Come invertire il declino industriale

ALESSANDRO SACRESTANO DIRETTORELo Stato non può più rimanere fuori dalle dinamiche di mercato; è necessario e improrogabile un suo intervento diretto. La Commissione europea invita il Consiglio e il Parlamento ad adottare proposte in materia di energia, trasporti, spazio e reti di comunicazione digitali, nonché ad investire in innovazione, efficienza delle risorse, nuove tecnologie, competenze e accesso ai finanziamenti, e l’utilizzo dei fondi dell’UE dedicati consentirà di accelerare questo processo

Il nostro Paese manca da un considerevole periodo di tempo di una seria e costruttiva politica industriale. Si tratta di un ritardo inspiegabile e colpevole, che pone l’Italia in netto rallentamento rispetto ai competitors internazionali, dove è invece evidente un’attenzione frenetica verso i temi della politica industriale, giustificata da ragioni macro-economiche più che stringenti. Nel contesto della produzione industriale, la tendenza allo spostamento verso siti produttivi a “minor costo” e verso politiche di riorganizzazione internazionale finalizzate alla produzione per “moduli”, ha concentrato l’attenzione sulla constatazione che non basta più assicurare la libera concorrenza per garantire innovazione e sviluppo tecnologico; è altresì necessario, infatti, che essa sia accompagnata da istituzioni e politiche governative – su ogni decentramento territoriale – che, da un lato, attenuino i fallimenti nel funzionamento dei mercati e, dall’altro, siano in grado di sostenerli nella fase riorganizzazione.

 

I minori costi di alcune economie, insomma, rendono necessarie politiche di sostegno di tipo orizzontale, propedeutiche ad un consolidamento delle competenze. In Italia, comunque, la propensione a concentrarsi sull’innovazione produttiva è spesso frenata dalla carenza di disponibilità finanziarie e dall’iniziale basso rendimento delle attività innovative; è verso queste limitazioni che devono orientarsi le c.d. “esternalità di coordinamento”, frutto di attente politiche pubbliche. Questi temi sono all’ordine del giorno in tutti i paesi avanzati e anche la Commissione Europea, prendendo atto del mutato scenario competitivo, ha rinnovato profondamente la propria visione di politica industriale.

 

Può, quindi, il nostro Paese ritenere di poter prescindere da un’attenta politica industriale all’interno del proprio programma di governo? Eppure, è proprio quello che sembra stia accadendo.Vale la pena di interrogarsi sulle motivazioni sottostanti una tale scarsità di attenzione.Una ragione va rintracciata sicuramente nella tendenza all’eccessiva “semplificazione” dei temi di politica industriale. Negli ultimi anni, ad esempio, ogni serio tentativo di riorganizzare il tema in discussione, finiva con lo scontrarsi con gli assiomi del Piano Giavazzi. Il filo conduttore di tale proposta è che la politica degli incentivi alle imprese sia deleteria per la crescita economica.Non è in discussione il fatto che l’intervento pubblico – soprattutto quello espresso attraverso gli incentivi – sia stato caratterizzato negli scorsi anni da una polverizzazione inspiegabile, con miriadi di interventi di scarso impatto, finanziati male e a volte rimasti a secco. Altra cosa, però, è dire che in Italia il sostegno pubblico sia stato smisurato. Tale affermazione sarebbe smentita da ogni serio riferimento documentale – anche comunitario – in materia di aiuti pubblici.

 

Lo Stato non può più pretendere di rimanere fuori dalle dinamiche di mercato; è necessario e improrogabile un suo intervento diretto.Che sia così, lo dimostra il fatto che, nel mese di gennaio 2014, la Commissione Europea abbia pubblicato la comunicazione dal titolo “Per una rinascita industriale europea” (COM (2014) 0014), incentrata su tematiche quali l’inversione del declino industriale e il conseguimento dell’obiettivo di innalzare il contributo dell’industria manifatturiera al PIL, portandolo al 20% entro il 2020. Perché ciò sia possibile, conclude la Commissione, l’UE necessita di una politica più coerente sul fronte del mercato interno, ivi compresa l’infrastruttura europea di cui fanno parte, per esempio, le reti energetiche, di trasporto e d’informazione, oltre che i beni e i servizi. In detta comunicazione si fa inoltre menzione dell’importanza di una cooperazione rafforzata per quanto concerne la pubblica amministrazione, gli scambi commerciali, la ricerca e le materie prime di buona qualità.In particolare, la Commissione invita il Consiglio e il Parlamento ad adottare proposte in materia di energia, trasporti, spazio e reti di comunicazione digitali, nonché ad attuare e ad applicare la legislazione sul completamento del mercato interno.

 

L’obiettivo della modernizzazione industriale va inoltre perseguito investendo in innovazione, efficienza delle risorse, nuove tecnologie, competenze e accesso ai finanziamenti, e l’utilizzo dei fondi dell’UE dedicati consentirà di accelerare questo processo.I capisaldi del documento della Commissione sono, invero, rappresentati dagli obiettivi di:sfruttare a pieno il potenziale del mercato interno, sviluppando le necessarie infrastrutture e puntando sull’innovazione e le nuove tecnologie;promuovere la creazione e la crescita delle piccole e medie imprese;assicurare l’accesso dell’industria ai finanziamenti, promuovendo un migliore utilizzo di COSME (il Programma per la competitività delle PMI per il periodo 2014-2020) e Orizzonte 2020 (il principale programma dell’UE per il finanziamento della ricerca e dell’innovazione);migliorare l’accesso delle imprese europee ai mercati internazionali e facilitare la loro integrazione nelle catene globali del valore, promuovendo norme e regolamentazioni europee e internazionali.

 

A questo scopo la Banca europea per gli investimenti dovrebbe contribuire maggiormente a rafforzare l’internazionalizzazione e la competitività delle imprese europee;affrontare le carenze in campo scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico in via prioritaria, con una maggiore partecipazione dell’industria e impiegando tutti gli strumenti e i programmi messi a disposizione dall’UE;colmare il ritardo dell’UE per quanto riguarda l’attività brevettuale, chiedendo un maggior sostegno ai settori tecnologici a forte crescita sollecitando l’entrata in vigore del regime UE in materia di brevetti entro la fine del 2014;promuovere le tecnologie abilitanti fondamentali, che rivestono un’importanza cruciale per la competitività industriale. A ben vedere, quindi, la Commissione sollecita una maggiore partecipazione dei Governi al rilancio della politica industriale, non già un loro defilarsi. In ogni caso, l’iter parlamentare che deve impegnarsi a trasfondere in atti specifici le indicazioni della Commissione – avviato lo scorso 20 marzo – sembra essersi arenato. I tempi, comunque, non consentono un ulteriore differimento.