Flipback o del libro roteato

flipback mondadori web

Con l’invenzione verticale della Mondadori la carta ritorna al centro dell’esperienza di lettura

 

Lo scorso maggio in occasione del Salone del Libro di Torino prima, e durante un altro evento milanese poi, la casa editrice Mondadori ha lanciato sul mercato un nuovo progetto, anzi, un “concept” di libro, tutt’altro che digitale: il flipback, nato da un accordo con l’editore olandese Jongbloed.

Per portata rivoluzionaria la casa editrice lo ha accostato ai suoi grandi successi editoriali: dai Gialli, al progetto Medusa, Urania, a quello degli Oscar e infine al più recente, quello dei Numeri Primi.

Flipback è comodità, accessibilità, praticità. È letteralmente a portata di mano. A scanso di equivoci, volendo dissentire dalla trovata pubblicitaria dello spot televisivo, tutto giocato su ambiguità e facili doppi sensi (rimando allo spot tv), il flipback è senza dubbio un libro che si legge in verticale anche con una sola mano. Pressappoco ha le dimensioni di un tascabile, e può contenere anche edizioni integrali di libri e tuttavia occupare il minimo spazio.

Proprio in un momento in cui si tende a smaterializzare il libro (e la Mondadori è stata fra le prime in Italia a proporre l’idea dell’e-book) si vuole riproporre la carta e le sue ancora non finite possibilità.

Forse una cosa va detta, il flipback può tornare utile a chi ha bisogno di dispositivi di lettura specifici, a quel mondo di lettori con alcune disabilità motorie, per esempio.

“Rivoluzionario nella forma”, “compatto nel formato”,  infatti si tratta del libro appena roteato, quindi da leggere in verticale, cosicché lo si possa leggere con una mano e sfogliare con un dito. Il suo formato è circa 12×8 cm e rifinito con cuciture. L’attenzione cui ci rimanda la Mondadori è verso l’oggetto concreto del libro. Ad ora i titoli pubblicati in formato flipback sono stati quelli di maggiore successo mondadoriano: si tratta di scrittori come Mazzantini, Giordano, Gamberale, Robert, Volo, D’Avenia, Brown…

Qui si legge: «abbiamo voluto riportare la carta al centro dell’esperienza di lettura: prendere in mano un Flipback, osservare come le pagine si distendono all’apertura, sfiorare la consistenza della carta e apprezzare la robustezza della legatura cucita sono esperienze percettive di autentico piacere per chi ama i libri».

 

E che l’esperienza della lettura di un libro abbia effetti tutti positivi, è un fatto verificabile e di cui molto si è detto. Tuttavia, il flipback cos’ha di davvero rivoluzionario (a parte il passaggio da orizzontale a verticale, quello lo trovo letteralmente rivoluzionario)?
Si continua a percepire, in fondo, un’attenzione troppo diretta all’oggetto e poco al contenuto. Sarà anche questa una ragione di tanto disordine intorno alle questioni di sempre, libro concreto/libro virtuale?