Frei: «La città smart è una sfida tecnologica e sociale»

BARBARA FREI WEBLa ABB S.p.A. ha elaborato una ricerca per approfondire le opportunità offerte da un modello urbano evoluto che assicuri elevati standard di qualità della vita per la crescita personale e sociale delle persone e delle imprese, grazie all’ottimizzazione sostenibile di risorse e spazi


Ingegner Frei, la sua società – la ABB S.p.A. – ha di recente condotto una interessante ricerca sulle opportunità offerte dalle Smart Cities in Italia. Procediamo con ordine però: quando una città può essere definita smart? Quali i requisiti necessari?

Sempre più spesso si sente parlare di smart city. L’espressione rischia tuttavia di restare generica e priva di una visione condivisa: significare tutto e niente. Difatti, il termine “smart” sta diventando una moda, una parola usata da addetti ai lavori per rappresentare la possibilità di una migliore qualità dei servizi.
Nella nostra ricerca partiamo da un concetto di città ideale Rinascimentale: una città in cui l’armonia e la bellezza dell’architettura urbana si sposano con la lungimiranza del governo politico e la vita associata della comunità civica, in un gioco di delicati equilibri che coniuga esigenze e aspirazioni funzionali, estetiche, comunitarie. E arriviamo al nostro concetto di smart city odierna: un modello urbano che assicuri elevati standard di qualità della vita per la crescita personale e sociale delle persone e delle imprese, grazie all’ottimizzazione sostenibile di risorse e spazi. Sembra una definizione semplificata, ma contiene tanti concetti: prima di tutto la persona e la qualità della sua vita come elemento di base e metro di misura. Poi il fatto che sia necessario un modello condiviso di città, considerando concretamente il tessuto culturale, sociale e urbanistico delle città italiane. Non grandi “greenfield” come in certe esperienze di smart city all’estero, nate dal nulla in un contesto completamente modellabile, ma città con una storia, una tradizione e un’identità da rispettare e valorizzare.
All’interno di questo sistema “evoluto” – ossia “smart” – quello che è importante è supportare una crescita personale e sociale di persone e imprese, con un occhio al rispetto delle risorse che utilizziamo e un occhio (ma anche più di uno) al futuro sostenibile delle nostre città. Un futuro che non è un’opzione o una scelta, ma un’evoluzione che sta già avvenendo e che non possiamo ignorare, ma cercare di governare.
Se partiamo da questa visione, quindi, è chiaro come il modello cui tendere per le nostre città sia strettamente correlato al miglioramento della percezione e dell’esperienza che i cittadini hanno del loro vivere la città. I fattori trainanti di questa percezione sono oggi collegati principalmente alla mobilità, alla sicurezza e alla gestione ottimizzata e sostenibile delle risorse.

L’obiettivo ultimo è quindi una migliore qualità della vita ma, nello specifico, quali potrebbero essere i benefici per la popolazione?
All’interno dello studio che abbiamo realizzato in collaborazione con The European House Ambrosetti sono riportati i risultati di una ricerca che abbiamo fatto sulla popolazione delle nostre città, per capire prima di tutto che percezione hanno del concetto di smart city e soprattutto degli elementi che, nel loro vissuto, vengono valutati come prioritari per considerare una città smart. I fattori trainanti di questa percezione sono oggi collegati principalmente alla mobilità, alla sicurezza e alla gestione ottimizzata e sostenibile delle risorse.
Dal nostro osservatorio tecnologico, riteniamo che l’evoluzione verso un modello più smart passi anche attraverso le infrastrutture innovative, soprattutto quelle legate alla gestione delle risorse energetiche, ad esempio, in quanto una smart city dovrà rispondere a quattro esigenze sociali in particolare:
–    la capacità dei sistemi energetici, che dovranno far fronte a un costante aumento della domanda di energia e a un processo di interazione sempre più spinto tra fornitore e utente nella fruizione dei servizi;
–    la sostenibilità, in grado di gestire l’integrazione di fonti energetiche alternative, soprattutto rinnovabili e di ridurre le emissioni di CO2;
–    l’efficienza nell’utilizzo delle risorse energetiche, che già oggi offre ampi spazi di miglioramento con tempi di ritorno degli investimenti rapidissimi;
–    l’affidabilità che possa mitigare i problemi di stabilità che possono essere legati all’utilizzo di fonti rinnovabili, soggette a variazioni climatiche.
Ma la tecnologia, pur applicata nell’ambito di un progetto strategico di lungo periodo da sola non basta: oltre a città smart, dobbiamo puntare a costruire una cittadinanza smart.

