L’Arminuta, di Donatella Di Pietrantonio

Il romanzo – edito da Einaudi – ha vinto la cinquantacinquesima edizione del Premio Campiello

 

Accade che a tredici anni, senza un motivo e con una sacca piena di scarpe e di strada già fatta, l’Arminuta fa ritorno in un paesino dell’entroterra abruzzese, in una casa abitata dalla miseria e dai suoi genitori biologici, resa indietro come un vuoto dalla famiglia che – fino ad allora – lei aveva creduto sua. Ad aprirle la porta è Adriana, la sorella piccola di cui ignorava l’esistenza e che si rivelerà per lei l’unico profondo e vero legame d’affetto della sua nuova e non voluta vita.

L’Arminuta scopre così di essere sorella di cinque fratelli. Lei che fino a un minuto prima era figlia unica, ora lo è di due madri e di nessuna.

La ragazzina da subito chiede, chiede a tutti, compreso il padre “non padre” che l’ha condotta a forza fin lì, perché quella che credeva essere la propria madre non può più tenerla con sé.

Da sola si fa capace di una malattia come causa impediente, pensa a questo cambiamento come temporaneo, difficile, doloroso ma passeggero.
E invece a passare sono solo i giorni, riempiti dalla fame, dalle ostilità dei fratelli per la bocca in più da sfamare, dalle faccende domestiche da sbrigare senza opporsi, dal dialetto ruvido e granitico.

Lontana dalla sua casa borghese, dalle sue amicizie di sempre, dalla sua vita agiata, l’Arminuta diventerà grande in modo diverso, imparando a sue spese quanto differente può essere lo stesso sentimento d’amore.

«Ero l’Arminuta, la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo piú a chi appartenere. La parola mamma si era annidata nella mia gola come un rospo. Oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza».