Quale futuro per la residenza?

donato cerone webDopo trent’anni di costruito deludente, ad oggi ancora manca il coraggio di sperimentare per consentire alle nuove generazioni di trovare nella propria abitazione la stessa qualità estetica e funzionale che il design contemporaneo offre, ad esempio, nelle strutture di trasporto come treni, aerei e navi

 Oggi mentre negli altri Stati europei e nel mondo assistiamo a una consapevolezza crescente delle problematiche del vivere bene e a uno sforzo per trovare sempre nuove soluzioni funzionali

e formali per la residenza, in Italia si continua a progettare edifici geometricamente semplici, tutti simili e con le stesse caratteristiche di alcuni decenni fa senza impegnarsi davvero per inventare nuovi ambienti in cui gli uomini possano lavorare, studiare e vivere in condizioni di benessere fisico. Nonostante i progressi e la scoperta di materiali e nuovi sistemi costruttivi, le case progettate e realizzate per la vita degli uomini sono sempre più ignorate come il vero problema del costruire.

 

Le recenti realizzazioni di edifici residenziali nelle nostre città sono un esempio di come la totale assenza di questa consapevolezza produca effetti negativi: si pensi all’utilizzo di materiali e tecniche vecchie come l’intonaco sulle facciate dei nuovi edifici o l’utilizzo dello stesso tipo edilizio sia in pianura, sia in collina. In realtà gli architetti e gli ingegneri, pensando di essere da soli in grado di progettare il futuro dell’uomo, non sono stati capaci di costruire alternative valide alla città della speculazione, degli interessi e dei mercati.

 

Prima ancora come cittadini dovremmo chiedere agli addetti ai lavori, architetti e ingegneri, quali contenuti pongono alla base del proprio fare per evitare di continuare a immettere sui mercati immobiliari manufatti obsoleti prima ancora di essere collaudati, raffiguranti forme non sufficienti per il presente e per i contesti e gli ambienti che dovrebbero ospitarle. D’altro canto c’è da dire che il progetto di architettura incontra sempre difficoltà a inventare nuove soluzioni spaziali e distributive interne agli edifici che sappiano modificare sostanzialmente gli schemi tradizionali, anche a causa dei condizionamenti dovuti a vecchie norme standardizzate che consentono solo determinati volumi. Se nell’architettura non sorgono nuovi entusiasmi e non si dà vita a coraggiose sperimentazioni sarà sempre più difficile rispondere puntualmente alle nuove richieste di alloggi efficienti e adeguati ai nuovi costumi sociali. Ci vuole un maggiore impegno da parte degli architetti a studiare e proporre nuove idee che abbandonino definitivamente ogni tradizione tecnico-costruttiva e formale per “inventare” la nuova casa dell’uomo e spingere la committenza a realizzarla. Si deve consentire alle nuove generazioni di trovare nella propria abitazione la stessa qualità estetica e funzionale che il design contemporaneo offre, ad esempio, nelle strutture di trasporto come treni, aerei e navi.

Per non parlare poi dell’attenzione – pari quasi a zero – verso l’impiego di energie alternative per il risparmio energetico: nessuna cura viene posta per dare un segnale di progresso, il riscaldamento degli ambienti è ancora legato alle vecchie caldaie a gas e all’utilizzo dei termosifoni. Nessuna cura è rivolta verso la creazione di edifici a basso consumo di energia, ma anche verso edifici a energia zero, a zero anidride carbonica o a edifici che restituiscono più energia di quelli che consumano.
Non c’è alcun tentativo per cercare di ridurre il carico di energia totale attraverso mezzi puramente passivi. 
La crisi economica nella nostra città e nel meridione d’Italia invece di spingere a trovare nuove soluzioni, soprattutto economiche, attraverso l’utilizzo di materiali a tecnologie avanzate, non riesce nei fatti a dare alcun nuovo stimolo per produrre nuove trasformazioni formali.

Eppure il progresso scientifico e tecnologico sta consentendo la creazione di nuovi materiali che, modificati nella loro struttura molecolare, consentono resistenze e prestazioni strutturali del tutto nuove. Si pensi alle materie plastiche che raggiungono incredibili prestazioni che, però, non trovano ancora applicazioni tali da far nascere nuovi mercati di prodotti e componenti d’uso.
Sicuramente la produzione da parte dell’industria di nuovi prodotti elettronici, siderurgici e chimici ha creato nuovi mercati, ma questa rivoluzione – anche se ha consentito nuovi strumenti di progettazione e di visualizzazioni virtuali – non ha nemmeno sfiorato la creatività dei progettisti nella realizzazione di nuovi habitat a dimensione d’uomo. Cinquant’anni fa gli architetti erano attenti ai nuovi prodotti che le industrie mettevano sui mercati per adeguarli ai nuovi linguaggi tecnologici dell’architettura. Si pensi ai progetti di Yona Friedman e Konrad Wacksmann e ai loro edifici basati su “infrastrutture” che prevedono abitazioni e norme urbanistiche passibili di essere create e ricreate, a secondo dell’esigenza degli abitanti e dei residenti. I loro edifici erano progettati con strutture reticolari e nodi spaziali di nuova generazione. Allo stesso modo oggi sarebbe necessaria una spinta forte da parte dei produttori industriali, con investimenti economici importanti, per stimolare i progettisti a inventare il futuro di nuovi quartieri residenziali attraverso oggetti e strumenti utili per aiutarci a vivere meglio.

Proprio perché stiamo uscendo da una forte crisi economica questo è il momento favorevole per investire in progetti adeguati a utilizzare nuovi materiali e nuove tecnologie.

Pensiamo alla domotica, alla robotizzazione, alla nanotecnologia per dare vita a nuove produzioni e a nuovi mercati. Ha fatto bene Rem Koolhaas che ha incentrato il tema dell’ultima Biennale dell’Architettura di Venezia sugli “Elementi” del costruire, per far conoscere e riproporre il vocabolario dei pezzi fondamentali della disciplina, solo che essi devono essere manipolati con molta attenzione e nel rispetto dell’etica per consentirci di costruire per il benessere delle persone. Non è utopia pensare a case da 150 mq trattate come vere e proprie ville urbane, su due livelli, realizzate attraverso l’impiego della prefabbricazione metallica, in legno o in cemento, che siano accostabili, accumulabili, sovrapponibili e soprattutto economiche (pensiamo alla SU-SI House di J.Kaufmann). Solo in questo modo potrebbe essere possibile rispondere alle esigenze e ai comportamenti di vita delle attuali e future generazioni per creare nello stesso tempo nuovo lavoro e avviare una fase di grande rottamazione del costruito banale e poco funzionale degli ultimi trent’anni.