12° Giornata dell’Economia: a Salerno 20.000 occupati in meno rispetto al 2007

DE MASI ARZANO DE SIOSono dati a dir poco sconfortanti quelli emersi dal “Rapporto sullo stato dell’Economia provinciale” elaborato dalla Camera di Commercio di Salerno e presentato oggi 10 giugno nel corso della XII Giornata dell’Economia, il tradizionale appuntamento in cui il sistema camerale presenta una dettagliata fotografia delle performance economiche del territorio.

 

Pur restando la provincia che fa registrare complessivamente le migliori prestazioni in Campania, a Salerno il valore aggiunto pro capite negli anni ha perso diversi punti, attestandosi, nel 2013, al 65,4%.

Nella graduatoria delle province nazionali, quella salernitana è solo al 93esimo posto – dopo Napoli e Benevento – per il reddito disponibile per le famiglie pro capite pari a 12.023,84 nel 2012, mentre è alla 72esima posizione per patrimonio delle famiglie con un totale di attività reali che assomma al 70,3%.

Una famiglia su quattro è in condizione di povertà relativa: sono infatti oltre 102mila nel 2012 le famiglie in povertà relativa (indice del 24%, in netta e rapida crescita se confrontato con il 20,7% del 2011).

Non va di certo meglio poi per le imprese. Diminuiscono sensibilmente quelle registrate che scendono al di sotto delle 120mila unità (al 31.12.2013 le imprese registrate sono 119.930). A chiudere i battenti sono state nel 2013 soprattutto le imprese individuali che, meno capitalizzate, hanno subito in misura maggiore i contraccolpi della crisi economica e del credit crunch.  

Positivo comunque il fermento fatto registrare dalle imprese giovanili che fanno balzare Salerno al 6° posto nella graduatoria delle province nazionali per tasso di crescita con un +14,1% contro il dato nazionale fermo al 10,8%.

Viene da sé che l’occupazione faccia segnare livelli preoccupanti: nel periodo 2009-2013 sono letteralmente crollati i livelli occupazionali in provincia, con un decremento pari a 20.000 unità, mentre sono 26.000 le persone che cercano lavoro.

L’unico spiraglio di luce in questo quadro a tinte fosche è dato dal positivo saldo di bilancia commerciale, in continuo miglioramento grazie a un incremento delle esportazioni (+9,6%), nel settore agricolo, in quello metallurgico e dei mezzi di trasporto, sui mercati europei e nord americani tradizionali, ma anche in quelli nord africani. Il merito del buon indice di export va senz’altro attribuito – come sottolineato dal presidente della Camera Guido Arzano nelle conclusioni della giornata – dall’ottimo funzionamento del porto commerciale di Salerno che consente alla città grande ricchezza in termini di scambio.

Come nel resto del Paese, anche a Salerno il mercato creditizio è in contrazione: i depositi bancari aumentano del 3,3%, mentre gli impieghi si restringono del 2,1%, soprattutto quelli diretti alle imprese. Viene così drasticamente ridotta la liquidità netta in circolazione. Le imprese continuano comunque ad assorbire una quota relativamente alta degli impieghi, e quindi ad investire su livelli superiori al resto della regione. Una quota particolarmente elevata di crediti in sofferenza, e peraltro ancora crescente (soprattutto nel comparto di clientela imprenditoriale), contribuisce a spiegare la contrazione creditizia, ed a alimentare tassi di interesse, sui prestiti alle imprese, più alti di quelli delle altre province campane e del Paese.

Se il manifatturiero è in caduta libera con un -12% per il 2013 e il comparto turistico subisce una flessione fra 2009 e 2012 con un 32,4% di arrivi stranieri, i settori che lasciano (ben) sperare sono quelli dell’industria culturale e creativa, basata sulla tipicità agroalimentare e artigianale locale, ma anche sugli eventi culturali e di spettacolo che la città capoluogo offre. Tale industria ad oggi rappresenta il 4,4-4,6% del valore aggiunto e dell’occupazione provinciale. Accanto alla cultura, anche l’economia del mare, che rappresenta il 3,8% del valore aggiunto provinciale (e che è basata soprattutto su turismo, ristorazione e attività sportivo/ricreative) mostra ampi margini di crescita. Infine, la green economy vede impegnate il 29,6% delle imprese investire in metodologie produttive di tipo ecosostenibile, per accrescere la competitività di costo e di prodotto.

I numeri di questa spietata analisi farebbero pensare quindi che il treno del futuro è inevitabilmente perso. Forse – cambiando però il paradigma di riferimento che non può più essere quello della crescita, ma necessariamente quello della decrescita – una possibilità ancora aperta c’è. Secondo il sociologo Domenico De Masi, illustre commentatore dei dati presentati dall’ente camerale: «Salerno non può che ripartire dalle sue tre massime risorse: la sua posizione epicentrica che le consentirebbe un naturale ruolo egemone rispetto ad altre aree; il binomio natura/storia di impareggiabile valore e l’importanza di avere una Università con 40.000 iscritti capaci potenzialmente di andare a costruire una futura classe dirigente di inestimabile spessore».

 

Il problema – più generale e non solo provinciale – sarebbe piuttosto recuperare o più probabilmente ricostruire un modello di vita di riferimento, poiché «il grande male della nostra società – ha chiosato il sociologo – è proprio il non avere un modello di idee cui ispirarsi, per cui senza orientamento si naviga a vista e nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa dove andare».