Appunto. In riferimento ai cittadini, quali cambiamenti culturali sono necessari perché si realizzi una smart city autentica?
Essere un cittadino smart di una smart city secondo me richiede un forte livello di informazione, partecipazione e spirito di inclusione. I cittadini devono riconoscere in questa evoluzione un modo per dare un’impronta più personalizzata e responsabile al loro modo di vivere la città e di usufruire dei servizi di maggior qualità offerti dal sistema urbano. Le priorità della smart city devono quindi essere non solo condivisi di principio dai cittadini, ma “convissuti” nei comportamenti in modo da generare un reale cambiamento, ponendo le basi per una vera sostenibilità del sistema. 

 

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La ricerca di ABB contiene anche 7 proposte che costituiscono un piano di azione organico…
Abbiamo voluto fornire un momento di riflessione per il Sistema Italia, articolando la nostra idea in punti che possono essere analizzati in dettaglio direttamente consultando il report, che è disponibile online sul nostro sito www.abb.it/smartgrid. Abbiamo articolato la nostra proposta in 7 punti, ma mi fermo solo su alcuni di questi. I passi fondamentali, in estrema sintesi, sono:
1)    Definire una visione del Paese Italia e una strategia per realizzarla grazie a un progetto politico, sociale ed economico e a un sistema di governance che metta insieme gli interessi di istituzioni centrali, locali e imprese;
2)    Promuovere una partnership tra pubblico e privato basata sull’innovazione che si concentri su pochi progetti ad alto potenziale innovativo;
3)    Puntare sui quick-win, ossia le tecnologie già disponibili che possono accelerare il percorso verso le smart cities. Dal nostro punto di vista noi abbiamo le idee molto chiare su queste innovazioni già applicabili: efficienza energetica, automazione degli edifici, domotica, reti elettriche smart in grado di integrare e gestire anche le energie rinnovabili, emobility, sistemi di stoccaggio dell’energia, porti verdi…e potrei continuare!

Quanto è “smart” oggi il nostro Paese e quanto potrà esserlo in futuro? Che cosa è necessario faccia l’Italia per diventare più smart?
Sempre nel report ABB è possibile consultare una sorta di “classifica” delle città Italiane elaborata da CERTeT-Bocconi secondo dei criteri legati a tre aspetti: gestione della mobilità, gestione delle risorse e qualità della vita cittadina.  Lascio a chi ci legge la possibilità di andare a consultare il report per vedere questa classifica. Quello che è importante, una volta identificate le aree di intervento, è smuovere decisioni e investimenti in una direzione comune che faccia dell’Italia una vera “smart country” dove l’evoluzione di sistema non risulti in una serie scomposta di iniziative che abbiamo definito “agopunture”, ma l’esito di una progettazione strategica, continuativa e visionaria che accompagni il Paese verso un’innovazione che è già in atto e che necessita di essere governata. Sempre nel nostro report abbiamo ipotizzato anche dei livelli di investimento, secondo principi di scalabilità legati anche alle priorità dettate dal momento economico che stiamo vivendo: ovviamente abbiamo anche calcolato i ritorni di questi investimenti. Le aree prioritarie sono già identificate, le tecnologie ci sono, eventuali realtà internazionali a cui ispirarsi non mancano (pur nel rispetto dell’italianità del nostro contesto): l’unica cosa che dobbiamo aggiungere è la consapevolezza che non scegliere, non investire, non proseguire su questo cammino irreversibile con consapevolezza potrebbe costare caro al Paese.    
 

 

 

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