Il Made in Italy in provincia di Salerno: un’eccellenza che fa gola

Fare sistema per difendere e rilanciare la competitività delle nostre aziende

 

In uno scenario economico molto complesso come quello che si profila alle soglie del 2022 – in cui da un lato spinge il forte rimbalzo dell’economia globale e dall’altro pesa l’incertezza delle varianti Covid – alcuni dati fanno intravedere un futuro roseo per l’Italia e, in particolare, per le aziende della provincia di Salerno.

Il Rapporto Export 2021 dell’Ufficio Studi di Sace ha di recente stimato che le vendite di beni Made in Italy raggiungeranno quota 482 miliardi di euro entro fine anno. La Campania è quella che detiene il maggior volume di export, con una percentuale corrispondente al 24,7% delle esportazioni totali del Mezzogiorno. La provincia di Salerno è, insieme a quella di Napoli, la locomotiva di queste performance positive. I settori più “forti” sono l’agrifood e il comparto farmaceutico; rispettivamente il 25% e il 13% dell’export regionale. Oltre ad averci “aiutato” nei mesi più difficili della storia dell’economia contemporanea, il Made In Italy può essere il fattore vincente per rilanciare l’economia della nostra provincia. Secondo recenti stime ExPAnD il potenziale sfruttabile dell’export campano nel mondo ammonta a circa 8 miliardi di euro: una cifra davvero impressionante.

Cosa dobbiamo fare per cogliere questa opportunità di business tanto ghiotta quanto strategica per il futuro delle nostre aziende e del territorio? Fare sistema: ancora una volta, il coinvolgimento e la partecipazione attiva di tutti gli stakeholders saranno fondamentali. Occorre tutelare le aziende esportatrici dalle conseguenze della congiuntura internazionale che, nell’ultimo anno, ha causato un aumento incontrollato dei prezzi delle materie prime.

La nostra priorità sarà creare un network per il supporto reciproco e la condivisione di best practices in un’ottica di internazionalizzazione. Organizzeremo iniziative per spiegare agli imprenditori come fare e a chi rivolgersi per operare con successo in altri Paesi, “approfittando” anche di fondi e iniziative a sostegno delle imprese italiane come il SACE SIMEST. Il ricorso a fondi esteri dovrà essere il più possibile evitato. Se le nostre aziende dovessero diventare eccessivamente dipendenti dai capitali stranieri, la competitività dell’intera filiera risulterebbe compromessa e non potremmo fare altro che subire passivamente l’aumento dei costi a monte e scaricarlo sui consumatori a valle. Parallelamente, sarà importante ragionare sullo sviluppo e l’implementazione delle infrastrutture che rendono possibile l’export: reti stradali, vie del mare, porti e forniture energetiche dovranno essere performanti e all’altezza delle esigenze delle aziende. Esportare le eccellenze del nostro territorio significa creare valore aggiunto per il nostro territorio: è in quest’ottica che dovremo ragionare e agire tutti insieme nei prossimi anni.

Per rafforzare la posizione delle aziende del territorio sarebbe utile creare una rete che le alimenti reciprocamente, in un rapporto di partnership privilegiata volto ad ottimizzare i costi e l’approvvigionamento di materie prime, semi-lavorati e imballi. L’esperienza dell’ultimo anno ci insegna quanto sia importante avere fornitori affidabili e cercare di recuperare spazi produttivi “nostrani” per evitare i rischi di stallo legati alle congiunture internazionali.