Art. 182 Ter LF Transazione Fiscale: un’opportunità sprecata?

GIOVANNI DANTONIOObbligatorio l’utilizzo nel concordato se tra i creditori figura anche l’Erario

 

Con l’attuale crisi che persiste ormai da alcuni anni l’istituto della Transazione fiscale contemplato dall’art. 182-ter L.F., risulta drammaticamente attuale. Per tale istituto, nonostante il sottoscritto sia riuscito ad ottenere la prima omologa in Campania di una Transazione Fiscale con la presenza anche dell’INPS (nervo scoperto del neo istituto), permangono ancora non pochi dubbi sulla sua legittimità costituzionale in riferimento al principio costituzionale ricondotto all’art. 53 Cost. dell’indisponibilità del credito tributario. In riferimento al predetto principio difficilmente si può conciliare con lo schema della transazione sul quale appare prima facie interamente costruito l’istituto.

 

Ad oggi l’istituto della Transazione fiscale non ha avuto un’applicazione diffusa in quanto la volontà del legislatore di lasciare ampia autonomia alle parti mal si è scontrata con una Pubblica Amministrazione rigida; gli operatori del settore in ogni caso hanno contribuito a raddrizzare la rotta evidenziando numerosi problemi di natura operativa: lo dimostra il fatto che l’istituto in poco piu di due anni ha subito ben sette interventi legislativi, non sono pochi considerato che siamo nell’ambito della legge fallimentare e prova che l’istituto ben si presta a dare un prezioso contributo nel contesto della profonda crisi economica in atto.

 

Relativamente a quanto sopra scritto il momento particolarmente delicato è rappresentato dalla formazione della volontà dell’amministrazione finanziaria, che attraverso l’istituto della Transazione Fiscale e su istanza del contribuente, deve dare o negare il consenso alla proposta transattiva ricevuta. Pertanto se si vuol considerare tale processo decisionale all’interno dell’ordinaria discrezionalità amministrativa, il rischio è di riconoscere a tale discrezionalità amministrativa il potere di disporre dei crediti tributari. Per cui si verifica che il potere di disporre delle entrate tributarie, che deve modellarsi caso per caso in quanto non può esistere una soluzione unica per risolvere distinti crisi di impresa di diversa species, sia proprio fonte di problematica per l’amministrazione finanziaria che si trova a dover rendere soggettivo un modus operandi di cui si è sempre prediletta l’oggettività.

 

Infatti di fronte alla proposta formulata dal contribuente l’amministrazione finanziaria verrebbe a godere di una libertà decisionale nella quale, come accade in tutte le scelte afferenti la gestione della cosa pubblica, sarebbe guidata, pur nel rispetto dello scopo perseguito dalla legge, solo dal risultato di proprie autonome valutazioni.

L’interpretazione fornita dell’Agenzia delle Entrate è quella data dalla circolare 18 aprile 2008, n. 40 in cui si esortano le agenzie territoriali a considerare nelle decisioni gli <<obiettivi sottesi alla riforma organica delle procedure concorsuali e, di conseguenza, all’istituto della transazione fiscale» (cfr. sub par. 5.5) e a valutare la proposta del contribuente anche alla luce «degli altri interessi coinvolti nella gestione della crisi, quali, ad esempio, la difesa dell’occupazione, la continuità dell’attività produttiva, la complessiva esposizione debitoria dell’impresa, oltre alla sua generale situazione finanziaria e patrimoniale (ad esempio, la tipologia dell’attività svolta, le diverse componenti positive di bilancio, la consistenza immobiliare e la presenza di eventuali garanzie)».

Occorre a questo punto procedere a verificare se è possibile che la decisione finale sulla disposizione del credito tributario sulla base di proprie autonome valutazioni su aspetti specifici del singolo caso, possa essere assunta caso per caso dall’Agenzia delle Entrate.
Un primo dubbio scaturisce dalla considerazione che, da esperienze personali, risulta improbabile che in tutti gli uffici territoriali vengano ad essere utilizzati gli stessi parametri di valutazione. Altro aspetto cruciale è dato dalla peculiarità di ciascuna crisi d’impresa, in particolare dagli innumerevoli aspetti che secondo la circolare devono essere presi in esame, che se da un lato vorrebbero favorire l’istituto, dall’altro pongono il Responsabile dell’amministrazione a dover vagliare più ipotesi che rendono ancor più difficoltoso il consolidamento di un giudizio finale fino a correre il rischio che sia più sicuro dire no che aderire ad una proposta indecente. Dall’altro lato il contribuente impresa si trova in balia dell’insindacabile giudizio dell’Ufficio, la cui decisione risulterebbe incensurabile proprio sotto uno degli aspetti maggiormente sintomatici dell’eccesso di potere, ovvero quello della disparità di trattamento.
L’art. 182-ter è monco proprio nella parte in cui non indica i criteri guida per una decisione che risulta totalmente rimessa alla discrezionalità della P.A., né tantomeno un termine perentorio, interventi che se effettuati comporterebbero che le scelte non abbisognano di ulteriori processi valutativi sui singoli casi concreti.
Infatti il contenuto dell’articolo 182-ter, che disciplina la Transazione fiscale, già consentirebbe di verificare se una determinata proposta transattiva possa o meno essere accolta, avendo il contenuto, dell’articolo in esame, espressamente previsto che il trattamento riservato al credito tributario, nel caso in cui sia assistito da privilegio, non debba essere inferiore, quanto a percentuale, tempi di pagamento e garanzie, a quello previsto per i crediti «che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interesse economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie>> e che, nel caso di credito chirografario, <<il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisioni in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole>>.

