Aumento dei prezzi delle materie prime, gli effetti sull’industria italiana

«L’impatto sarà maggiore per i settori più a valle, cioè gli utilizzatori di commodity, e per quelli che fanno più ampio uso delle materie prime con i rialzi maggiori e più duraturi». Analisi e commento di Ciro Rapacciuolo, Centro Studi Confindustria

 

 

Le imprese sono, oramai da settimane, ostaggio di un altro virus: quello dei rincari dei prezzi delle materie prime. Quali settori produttivi sta interessando maggiormente?

I rincari delle commodity si sono accentuati da inizio 2021, ma sono partiti già dagli ultimi mesi dello scorso anno. Questi aumenti dei prezzi internazionali sono molto diffusi e perciò praticamente tutti i settori produttivi sono colpiti. Riguardano anzitutto il petrolio, ma si sono allargati anche alle commodity agricole, ai metalli ferrosi e non, a diverse altre materie prime come il legno, la cellulosa, le materie plastiche. Gli aumenti maggiori si stanno registrando per alcuni metalli, in primo luogo il rame e il ferro, che hanno un utilizzo importante in molti settori industriali. La preoccupazione delle imprese è forte: si tratta di una voce di costo nei bilanci aziendali, spesso una delle voci principali, che aumenta fuori del loro controllo.

Le cause dei rincari? In quali casi si tratta di ordinarie oscillazioni dovute alle normali fluttuazioni del mercato oppure di una scarsità di produzione nei mercati fisici mondiali? In quali altri, invece, l’aumento dei prezzi è riconducibile a fenomeni distorsivi e/o speculativi?

Si tratta di materie prime quotate sui mercati internazionali, non di prezzi determinati all’interno di una singola economia. Questi prezzi si muovono rispondendo, anzitutto, alle condizioni della domanda e dell’offerta mondiale nello specifico mercato fisico. Su queste condizioni, oggi, non si può generalizzare. In alcuni mercati, a fronte di una domanda in espansione, c’è una effettiva carenza di offerta, a volte anche a causa di effetti legati alle misure restrittive anti-pandemia, e le scorte si assottigliano: è il caso del rame e dei metalli ferrosi. In altri mercati, invece, la produzione resta superiore alla domanda, che pure è in crescita, quindi le scorte sono abbondanti: è il caso del grano. Per questo secondo tipo di commodity, secondo la nostra analisi, sta giocando un ruolo importante anche la speculazione finanziaria internazionale, che spinge al rialzo alcuni prezzi sulla scia del rincaro del petrolio e di altre commodity.

È possibile fare previsioni circa la durata?

Per il petrolio, che resta la quotazione guida, le previsioni sono di una stabilizzazione del prezzo nella seconda metà del 2021, dato che le scorte stanno gradualmente riducendosi su livelli più normali, a seguito dei limiti imposti da vari produttori, OPEC e altri, alla propria estrazione di greggio per ribilanciare il mercato mondiale. Se questo scenario verrà confermato, per quelle commodity che hanno per lo più seguito al rialzo il petrolio, come il grano, i rincari potrebbero rivelarsi temporanei e cominciare a esaurirsi nei prossimi mesi.

Per le altre commodity, invece, come molti metalli, i rincari potrebbero rivelarsi più duraturi, perché la carenza di offerta richiede tempo e tanti investimenti per essere colmata, e dunque i prezzi potrebbero restare elevati nel 2022. Ricordiamo che nell’ultima fase di picco nei prezzi delle commodity, quella del 2011, la durata massima dei rincari è stata di circa due anni.

Il rincaro dei noli marittimi è correlato all’aumento dei prezzi delle materie prime? Anche rispetto a questo fenomeno, è possibile prevederne la fine?

L’aumento dei prezzi dei noli marittimi dipende da una carenza di container (e navi) a livello internazionale, in particolare su alcune rotte commerciali come quella tra Asia ed Europa. Il motivo di fondo è il fatto che questo particolare mercato è controllato da pochi grandi attori di livello internazionale.

Quello che è successo è che l’offerta, come spesso avviene in un oligopolio, è rimasta frenata e non ha tenuto il passo con il brusco aumento della domanda mondiale da fine 2020. Dunque, i prezzi dei noli potranno attenuarsi solo man mano che l’offerta si espanderà, con nuovi container, nuove navi, e si realizzerà anche una loro dislocazione più efficiente sulle diverse rotte commerciali. Il legame con i prezzi delle commodity c’è nella misura in cui queste vengono importate via mare, stivate nei container.

In questo caso, il costo dei noli marittimi rappresenta uno dei costi dell’importazione di commodity e quindi può far lievitare il prezzo finale nei paesi di importazione.

Dunque una certa correlazione, per alcune specifiche commodity, può esserci sui prezzi finali all’import. Ma la contemporaneità di questi rincari, per i noli e le commodity, ha in realtà sullo sfondo la ripartenza dell’economia e della domanda mondiale, specie in Cina e USA.

I noli difficilmente possono influire sulla quotazione internazionale di petrolio, grano o rame, che dipendono soprattutto da altri fattori, come detto prima.

Quale sarà l’impatto dell’aumento dei prezzi delle materie prime sull’industria?

L’Italia è uno dei principali paesi industriali d’Europa, grande utilizzatore di materie prime per lo più importate. Perciò, siamo molto preoccupati per l’impatto che il rincaro delle commodity sicuramente avrà sull’industria italiana. Verrà avvertito sotto forma di una brusca compressione del mark-up, la differenza tra prezzi e costi, dato che aumenta il costo degli input, mentre le imprese italiane fanno fatica a ritoccare al rialzo i loro listini industriali, perché la domanda resta molto debole a seguito della crisi pandemica.

Un primo impatto sui margini è stato già avvertito da alcuni settori a fine 2020, ma il grosso sarà registrato nel primo e nel secondo trimestre del 2021, quando i rincari delle commodity si sono accentuati. L’impatto sarà maggiore per i settori industriali più a valle, cioè gli utilizzatori di commodity, e per quelli che fanno più ampio uso delle materie prime con i rialzi maggiori e più duraturi (metalli). Nella seconda metà di quest’anno la situazione potrebbe alleggerirsi, se è vero che alcuni rincari si dimostreranno temporanei e anche grazie all’atteso rimbalzo dell’economia italiana che renderà possibile recuperare un po’ di margini con un ritocco dei listini industriali.

La riduzione del mark-up nel 2021, comunque, significa una nuova compressione del cash flow delle imprese italiane, già colpito duramente dal lockdown nel corso del 2020.

I piani di stimolo green Eu potranno essere utili in futuro a prevenire l’insorgere di fenomeni di questo tipo?

Ripeto, i rincari delle commodity dipendono in primis dal mercato mondiale, cioè dalla domanda e dall’offerta di ogni singola commodity da parte di tutte le economie, non solo da quello che avviene in Italia o in Europa. Certo, l’Europa nel suo complesso è un gigante economico, di stazza paragonabile a USA e Cina. E quindi le scelte, anche quelle green, che nei prossimi anni indirizzeranno il consumo e la produzione in Europa di varie commodity, riducendo alcuni e accrescendo altri, possono sicuramente avere un effetto importante sulle corrispondenti grandezze mondiali. Perciò, possono influire, in una certa misura, anche sul prezzo.

Ma chiaramente conterà anche, e di più, quali saranno le strade che, sulle politiche green e in generale nel campo delle commodity, percorreranno gli USA e la Cina.