Costo Ammortizzato: un tema ostico

Il criterio in analisi è entrato a pieno titolo tra i principi di redazione del bilancio delle società
Il nuovo articolo 2426 del codice civile, introdotto dal DLGS 18 luglio 2015 n.139 – che ha rivoluzionato il contenuto del bilancio civilistico, in recepimento della Direttiva Contabile 34/2013/UE – dispone al n.1 che «le immobilizzazioni rappresentate da titoli sono rilevate in bilancio con il criterio del costo ammortizzato, ove applicabile» mentre al n. 8, che «i crediti e i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del valore di presumibile realizzo».

Il criterio del “costo ammortizzato” quindi è entrato a pieno titolo tra i principi di redazione del bilancio. Il legislatore, tuttavia, non ne ha fornito una definizione precisa, ma ha rimandato ai principi contabili internazionali e quindi allo IAS 39.
Questo definisce il costo ammortizzato di una attività o passività finanziaria come il valore a cui tale attività o passività è stata misurata al momento della rilevazione iniziale, al netto dei rimborsi di capitale, aumentato o diminuito dall’ammortamento complessivo – utilizzando il criterio dell’interesse effettivo – su qualsiasi differenza tra il valore iniziale e quello a scadenza e dedotta qualsiasi riduzione, a seguito di una riduzione di valore o di irrecuperabilità.

Effettivamente la definizione non brilla per semplicità e pertanto, appaiono più che comprensibili i dubbi e le incertezze che gli operatori stanno manifestando in fase di prima applicazione di questo, per certi versi rivoluzionario, criterio di rilevazione contabile.
L’OIC è anche intervenuto coi nuovi principi OIC 15 ed OIC 19 (relativi, rispettivamente, ai crediti ed ai debiti), ma le complicazioni operative in verità rimangono.
Cerchiamo di semplificarne la definizione, partendo dall’obiettivo di fondo del criterio, che è quello di rilevare nelle scritture contabili l’effettiva componente finanziaria implicitamente connessa a specifiche operazioni aziendali, in funzione del decorso del tempo e dei costi sostenuti per realizzarle.
È frequente infatti, che, dinanzi (per esempio) ad operazioni di finanziamento a lungo termine, accanto agli interessi vi siano da pagare anche altre spese accessorie significative, che nella sostanza, fanno lievitare il costo effettivo del denaro ricevuto, ma che nei bilanci vengono registrati in voci non connesse all’operazione che le genera.

Con il costo ammortizzato si interviene su questo disallineamento informativo, riqualificando quali oneri finanziari anche i costi annessi, arrivando ad ottenere il quadro economico e finanziario effettivo dell’operazione, lungo tutta la sua durata.
Con le stesse logiche si opera, anche nei casi di prestiti a tassi inferiori al quelli di mercato (o pari a zero), dove il criterio consente di rappresentare in bilancio il gap economico di operazioni “fuori mercato”.
È quindi una tecnica di riqualificazione contabile sostanziale, finalizzata a fornire un quadro fedele di talune operazioni a medio- lungo termine.
Nel concreto, il momento in cui questo obiettivo si realizza, è all’atto della prima rilevazione in contabilità di crediti, debiti e titoli immobilizzati, il cui valore, a precise condizioni e modalità in seguito indicate, deve essere attualizzato per tener conto della data futura di esigibilità.

Tale valore attualizzato va poi sommato algebricamente con i cc.dd. “costi di transazione”, definiti dallo IAS 39, come i costi marginali direttamente attribuibili all’operazione realizzata (si tratta dei costi che non si sarebbero sostenuti se l’operazione non fosse stata effettuata e quindi onorari, commissioni, fees, tasse di trasferimento e così via), allo scopo di arrivare a misurare l’operazione nel suo contenuto finanziario effettivo e globale.
Al termine di questi calcoli, ovviamente, viene a determinarsi un differenziale tra il valore contabile rilevato all’inizio (solitamente più basso per i debiti, più alto per i crediti e i titoli) ed il valore di estinzione dell’operazione a scadenza. Tale differenziale (il costo) viene opportunamente spalmato, o meglio ammortizzato, lungo il periodo di durata dell’operazione.

Per determinare le singole quote di ammortamento del costo ammortizzato occorre far ricorso al criterio del tasso di interesse effettivo (nella prassi, il “TIR”), che è quel tasso che eguaglia il valore iniziale e quello finale, facendo conoscere la reale onerosità dell’operazione.
Ad eguali conclusioni si arriva, qualora il differenziale sia stato determinato (anche) da disallineamenti tra tassi nominali e tassi di mercato dell’operazione.
Come corollario, i costi di transazione, iscritti solitamente tra gli oneri pluriennali ed ammortizzati, con il criterio del costo ammortizzato perdono tale natura divenendo componenti finanziarie.
In definitiva per il calcolo del costo ammortizzato sono necessari:
la stima attesa dei flussi finanziari;
il tasso nominale;
la date previste degli incassi;
la quantificazione dei costi di transazione;
la determinazione del TIR;
un adeguato tasso di attualizzazione.
Sono soggetti a questa nuova regola contabile esclusivamente:
a) i titoli immobilizzati secondo la definizione del citato IAS 39, e quindi gli strumenti finanziari aventi scadenza e pagamenti fissi o determinabili (con esclusione di quelli valutati al fair value o destinati alla vendita e ovviamente di quelli iscritti nel circolante), i finanziamenti e i crediti immobilizzati;
b) i crediti e i debiti, senza distinzione di natura e durata.
Per finalità semplificatorie, il costo ammortizzato non si applica se i suoi effetti sono irrilevanti e questi, di solito, sono tali quando:
le scadenze dei pagamenti sono inferiori a 12 mesi, ovvero
i costi di transazione, le commissioni e ogni altra differenza tra valore iniziale e valore a scadenza sono di scarso rilievo e/o i tassi nominali delle dilazioni sono in linea con quelli di mercato.
Il criterio del costo ammortizzato deve essere utilizzato a partire dal bilancio 2016, da tutte le società che redigono il bilancio in forma ordinaria, mentre sono escluse dall’obbligo quelle che redigono il bilancio in forma abbreviata (art.2435 bis cc.) e le cc.dd. “micro imprese” (art.2435 ter cc).
Infine, per le operazioni sorte prima dell’1.1.2016, è possibile continuare la contabilizzazione con i vecchi criteri, ma se si cambia criterio, occorre adottare il costo ammortizzato per tutte le operazioni pregresse.

In conclusione, la matematica finanziaria, dapprima utilizzata in pratica solo per gli impairment e dalle imprese assicurative, è adesso entrata a pieno titolo nelle politiche generali di bilancio. Occorre che le imprese si attrezzino di conseguenza.