Il decreto “del fare” e le norme per una giustizia civile efficiente

M Marinaro WebApprovate dal Governo nuove misure straordinarie per accelerare i processi e smaltire l’arretrato accumulato.

Nella conferenza stampa che ha fatto seguito alla riunione del Consiglio dei Ministri che il 15 giugno 2013 ha approvato il decreto-legge “del fare”, il Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri ha chiarito che la grave situazione nella quale versa la giustizia civile italiana in relazione alla lentezza dei processi e all’arretrato accumulato costituisce la ragione dell’urgenza con la quale si è inteso intervenire con una “terapia d’urto”.

La terapia d’urto.

La terapia adottata dal Governo – che peraltro è intervenuta anche a sorpresa su alcuni istituti, come ad esempio la mediazione – si muove principalmente lungo quattro direttrici.

La prima riguarda l’azzeramento dell’arretrato dei processi civili concentrato presso le Corti di Appello (c.d. output); la seconda attiene all’adozione di un filtro preliminare ai processi che dovrebbe consentire il deflazionamento dovendo incidere sulla riduzione dei futuri e potenziali processi (c.d. input); la terza introduce modifiche al sistema processuale finalizzate a rendere più rapido ed efficiente il giudizio civile; la quarta, infine, mira a creare un habitat d’impresa più accogliente per gli investitori nazionali e internazionali fondato sulla certezza del credito.

L’intero pacchetto mira nel quinquennio 2013-2017 ad una complessiva riduzione delle pendenze complessive di almeno un milione di processi civili oltre che ad un progressivo e fisiologico riequilibrio del rapporto tra domanda e offerta di giustizia.

1. Le misure per la riduzione dell’arretrato.
In relazione allo sfoltimento del notevole arretrato accumulato dei processi civili – inclusi quelli in materia di lavoro e previdenza – la misura adottata dal Governo prevede la nomina di 400 giudici ausiliari (non togati) che con un mandato quinquennale (rinnovabile per un altro quinquennio) saranno chiamati a comporre i collegi delle Corti di Appello e a contribuire alla definizione più rapida del contenzioso. I giudici onorari saranno selezionati tra magistrati a riposo, professori universitari e ricercatori in materie giuridiche, avvocati e notai anche a riposo.

Accanto a questo provvedimento e sempre nella logica di smaltire il contenzioso pregresso, ma anche per rendere più efficiente tour court il processo, viene costituito una sorta di “ufficio del giudice” mediante l’attivazione di stage formativi di giovani laureati in giurisprudenza presso gli uffici giudiziari. La norma prevede una serie di requisiti di merito, di onorabilità, di età, per poter accedere ad uno stage della durata di diciotto mesi. Ogni magistrato potrà essere affiancato da un massimo di due stagisti per assisterlo e coadiuvarlo nel compimento delle attività ordinarie. Lo stage è gratuito anche se l’esito positivo dello stesso comporta per lo stagista una serie di opportunità (ad es. costituisce titolo per l’accesso al concorso per magistrato ordinario, ed è valutato per il periodo di un anno quale periodo sostitutivo del tirocinio per la professione forense o notarile ed anche per la frequenza della scuola di specializzazione per le professioni legali, etc.).
Un ulteriore supporto per lo smaltimento dell’arretrato viene introdotto anche per la Corte di Cassazione ove è prevista la nomina di magistrati assistenti di studio mediante il temporaneo inserimento di trenta magistrati ordinari nella pianta organica della Suprema Corte.

2. Il filtro della mediazione stragiudiziale.
Con riguardo al deflazionamento in fase di accesso al sistema della giustizia ordinaria, il decreto “del fare” ripropone la mediazione finalizzata alla conciliazione delle liti civili e commerciali quale condizione di procedibilità delle azioni giudiziali.

È noto che alcuni mesi or sono – con la sentenza n. 272/2012 – la Corte costituzionale aveva decretato la illegittimità costituzionale della mediazione obbligatoria a causa di un eccesso di delega legislativa (era stata introdotta con un decreto legislativo privo della necessaria copertura parlamentare in quanto la legge delega non l’aveva prevista in maniera espressa), ma con una chiara raccomandazione del 29 maggio 2013 il Consiglio dell’Unione Europea aveva poi precisato che “per migliorare il contesto in cui operano le imprese occorre completare la riforma della giustizia civile dando rapidamente attuazione alla riorganizzazione dei tribunali, abbreviando la durata eccessiva dei procedimenti e riducendo il volume dell’arretrato e il livello di contenzioso. A seguito della sentenza della Corte costituzionale dell’ottobre 2012 sulla mediazione, è necessario intervenire per promuovere il ricorso a meccanismi extragiudiziali di risoluzione delle controversie”.

Per tale ragione l’Italia è chiamata a dare seguito alla raccomandazione in base alla quale siano adottati provvedimenti nel periodo 2013-2014 al fine di: “abbreviare la durata dei procedimenti civili e ridurre l’alto livello di contenzioso civile, anche promuovendo il ricorso a procedure extragiudiziali di risoluzione delle controversie”.

In questa direzione si muove il nuovo provvedimento normativo che ripristina la mediazione obbligatoria (escludendo dalle materia già originariamente previste soltanto le controversie relative alla responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti) e introduce una serie di correttivi e innovazioni di peculiare rilievo. Si segnalano in particolare la riduzione della durata massima del procedimento di mediazione (che da 4 mesi passa a 3 mesi) e la previsione – per i processi civili già in corso o per quelli che saranno instaurati – in capo al giudice del potere di disporre l’esperimento del tentativo di mediazione quale condizione di procedibilità nel corso del processo (in precedenza il giudice poteva soltanto limitarsi ad invitare le parti a tentare la mediazione in sede stragiudiziale, ma occorreva sempre la disponibilità delle stesse per l’espletamento del procedimento).

3. La semplificazione delle norme processuali.
Lungo la terza direttrice, si segnalano alcune norme particolarmente interessanti che incidono sul codice di procedura civile.
La prima è quella che disciplina la “divisione a domanda congiunta” (introducendo l’art. 791-bis c.p.c.). Si tratta di un procedimento semplificato (e quindi più rapido) che può essere attivato qualora vi sia una divisione da effettuare e non sussista controversia sul diritto alla divisione né sulle quote o altre questioni pregiudiziali. 

La domanda può essere proposta non solo dai comproprietari, ma anche dagli eventuali creditori e aventi causa che hanno notificato o trascritto l’opposizione alla divisione. Il giudice, con decreto, nomina il notaio eventualmente indicato dalle parti e, su richiesta di quest’ultimo, nomina un esperto estimatore.

Altre importanti modifiche sono quelle che prevedono la semplificazione della motivazione della sentenza civile (che è finalizzata a rendere più snella l’attività decisionale dei magistrati e quindi a velocizzare il deposito delle sentenze) e la previsione (con l’inserimento dell’art. 185-bis c.p.c.) che dispone che il giudice, alla prima udienza, ovvero sino a quando è esaurita l’istruzione, è chiamato a formulare alle parti una proposta transattiva o conciliativa. Si introduce per la prima volta nell’ordinamento una norma che obbliga il giudice non a tentare la conciliazione, ma a formulare una vera e propria proposta che consenta la composizione della controversia. Peraltro, il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice, senza giustificato motivo, è destinato ad avere conseguenze negative nell’esito del giudizio in quanto costituisce comportamento valutabile a tal fine.

4. La tutela dei crediti delle imprese.
In relazione alla quarta linea di intervento, il Governo ha introdotto modifiche indirizzate a rendere maggiormente accogliente l’habitat giudiziario per le imprese che intendono investire in Italia.

Viene così istituito un foro speciale per le società con sede all’estero. Infatti, tutte le cause civili nelle quali è parte, una società con sede all’estero e priva nel territorio italiano di sedi secondarie con rappresentanza stabile, dovranno essere trattate presso gli uffici giudiziari di Milano, Roma e Napoli (con distribuzione territoriale corrispondente al nord, centro e sud). L’obiettivo è chiaramente quello di garantire una maggiore prevedibilità delle decisioni e ridotti costi logicistici.
Vengono poi apportate modifiche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, prevedendo che il giudice quando vi è opposizione debba fissare la prima udienza non oltre trenta giorni, decidendo in quella sede sulla provvisoria esecuzione.

E infine, il decreto incide anche sul cosiddetto concordato in bianco. L’istituto era stato introdotto nel 2012 per consentire alle imprese in crisi di evitare il fallimento salvando il patrimonio dalle azioni dei creditori. Al fine di evitare condotte abusive registrate nella prassi (mediante la presentazione di domande strumentali e cioè finalizzate solo a dilazionare il fallimento ormai inevitabile), si è stabilito che l’impresa non potrà più limitarsi a presentare in tribunale una semplice domanda in bianco, ma dovrà depositare l’elenco dei suoi creditori. Il tribunale potrà poi nominare un commissario giudiziale, che controllerà se l’impresa in crisi si è davvero attivata per predisporre una seria proposta di pagamento ai creditori. Eventuali atti in frode ai creditori comporteranno la chiusura della procedura.

Le reazioni.
Di segno opposto sono state le reazioni a caldo dei vari operatori e utenti del sistema giustizia in ordine alle nuove norme che tuttavia entreranno in vigore soltanto decorsi trenta giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

I tempi previsti per la conversione dovrebbero essere brevi al fine di adempiere ad uno specifico obbligo posto dall’UE, ma non possono escludersi modifiche alcune delle quali appaiono opportune per migliorare la chiarezza del dettato normativo allo scopo di evitare quanto meno complesse problematiche interpretative che rischiano di creare autonome ragioni di contenzioso.