfasi i diversi quantitativi, donati il più delle volte, dagli Stati che sono accorsi in nostro soccorso.

Per far fronte a tale carenza e alle difficoltà di approvvigionamento delle mascherini sui mercati internazionali, ugualmente colpiti dalla medesima emergenza, il Governo – attraverso il Decreto Legge n. 18/2020 denominato “Cura Italia” – ha stanziato incentivi per la produzione e la fornitura di dispositivi medici e di protezione individuale per il contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Nel bando Invitalia, agenzia governativa per lo sviluppo nonché soggetto attuatore per conto del Commissario Straordinario per l’Emergenza, vengono stanziati 50 milioni di euro per sostenere le aziende che intendono ampliare o riconvertire la propria attività per produrre mascherine, camici e ventilatori. Nello stesso bando si fa riferimento alle imprese di ogni dimensione che realizzino un programma di investimenti agevolato fino al 75% con un prestito a tasso zero. È bene sottolineare, però, che alla data del 5 maggio 2020 sono state presentate ben 729 domande di cui “solo” 124 approvate.

Parallelamente a queste riorganizzazioni industriali per una produzione di mascherine in Italia, sono molte le imprese che importano tali beni dal resto del mondo.  In via generale, le mascherine, importate ad utilizzo “DPI”, necessitano di marcatura CE e quindi di rispettare i requisiti essenziali di salute e sicurezza. È previsto l’utilizzo delle mascherine da parte degli operatori sanitari anche se prive di marchio CE, previa valutazione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) mediante autocertificazione in cui attestare le caratteristiche tecniche e dichiararne i requisiti di sicurezza. Infine, se le mascherine vengono utilizzate ad uso DPI prive di marcatura CE, l’azienda che importa deve inviare un’autocertificazione all’INAIL e attendere la pronuncia di quest’ultimo per immettere i prodotti in commercio. Se la mascherina non ottiene la certificazione, viene declassata a “mascherina generica”, e quindi non DPI.

Con sua determina, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli si è dotata di una procedura di sdoganamento dedicata che garantisce operazioni celeri esclusive per i DPI distribuiti gratuitamente ad Enti pubblici e a tutte le strutture ospedaliere.

Vengono fornite anche indicazioni sul trattamento fiscale da dedicare ai prodotti DPI importati; questi sono esenti da dazi e IVA, se destinati ad Enti e Organizzazioni che operano per far fronte all’emergenza sanitaria in corso. Tale esenzione è vincolata al rilascio di un’autorizzazione da parte dell’Agenzia delle Dogane basata su un’autocertificazione che attesta l’utilizzo di tali prodotti da parte dei soggetti coinvolti.

Le aziende che importano mascherine per i propri dipendenti, e quindi non destinate al commercio, sono soggette a tributi (IVA e dazi) ma non alla requisizione della merce. Infatti, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in qualità di soggetto attuatore del Commissario Straordinario per l’Emergenza Covid-19 e considerato il Decreto “Cura Italia” che, agli articoli 6 e 122 conferisce al Commissario il coordinamento delle misure di contrasto all’emergenza sanitaria, ha il potere di disporre, sia direttamente sia per il tramite del Capo del Dipartimento della Protezione Civile, requisizioni in uso o in proprietà di materiali DPI. Con l’ultimo decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) del 26 Aprile 2020 è stata accordata l’esenzione dell’IVA su tutti i DPI, necessari a contrastare il contagio da coronavirus. Per le mascherine chirurgiche, ovvero quelle monouso, è stato deciso un prezzo calmierato alla vendita pari a 50 centesimi di euro in modo da evitare speculazioni e abusi di mercato.

Durante la fase iniziale dell’emergenza sanitaria, molte sono state le azioni adottate e tanta è stata anche la confusione che ha caratterizzato l’attuazione delle stesse. L’unica certezza è che si è sempre cercato di operare per contrastare la diffusione del virus. Missione compiuta?