In base a questa seconda interpretazione, diversa da quella dell’Agenzia, l’amministrazione finanziaria sarebbe chiamata a dare l’assenso alla proposta transattiva, dopo aver semplicemente verificato la sussistenza delle condizioni indicate direttamente dal legislatore. In questo modo, essa verrebbe a svolgere un compito che non sarebbe più di scelta discrezionale, ma di puro accertamento tecnico. Per cui le decisioni dell’Agenzia, in riferimento alla loro impugnabilità, non sono più coperte dalla loro insindacabilità e dalla loro discrezionalità, e diventano quindi passibili di censure sotto il profilo dell’errore o travisamento dei fatti, con apprezzabile estensione delle garanzie di tutela del contribuente.
Pertanto il voto che l’Agenzia dovrebbe esprimere sarebbe del tutto svincolato da valutazioni attinenti al merito della proposta, le quali rimarrebbero affidate esclusivamente agli altri creditori. Questo sistema, peraltro, presenterebbe il vantaggio di riservare la decisione sul sostegno dell’impresa in difficoltà ai creditori privati, ovvero agli stessi operatori del mercato, che, grazie ai rapporti economici e commerciali, meglio conoscono, rispetto ad una pubblica amministrazione spesso così aliena, l’effettiva situazione dell’azienda in crisi, le sue reali potenzialità e le prospettive di superamento delle difficoltà finanziarie.

La norma, così interpretata, evidenzierebbe l’intento del legislatore di legare le sorti del credito tributario a quella degli altri crediti e questo non solo per la scelta di rinunciare in favore dei privati in merito alla decisione sulla proposta del contribuente, ma anche perché le condizioni di trattamento del credito tributario vengono fissate con riferimento alle offerte formulate per i crediti privati. Questa linea legislativa, d’altronde, sicuramente si concilia con la tendenza, di ormai lungo corso, ad eliminare le posizioni di privilegio un tempo godute dal pubblico ai danni del privato e non più sostenibili a causa delle mutate condizioni socio-economiche.

 

Per l’interpretazione, inerente la norma della Transazione Fiscale, altro elemento essenziale è quello relativo al concetto che la proposta di Transazione Fiscale può essere presentata solo nell’ambito di una più ampia domanda di accordo di ristrutturazione o di concordato preventivo. Tale interpretazione appare inevitabile già dalla semplice lettura della norma, nella quale l’assenso alla proposta transattiva, come già detto, viene subordinato a delle condizioni che sono espresse non già in maniera assoluta, ma che risultano, caso per caso, da un raffronto con il trattamento previsto per gli altri crediti, mancando i quali, sarebbe evidentemente inibita qualunque verifica sul rispetto delle condizioni medesime. Questa opinione, d’altronde, trova più che una conferma nella lettera dell’art. 182-ter, ove in principio, si afferma che il debitore può avanzare la proposta di transazione fiscale “Con il piano di cui all’articolo 160”, ovvero con la proposta di concordato preventivo o accordo di ristrutturazione che sia.

Restando nell’ambito del concordato interessante è la problematica su cui ultimamente ha cambiato rotta la giurisprudenza, già inizialmente altalenante, sull’obbligo dell’utilizzo della transazione fiscale nel concordato se tra i creditori figura anche l’Erario. La soluzione prospettata dallo scrivente che trova conforto nelle ultime decisioni del Tribunale di Salerno in materia è che se si vogliono eccedere i limiti previsti dall’art. 19 del DPR 600/72 relativamente alla rateazione delle somme transatte, il ricorso all’istituto della transazione è un passaggio obbligatorio, ma in alternativa se l’Erario viene trattato alla stregua di qualsiasi altro creditore, ferma restando la natura privilegiata di parte dei suoi crediti, la falcidia non deve rispettare la circolare 40/E in quanto l’applicazione dell’Istituto non trova fondamento in una espressa volontà dell’impresa, per mezzo dei suoi consulenti, di volerlo adottare né tanto meno per una scelta di natura arbitraria ma più semplicemente perchè la capacità di restituzione dell’impresa si fonda su una falcidia che passa per dei numeri obbligati. Che senso avrebbe quindi offrire 100 al mese ai sensi di una Circolare se la mia capacità di restituzione è di 75? Ma su questo si intraprenderebbe un discorso di dottrina economica di cui ritengo non sia questa la sede.